Per l’Editoriale Agorà è stato pubblicato il volume di Ferdinando Mainenti “La Fata Murgana – Poesia narrata in lingua siciliana”, Sala Consilina (SA), maggio 2018, pp.125 (in copertina <La Fata Murgana> dipinto di Orazio Valenti), un’antologia di poesia che esprime il significato di un movimento poetico vivente, un modo particolare di sentire e di partecipare la poesia.
E per <antologia> -precisa l’autore nella presentazione- si deve intendere l’indicazione dei “fiori” di una determinata stagione culturale, delle loro forme più felici e resistenti, trasfuse nel sorriso dell’eterno, con riferimento all’originario significato etimologico (dal greco fiore-raccolta, in latino florilegio) indicante appunto una raccolta-selezione di <fiori> molto rappresentativa e significativa di brani di opere di poesia in prosa e in versi.
L’opera antologica è da considerarsi piuttosto una ragguardevole crestomazia, termine sinonimo, anch’esso di origine greca, che però qualitativamente esprime qualcosa <in più>, ossia una selezione di brani didatticamente <utili da imparare, all’apprendimento>, come induce a pensare la professione-vocazione dell’autore, valoroso docente di lettere nei licei, dirigente scolastico e libero docente di Storia della Sicilia il quale, con quest’opera libraria, ha voluto donare un alato tributo <alle ragioni sentimentali e culturali> della nostra terra sicula.
Lo scrittore, vero e vulcanico sicilianista di razza, è un eminente operatore culturale che, con linguaggio quasi aulico e forbito, ha badato a pubblicare senz’altro una piacevole raccolta di poesie e di prose liriche considerate <più belle> ma anche <del meglio> di poesie considerate appunto <migliori> in quanto più utili al discente-lettore che ha sempre da imparare dai maestri della nostra letteratura, in particolare di quella siciliana.
Non è un gioco di parole affermare che i componimenti contenuti nel volume appartengono al genere letterario della poesia narrata ovvero prosa poetica ed esaltano l’uso “trionfante ed esaltante” della lingua siciliana. Della poesia propriamente detta -afferma in prefazione Carmelo Sapienza- possiede <i procedimenti e la liricità, mentre la forma espositiva riconduce allo stile narrativo tipico della tradizionale prosa>.
L’opera è distinta in due sezioni di prose liriche in lingua siciliana (non in dialetto o peggio ancora in vernacolo): la prima è composta da 27 brevi <narrazioni serie>; la seconda da 13 <brani brillanti>.
Nei primi -precisa il prefattore- la <coinvolgente drammaticità viene esaltata dal raffinato sapere lessicologico dello studioso: un sapere non ostento, mai eccessivo, ma posto onestamente al servizio del fatto narrativo>.
Nei secondi lo stile espressivo, creativo, arguto ed umoristico, volutamente più incline al <popolaresco, mira a sottolineare le ambientazioni fisiche e filosofiche di un microcosmo semplice, ruspante e spesso allegrotto>.
L’autore recupera <un passato denso di emozioni, ricco di palpiti e traboccante di umanità per raccontarlo in perfetto equilibrio tra ispirazione, tono e linguaggio. Le sue “poesie narrate” non mancano mai di produrre sensazioni che, in naturale e disinvolta metamorfosi, divengono emozioni purissime, pregne di valori e significati…Il racconto si dispiega attraverso il mirabile uso delle tante, numerose immagini poetiche delle quali è intriso e impreziosito ogni singolo componimento: immagini davvero degne della migliore tradizione orfica> e di rendere un amorevole omaggio all’amata terra di Sicilia.
Mainenti con maestrìa ed inventiva, indugia nei riferimenti riguardanti la Natura che nei suoi componimenti, ricchi di umanità e delizie, diventa <incantata> alleata nell’attuazione del processo <verista> descrittivo vero e proprio e dove la campagna, il sole, il mare, il cielo , le nuvole, gli uccelli, ecc. vengono spesso utilizzati con sagaci accostamenti alle vicende via via proposte.
L’incipit della ricca raccolta di racconti <favole> antiche e moderne di struggente maliconia (Prijera, Pircantu di Natali, La cumeta, Notti santa, Comu nascìu lu presepiu) si riferisce al tema di <Fata Murgana>, la cui poesia <attinge alla sorgiva naturalezza della lingua materna di una grande Nazione, alla nativa purezza di un culto tutto espressivo; alle possibilità ritmiche percussive di una nuova e rara concezione d’arte, che l’italiano medio, linguisticamente corrotto e imbarbarito, non può più darci>.
Antonino Blandini