Cronaca

Centotre anni fa giungeva a Catania la dolorosa notizia che il 28 ottobre 1915, a Sagrado, tra il fiume Isonzo e le prime pendici dell’altopiano carsico (in provincia di Gorizia), nella zona del Monte San Michele del fronte Giulia della Grande Guerra, teatro dei più sanguinosi ed epici scontri tra l’esercito italiano e quello austro-ungarico, era caduto eroicamente, durante l’offensiva italiana dell’autunno 1915 per sfondare il confine militare austriaco, il diciannovenne sottotenente di complemento del 132° reggimento fanteria, Carmelo Abate, unico figlio maschio del celebre pittore Alessandro (1867-1953), nato a Roma, residente a Catania con la famiglia e morto in un ospedale militare in seguito alle ferite riportate in un accanito combattimento col nome d’Italia sulle labbra.

A dare la triste comunicazione alla famiglia fu il tenente medico Giuseppe Salmeri, originario di Cesarò, che aveva assistito in ospedale all’agonia di Carmelo, il quale in casa Abate conobbe Giannina, la figlia del pittore e sorella di Carmelino, se ne innamorò e la sposò. Dal matrimonio di Giuseppe Salmeri e Giannina Abate è nata la professoressa Maria Salmeri Mirone, direttore emerito delle Biblioteche Riunite Civica e Antonino Ursino Recupero.

la lapide dedicatoria con il busto scolpito dell’eroe posta sulla facciata del palazzetto Abate

Una grande lapide commemorativa in marmo coronata da fascio di foglie d’acanto, posta in via Vallone al Borgo, via che poi avrebbe preso il nome del giovanissimo caduto in battaglia medaglia di bronzo al valore militare, sul prospetto, nel pannello murario a destra del portale, del palazzotto della casa-studio dell’artista, progettato da Tommaso Malerba e dichiarato monumento nazionale, accanto ad un medaglione-tondo di bronzo incastonato sul marmo, che raffigura a bassorilievo il volto di Carmelo Abate in uniforme e dal bell’aspetto (opera dello scultore Salvatore Juvara), così recita: “A Carmelino Rubens Abate – che acceso di giustizia, d’amore e di fede – irradiò di più fulgida gloria- i cieli della Patria – cadendo il 28 ottobre 1915 mentre conquistava – l’imprendibile trincerone di Boschini Carso – cittadinanza, ammiratori e amici – perché la sua ombra -vigili dei nuovi destini d’Italia – questo ricordo marmoreo posero”. C’è anche riportato il brano di una lettera inviata dall’eroe al padre: “Agli ufficiali spetta l’onore di morire per farsi imitare e vendicare. Il momento è sublime. L’Italia ha bisogno del nostro braccio e tu devi essere orgoglioso di dare la vita di un figlio alla Patria. Carmelino”.

Il padre di Carmelino dipinse, nel 1927, il vestibolo o Camera espiatoria della Cappella Votiva del Sacrario dei Caduti (già aula capitolare dell’abbazia benedettina San Nicola l’Arena): sulla parete di sinistra la Pietà (olio su tela) e sulla parete destra un episodio della guerra: un plotone di soldati armati di fucili e bombe a mano, sbalzato dalle trincee al comando di un giovanissimo sottufficiale (il figlio dell’artista) colpito a morte durante un violentissimo assalto a una postazione nemica, che causò gravissime perdite; al centro, disteso su un grande drappo tricolore, un soldato romano morente, più in basso un statua di marmo raffigurante un guerriero abbracciato alla Gloria dello scultore Luciano CondorelliCatania diede un notevole contributo di sangue alla vittoriosa conclusione della grande guerra con più di 2.300 morti, alcune migliaia di feriti e centinaia e centinaia di dispersi.

 Antonino Blandini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post