Cronaca

 «L’Oasi del Simeto, il quartiere di Santa Maria Goretti e il centro di Catania: queste le priorità da cui partire con la programmazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. Un’azione improrogabile che ha bisogno anche della riorganizzazione degli uffici per implementare il controllo del territorio, e di importanti semplificazioni procedurali, come quelle nell’ambito delle demolizioni. Occorrono passi concreti come questi, e come quello di classificare la città etnea in zona a rischio sismico 1 (e non più 2), per poter consentire un recupero reale del nostro territorio».

Quella della task force#CataniaSicura non è una dichiarazione politica che si aggiunge ai già numerosi commenti sulle tragedie che hanno colpito la Sicilia, ma è un appello super partes sull’impellenza di mettere in sicurezza la vita e i beni dei cittadini. È un invito, rivolto al presidente della Regione Siciliana e al sindaco metropolitano di Catania, a considerare fattivamente le proposte avanzate dalle forze istituzionali che compongono il tavolo tecnico; ed è un’esortazione ai cittadini, che per primi devono pretendere e rispettare le buone prassi che realmente tutelano il loro patrimonio paesaggistico e immobiliare.

Sulla Sicilia incombe quel rischio sismico e idrogeologico che sfocia poi in disastri. Si assiste a un continuo susseguirsi di frane e smottamenti della rete stradale e delle strutture abitative. Eppure, in Sicilia operano migliaia di professionisti disposti a mettere le proprie competenze a servizio della collettività. Un capitale professionale, rappresentato da Ordini, associazioni di categoria, mondo accademico, che non vuole discutere su “ciò che andava fatto” all’indomani dei danni dovuti a calamità naturali, ma che è pronto da sempre a ragionare in modo propositivo su “ciò che si può e si deve fare”, adesso.

Attorno al tavolo di #CataniaSicura siedono Ance, Architetti, Ingegneri, Geologi, Geometri, esperti e professori dell’Università di Catania, Protezione Civile, Direzione Urbanistica comunale, e altri attori della filiera edile, a cui si aggiungono forze politiche che credono nel progetto. È una molteplicità di punti di vista e competenze specifiche, che tuttavia converge verso un unico obiettivo: la pianificazione del territorio che ha come corollario la “prevenzione”, quella che è mancata dalla strage di Giampilieri al dramma di Casteldaccia, e che continua a mancare in previsione di un forte e atteso terremoto nella Sicilia Orientale. Una prevenzione necessaria in tutte le aree: dalle coste all’entroterra, perché nessuna provincia è immune dai rischi.

Se esiste una consapevolezza del pericolo perché non seguono azioni concrete? Può un tema così cruciale trovare il punto di chiusura nella mancanza di fondi pubblici o nella scarsa capacità di utilizzarli? Perché arrivano le risorse solo per le urgenze, se la Sicilia vive in uno stato costante di emergenza? La maggior parte dei Comuni siciliani non è dotata di piani regolatori generali aggiornati, eppure la programmazione urbanistica è lo strumento migliore per tutelare le vite dei cittadini. Investire in adeguate strategie per il territorio è una scelta che denota una politica lungimirante, che sappia guardare al di là dei termini di mandato. Occorre adottare regole certe su come trasformare il nostro territorio, accettate e condivise da imprese, proprietari, enti di controllo e amministrazioni.

Non consumare ulteriore suolo ma rigenerare l’esistente, perché la misura dello sviluppo non è la quantità del patrimonio edilizio, ma la capacità di saperlo costruire, collocare, integrarlo alla natura e alle esigenze della comunità. Pianificare non significa agire successivamente, bensì lavorare fin da subito per il futuro, individuare con continuità risorse congrue e bastevoli nei capitoli di spesa, e non con interventi sporadici che riparino i danni solo dopo che il maltempo e il terremoto hanno inghiottito vittime umane.

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