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Farà tappa a Catania il primo film-documentario sul grande maestro del ‘900 Gio Ponti, dal titolo “Amare Gio Ponti” di Francesca Molteni, realizzato in collaborazione con Gio Ponti Archives (ITALY 2015, 35’). Una serata evento in programma venerdì 14 dicembre nello spazio Russo & Di Mauro di Viale Africa 2, che si aprirà con una doppia proiezione, alle 18 e alle 19, del cortometraggio della durata di 35 minuti, cui seguirà l’apertura al pubblico della mostra di dieci pezzi autore firmati dall’antesignano del design italiano, dalla poltrona Scirocco alla sedia Montecatini, che rimarranno in esposizione fino a domenica.

 In un’atmosfera che attraversa un trentennio, dagli anni ’50 agli ’80, con musica a tema e un aperitivo di benvenuto realizzato dallo chef Seby Sorbello, gli ospiti ripercorreranno un simbolico viaggio nel tempo, dalla nascita dell’italian design – gli ’20 segnano la prima architettura di Gio Ponti – alle “Domus” degli anni ‘30, dai palazzi Montecatini alle chiese, fino agli ultimi progetti di architettura incentrati su rivestimenti ceramici e giochi di luce. Anche il cibo diventa un omaggio a Gio Ponti che nel 1953 fu cofondatore dell’Accademia della Cucina Italiana, ed è ispirandosi a questa sua poliedrica personalità che lo chef Sorbello proporrà alcuni must di quegli anni, rivisitati in chiave moderna, come il cocktail di gamberi, le polpette di ricciola al sugo o le castagnole al miele dell’Etna e coulis di fichidindia.

È la Molteni&C., azienda italiana leader nell’arredo di design made in Italy che si è fatta promotrice di un progetto inedito, promuovendo un ritratto dell’uomo e dell’architetto, aspirante pittore, che in più di cinquant’anni di attività, ha sperimentato arti, mestieri, oggetti, architetture e materiali con energia instancabile, perché, come lui stesso scriveva, “L’architettura è un’interpretazione della vita”. Passato dall’indifferenza del pubblico alla critica degli addetti ai lavori, Gio Ponti è oggi considerato indiscusso modello di architetto europeo e internazionale.

Il film si basa sulla ricerca di materiali storici, le fonti iconografiche degli Archivi Ponti e delle Teche Rai, con un’intervista a Gio Ponti nel suo studio di via Dezza a Milano, sua città natale, le architetture e gli arredi progettati ad hoc, da Villa Planchart al Palazzo Montecatini, fino al grattacielo Pirelli. Architetture dove il design è protagonista, perché Ponti disegna tutto, dall’edificio agli arredi, dagli impianti alle scrivanie. Senza dimenticare il tema delle riedizioni.

“Amare Gio Ponti” è il primo documentario sul grande maestro che raccoglie le testimonianze degli eredi, i figli Lisa, Letizia e Giulio, e i nipoti Salvatore Licitra e Paolo Rosselli; le interviste ai protagonisti di oggi: Vittorio Gregotti, Fulvio Irace, Enzo Mari, Giovanna e Maria Grazia Mazzocchi, Sandro Mendini, Nanda Vigo, Bob Wilson; l’intervista esclusiva all’editore Benedikt Taschen, grande amante e collezionista di Ponti.

Il film è curato da Francesca Molteni e prodotto da Muse, in collaborazione con Gio Ponti Archives, promosso da Molteni&C, che dal 2012 riedita la Collezione Ponti, un progetto che ha portato alla riscoperta di alcuni arredi disegnati dal grande maestro e mai prodotti in serie, come ad esempio il tavolino D.552.2, in legno con piano in vetro, disegnato per l’azienda americana M. Singer&Sons negli anni ‘50, e la poltrona D.154.2, realizzata da Ponti per Villa Planchart a Caracas nel 1954, presentati al Salone del Mobile di Milano.


GIO PONTI (Milano, 1891-1979) si laurea in Architettura al Politecnico di Milano alla fine della prima guerra mondiale, cui partecipa in prima linea guadagnandosi alcune decorazioni sul campo. Nel 1921 sposa Giulia Vimercati. Avranno quattro figli: Lisa, Giovanna, Letizia e Giulio. Nel 1927 apre lo studio a Milano con l’architetto Emilio Lancia. Una formazione classica, la passione per la pittura e per le arti decorative sono le matrici del suo linguaggio, un approccio inedito al tema dell’ambiente domestico e la convinzione che la liaison tra arte e industria garantisca il primato della “bella” produzione italiana.

Dagli inizi degli anni Venti fino al 1938, collabora con la Manifattura Richard-Ginori, rinnovandone la produzione. Nel 1928 fonda con Gianni Mazzocchi la rivista Domus, in quegli anni uno strumento unico in Italia di divulgazione e promozione di nuove idee. Negli anni Trenta assume la direzione artistica di Fontana Arte, partecipa alle Triennali, e ne cura alcune edizioni di successo. Dal 1936 (fino al 1961) è docente del Politecnico di Milano e nel 1933 si associa con Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini (fino al 1945). Da questo sodalizio nascono importanti progetti: il Palazzo Montecatini a Milano del 1936-1938 in cui Ponti realizza, tra i primi, la “progettazione integrale” dell’edificio e degli interni. E poi architetture civili (la Torre Littoria a Milano del 1933), edifici scolastici (la Scuola di Matematica alla Città Universitaria di Roma del 1934 e la Facoltà di Lettere e il Rettorato dell’Università di Padova del 1937) e residenziali (Casa Marmont del 1934 e le “Domus” del 1931-1936 a Milano).

Alle grandi opere, affianca una ricca produzione nel settore dell’arredo, come testimoniano le sue tre abitazioni milanesi, completamente arredate “alla Ponti”: via Randaccio (1925), via Brin (Casa Laporte, 1936) e l’ultima, via Dezza (1957), “manifesto” del suo design domestico. Gio Ponti, promotore dell’industrial design italiano, vede la produzione in serie nell’arredo d’interni come soluzione “sofisticata”, di qualità, economica, “democratica”, moderna e internazionale. Nel 1941 Ponti fonda la rivista Stile. Nel 1952 nasce lo Studio Ponti, Fornaroli, Rosselli. Nel 1954 è cofondatore, accanto ad Alberto Rosselli, della rivista Stile Industria.

Negli anni Cinquanta Ponti conosce “una nuova giovinezza” creativa. Ne sono testimonianza il secondo Palazzo Montecatini (1951), gli arredi del transatlantico “Andrea Doria” (1952), gli interni e la piscina dell’Hotel Royal di Napoli (1953), l’Istituto Italiano di Cultura a Stoccolma (1954), le ville a Caracas, Villa Planchart (1955) e Villa Areazza (1956), e a Teheran, Villa Nemazee (1960). È del 1956 il suo indiscusso capolavoro: il Grattacielo Pirelli di Milano.

Negli anni Sessanta viaggia dall’America Latina all’Oriente, dove realizzerà gli edifici ministeriali di Islamabad in Pakistan (1964) e la facciata dei grandi magazzini Shui-Hing a Hong Kong (1963). Sempre di questi anni sono l’Hotel Parco dei Principi di Sorrento (1960) e Roma (1964), la chiesa di San Francesco (1964) e di San Carlo Borromeo (1966) a Milano. Negli anni Settanta, a ottant’anni, Gio Ponti realizza ancora opere architettoniche importanti, come la Concattedrale di Taranto (1970) e il museo di Denver (1971), e arredi, come “la poltrona di poco sedile” del 1971.

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