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Rivederlo dopo dieci anni (2009/2019) e tornare ad emozionarsi, a riflettere. Trovarlo ancora più attuale e capace di porre a tutti delle domande sulla vera essenza dei devoti/tifosi e sul contrasto, sulla contrapposizione di aspetti quali la fede ed il folclore, il sacro ed il profano di un popolo, di una città capace di trasfigurarsi per un giorno, per una festa attesa un anno e dare il meglio ed il peggio mescolandosi tra la folla straripante, inneggiando alla propria patrona così come in uno stadio quando si acclama la propria squadra di calcio. Questo e tanto tanto ho ritrovato nel nuovo allestimento di “A. Semu tutti devoti tutti?” proposto (con repliche sino al 10 Febbraio) alla sala Verga di Catania dalla Compagnia Zappalà Danza, all’interno della stagione dello “Stabile” etneo.

Una scena (Ph. Serena Nicoletti)

Si tratta di uno spettacolo di Roberto Zappalà e  Nello Calabrò – terza tappa del progetto “re-mapping sicily”, percorso intrapreso con l’intenzione di rileggere la Sicilia attraverso il suo linguaggio scenico – sulla festa di Sant’Agata, terza festa al mondo per partecipazione popolare, che riprende nel titolo la tipica frase che i devoti urlano durante le celebrazioni a Catania della festa di Sant’Agata, patrona festeggiata il 5 Febbraio. Il titolo, però, pone una precisa domanda: siamo veramente tutti devoti o le celebrazioni, la festa, nascondono qualcosa di ben più diverso e profondo come evento totale e totalizzante?

La pièce tra danza, musica, prosa propone, in uno spazio scenico che vede file di reggiseni bianchi appesi come tende o quinte, in uno scenario arcaico e contemporaneo della festa religiosa di Sant’Agata, protettrice di Catania e dei catanesi, le contraddizioni di un mondo colorito, che confonde tutto e tutti. Attraverso il corpo, la voce, i suoni, i gesti ed i colori, permeati dal fumo dell’incenso, lo spettacolo racconta allo spettatore una città dai molteplici e contraddittori aspetti, una città che vive nell’attesa della festa. Racconta una città, un popolo, che mescola il sacro ed il profano, che ama la propria Santa, così come ama, con un tifo esasperato, la propria squadra del cuore, quella rossazzurra. Una città che ama la propria Santa, la propria festa, ma che la fa gestire dalla malavita organizzata, mentre celebra i riti di tutti i giorni. Tutte sensazioni, tutte esasperazioni, che attraverso la musica, a volte volutamente assordante ed esagerata, con la rituale ripetizione dei gesti, del sacrificio, del continuo spostamento ed esposizione del corpo nudo della donna-Santa, del continuo pentimento-peccato in nome di una festa, di una passione calcistica di un popolo che estremizza, esaspera, i toni di ogni cosa, che confonde, mescola proprio l’aspetto religioso, di culto, di rispetto per i propri simili e per la Santa con le variopinte espressioni del più bieco consumismo, della tifoseria calcistica, delle passioni musicali.

Un momento dello spettacolo

Lo spettacolo, sulla drammaturgia di Nello Calabrò e Roberto Zappalà, con un misto di musiche eseguite dal vivo da Puccio Castrogiovanni, Gionni Allegra, Salvo Farruggio dei Lautari e Peppe Nicotra e con l’intervento in video, al centro dello stadio “Massimino” di Catania, di Carmen Consoli con la sua chitarra, oltre all’ausilio di brani di Dire Straits, Gustav Mahler, Burt Bacharach, è un intenso, travolgente, coinvolgente, atto unico di circa 75 minuti che vede protagonisti, dall’inizio alla fine, otto danzatori (sette uomini ed una donna): Adriano Coletta, Maud del La Purification, Alain El Sakhawi, Alberto Gnola, Salvatore Romania, Antoine Roux-Briffaud, Fernando Roldan Ferrer, Massimo Trombetta. Coreografia, scene, luci e  regia sono di Roberto Zappalà che coinvolge per i costumi anche la stilista catanese Marella Ferrera.

In scena, con i sette danzatori (tifosi, devoti, malavitosi in preda alla delirante passione calcistica ed alla devozione) ed un corpo di donna privo di vita che viene trasportato, sospeso dal gruppo dei danzatori e poi posato e che da le spalle alla sua folla di devoti esasperati, anche i musicisti si esibiscono dal vivo con sonorità ossessive, assordanti e che si integrano perfettamente al tema. Sullo sfondo, poi, uno schermo, in cui scorrono a rallentatore immagini dei tifosi del Catania calcio allo stadio “Massimino”, con bandiere e sciarpe rossazzurre, mentre voci e canti di tifosi ma soprattutto di devoti, mescolano sacro e profano.

I ringraziamenti finali (Foto Dino Stornello)

Scena particolarmente toccante, ad inizio spettacolo, è quella in cui uno dei danzatori si percuote violentemente il petto fino a farlo diventare rosso di dolore per espiare il male attraverso la mortificazione della carne, un modo per confessare, esibendola a tutti, la propria natura corrotta e peccaminosa. Pubblico colpito poi  dalla  esile figura femminile di Maud de la Purification, che, per l’intero spettacolo, completamente nuda, rappresenta il martirio della Santa ed il suo corpo è oggetto casto da ammirare e che scivola tra braccia, gambe e mani dei danzatori, ora sensuali, ora mascolini, che mescolano danza a posizioni e movimenti di arti marziali. Non manca l’utilizzo da parte dei danzatori, in una atmosfera di particolare lentezza, dei guantini bianchi che i devoti agitano per salutare la Santa patrona.

La pièce, che alla fine riscuote gli applausi del pubblico, è una vera e propria riflessione sulla festa di Sant’Agata, sul fenomeno religioso e profano. Ma è soprattutto una denuncia (come sottolinea lo stesso autore, regista e coreografo Zappalà nel suo intervento a fine pièce) sul controllo della festa da parte della mafia che ha – negli anni  – gestito le uscite e le fermate del fercolo, il business dei fuochi d’artificio e la vendita della cera, del torrone e dei palloncini, le scommesse. E’ anche un modo per soffermarsi sulla “devozione”, tutta catanese, nei confronti del  Catania Calcio, divisa tra gli autentici appassionati di sport ed i teppisti che si recano allo stadio per disturbare, insultare e dimostrare il loro potere, il loro essere “numero uno”, con le loro bandiere, i loro slogan, la loro rabbia.

Lo spettacolo è prodotto da Teatro Stabile di Catania, da Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza, Centro di Produzione della Danza, in collaborazione con il Festival MilanOltre ed è vincitore del premio Danza&Danza 2009 come miglior spettacolo italiano.

Il video

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