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Dopo la convincente prova generale di ieri sera alla Sala Giuseppe Di Martino – via Caronda 82, Catania – debutta stasera, 1 Marzo, alle ore 21.00, Il Processo” di Frank Kafka, adattamento e regia di Elio Gimbo, produzione Fabbricateatro, lavoro inserito nel progetto “Il Caso K” e che include un incontro il 7 Marzo, ore 17.00, al Mondadori Bookstore di Catania su “Anarchismo ed Ebraismo: le relazioni pericolose” – (Fra tutti i poeti Kafka è il maggior esperto del potere) – Elis Canetti con Antonio Di Gredo, Giuseppe Dolei e Sal Costa, modera Maria Lombardo e lo spettacolo (previsto ad Aprile-Maggio), sempre di Kafka, “Lettera al padre”, adattamento e regia di Gianni Scuto.

Locandina Il Processo

Ne “Il Processo”, che debutta stasera, i protagonisti – che si agitano, si muovono con frenesia sull’accattivante impianto scenografico di Bernardo Perrone – sono Antonio Caruso nei panni del protagonista Josef K con il suo doppio Babo Bepari, Cinzia Caminiti, Alessandro Chiaramonte, Daniele Scalia, Barbara Cracchiolo, Gianluca Barbagallo, Alessandro Gambino. I costumi ed i canti sono di Cinzia Caminiti, trovarobato Mario Alfino, luci Simone Raimondo, aiuto di sala Nicoletta Nicotra, auditore Salvo Foti.

Lo spettacolo verrà replicato (feriali ore 21.00 e domeniche ore 18.00) per l’intero mese di Marzo (2, 3, 8, 9, 10, 15, 16, 17, 22, 23, 24, 29, 30 e 31), ingresso spettacoli Euro 10,00, ridotto Euro 8,00. Info e prenotazioni: 347.3637379.

Per meglio comprendere il significato, la scelta di un testo come “Il Processo” di Frank Kafka e l’utilizzo dei canti abbiamo sentito il regista Elio Gimbo e l’interprete Cinzia Caminiti.

“Considero da tempo Il Processo di Franz Kafka – spiega il regista Elio Gimboil mio libro, un libro destinato a me, una spada di Damocle che da anni oscilla minacciosa sulla mia testa, una Sfinge che mi osserva muta in attesa del momento in cui mi lascerò divorare. Ad Auschwitz ogni detenuto segnalava con una stella o con un triangolo la propria appartenenza, nei campi dove oggi ammassiamo giovani migranti africani questa diversità risiede nel colore della pelle, nelle nostre carceri la diversità del reato che si sconta produce tra i detenuti una feroce, oppressiva divisione in classi subalterne; nel carattere  omologante di tutti questi sistemi, nel “principio che ritorna”, sta la dimensione profetica di Kafka, il diamante che orienta il nostro spettacolo.

Il regista Elio Gimbo

Ne “Il Processo” la dimensione tragica di Josef K sta nel suo innocente rivolgersi a invisibili divinità mai sazie di sangue, a sua insaputa è prigioniero di una gabbia eretta da un misterioso padre-padrone precedente a lui, è un uomo che implora un cielo ormai vuoto, un Cristo a cui di divino è rimasta soltanto la croce; la dimensione tragica di Josef K è la medesima dei milioni di vittime dell’olocausto di turno, convinti alla fine di una propria effettiva colpevolezza.

E’ una piccola verità su me stesso quella che sussurra alle mie orecchie questo spettacolo, un’antica medicina per le ferite che mi porto dentro: dalla parte delle vittime, sempre e comunque, se ci tieni a rimanere semplicemente uomo. Il male del mondo per Kafka si chiama “principio di autorità”, e non c’è pensiero, credenza, condizione che possa credibilmente riscattarlo, perché esso fonda il proprio potere sulla capacità di erodere dall’interno la resistenza delle numerose vittime grazie al suo principale alleato, il “senso di colpa”.

Cinzia Caminiti

Di particolare impatto e di grande suggestione nell’inquietante pièce, che induce lo spettatore a porsi mille domande, sono i Canti di scena eseguiti dal vivo da Cinzia Caminiti che ci spiega come sono nati e cosa le hanno fatto provare: Non si accetta di curare le musiche di uno spettacolo come Il Processo – racconta Cinzia Caminitisenza pima guardarsi dentro, non si accetta di elaborarne i canti di scena senza avere la consapevolezza di dover entrare a piene mani dentro il dolore. Il nostro è un tempo disgraziato, un tempo disumano, un tempo già vissuto e per questo ancora più triste.  La ricerca di queste canzoni mi ha riportato nei luoghi e nel tempo  di una Storia che non doveva più ripetersi e in un attimo, invece,  mi sono ritrovata qui e ora  con  la certezza  di una sofferenza piantata e cresciuta come la gramigna. Si chiama oppressione questa pianta maledetta ed è una pianta mortalmente velenosa e infestante. Questi canti li ho cercati avidamente e quando li ho trovati ho pianto vere lacrime, li ho messi nel cuore per cantarli ancora, per urlarli, per tramandarli a chi ne avesse nel frattempo perso la memoria e spero, nel riproporli, di dare le stesse emozioni che provo io. La condivisione del dolore è come la condivisione della gioia: fa bene all’anima!. Questi canti li dedico a Babo e ai suoi fratelli”.

Questi i Canti di scena ne “Il Processo”, eseguiti dal vivo (tranne “Gam Gam Gam”), da Cinzia Caminiti:

Barbara Cracchiolo ed Antono Caruso in scena

Il canto d’apertura, Wiegala Wiegala è una Ninnananna scritta da Ilse Weber una poetessa e scrittrice ebrea di canzoni e storie  per l’infanzia. Deportata  nel campo di concentramento di Aushwitz, Ilse lavorò come infermiera per i piccoli detenuti ai quali insegnò canzoncine e raccontò favole per distrarli. Wiegala wiegala ninnaò è la canzone che li accompagnò  a morire tutti insieme in una delle camere a gas di Auschwitz il 6 ottobre del 1944.

La raccolta dei sui scritti, un piccolo tesoro preziosissimo,  fu seppellita dal marito che  sopravvissuto, una volta ritornato dopo anni al lager e scavando tra le macerie la ritrovò per donarla al mondo come testimonianza di una tragedia inimmaginabile. 15.000 furono i bambini e neonati ebrei deportati, ne ritornarono solo un centinaio. Nessuno  aveva meno di quattordici anni.

Ale Brider (da canzoni contro la guerra)  è considerata un po’ come una sorta di “ Internazionale” ebraica per il suo carattere di fratellanza e pace, ed è sicuramente la canzone più nota in tutto il mondo in lingua yiddish. Nata come una poesia divenne l’inno del “Bund”, la lega socialista ebraica di Theodor Herzl che fu il primo sindacato socialista organizzato a livello europeo e mondiale.

Babo Bepari e Antonio Caruso

Morsi cu morsi è l’unico canto di carcere anonimo di cultura popolare siciliana presente nello spettacolo. Esso fu trovato  scalfito nei muri della Vicaria, antico carcere palermitano. Il testo è attribuito ad un ergastolano.

Korakhanè (a forza di essere vento) è un antico canto rom tratto dall’album “anime salve” di Fabrizio De Andrè dedicato alle minoranze. Il verso in “romanes” è di un  autore “rom harvato” (cioè “croato”) di cui si sconosce il nome.  I “Khorakhané” (alla lettera: “Amanti del Corano”) sono una tribù rom musulmana. Accomunati agli Ebrei da uno stesso destino di morte e sopraffazione  furono quasi un  milione gli zingari che persero la vita nei campi di sterminio nazisti. Ma è come se il vento ne avesse disperso la memoria.

Eppure le sofferenze patite dai Rom e dai Sinti sono state terribili. Essi furono perseguitati, sterilizzati in massa, usati come cavie per esperimenti, ed infine destinati alle camere a gas ed ai crematori. Oltre ventimila vennero uccisi nel solo Zigeunerlager, il campo loro riservato ad Auschwitz-Birkenau, tra il febbraio 1943 e l’agosto 1944. Malgrado ciò a nessun rom venne permesso di  testimoniare nei processi ai gerarchi nazisti, neppure a Norimberga. Nello spettacolo sarà eseguito sia in lingua Rom sia in Italiano (traduzione)

Vai bambino vai vedrai (canto dell’oppresso) di Francesca Gagnon e Inti-illimani

“Il cirque du soleil” lo ha adoperato in uno delle sue messe in scena  più celebri e apprezzate: “Alegria” andato in scena dal 1994 al 2013 in tutto il mondo. L’ intento delle performance di questo magnifico spettacolo canadese è raffigurare senza parole ma solo con le musiche, il mimo, le acrobazie e le clownerie, il “potere” ed il suo trasformarsi con il trascorrere del tempo. “Vai bambino vai vedrai” canta la follia dell’uomo quando insegna ad un fanciullo che è bello giocare alla guerra. Il testo è stato scritto in 4 lingue.

Djlem djlem  (canto di chiusura)  è l’inno del popolo  Gitano. Nasce come canzone popolare e ufficialmente adottato nel 1971 in occasione del 1° Congresso Mondiale degli zingari.  Del testo esistono numerose versioni, anche nei vari dialetti romanes e si fa riferimento preciso alla Kali Legiya, la “Legione Nera”, alludendo alle uniformi nere delle SS che ebbero ovviamente una parte decisiva nel Porajmos,  il genocidio del popolo Rom durante la II guerra mondiale; ma la cosa può essere anche intesa simbolicamente come un ricordo della secolare e mai finita persecuzione di questo popolo nomade. Nel Porajmos (parola che significa “devastazione” o “grande divoramento”) come già detto secondo le stime  perirono nei campi di concentramento del III Reich circa un milione di zingari.

I saluti ed i ringraziamenti finali sono affidati al canto ebraico Gam Gam Gam. La canzone è una delle più famose della tradizione Yiddish. Questa è la traduzione: “Anche se andassi per le valli più buie di nulla avrei paura perché tu sei al mio fianco e se tu sei al mio fianco il tuo bastone mi dà sicurezza”.   

Scheda

Il Processo

di Franz Kafka

Adattamento e regia di Elio Gimbo

Produzione Fabbricateatro.

Con: Antonio Caruso, Cinzia Caminiti, Alessandro Chiaramonte, Daniele Scalia, Barbara Cracchiolo, Gianluca Barbagallo, Alessandro Gambino e Babo Bepari

Scene di Bernardo Perrone, costumi e canti di Cinzia Caminiti, trovarobato Mario Alfino, luci Simone Raimondo, aiuto di sala Nicoletta Nicotra, auditore Salvo Foti.

Sala Giuseppe Di Martino – Catania – 1-2-3-8-9-10-15-16-17-22-23-24-29-30-31 Marzo 2019

 

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