Di Pietro Crisologo, solo dalle notizie pervenuteci, sappiamo che nacque ad Imola verso il 380, dove fu battezzato ed educato da Cornelio († 446), vescovo di quella città, che poi lo avviò agli studi letterari e giuridici a Ravenna e a Bologna. Ordinato diacono da Cornelio, Pietro affiancò il suo vescovo nel ministero pastorale. Papa Sisto III (†440), nel 425 consacrò Pietro vescovo di Ravenna, quando la città era capitale dell’Impero romano d’Occidente e sede metropolitana dell’Emilia e Romagna (Serm. 175), nonché cerniera tra Occidente e Oriente.
Il vescovo Pietro godette della fiducia di papa Leone Magno (†461) e della protezione dell’imperatrice Galla Placidia (Serm. 130), figlia di Teodosio e madre e tutrice dell’imperatore Valentiniano III. Durante il suo episcopato, Pietro fece la prima chiesa cristiana a Ravenna, perché la diocesi fino al 378 aveva avuto sede a Classe. Pietro ebbe una parte importante nelle controversie cristologiche, per le quali fu in corrispondenza epistolare con Teodoreto di Ciro (†457) ed Eutiche (†456), archimandrita di un monastero di Costantinopoli, considerato il fondatore dell’eresia monofisita, secondo la quale nell’unica persona di Cristo, dopo l’Incarnazione, c’era una sola natura, quella divina. Eutiche tentò invano di avere l’appoggio di Pietro dopo essere stato condannato dal Sinodo di Costantinopoli del 448.
Pietro fu soprattutto un oratore e a questa attività deve il soprannome di Crisologo (dal gr.: parola d’oro), che gli fu attribuito nel IX sec. La raccolta dei suoi Sermones, curata da uno dei suoi successori, il vescovo Felice di Ravenna (707-717), ne comprendeva 176, a cui molti altri furono poi aggiunti dai vari editori, fino ad raggiungere il numero di 200 circa. Da studi recenti risultano autentici 168 Sermones della Collectio Feliciana e altri 15 di varia provenienza. Sono omelie generalmente molto brevi, in parecchi casi forse si tratta di resoconti stenografici o di riassunti, in maggioranza di argomento esegetico, in cui dall’esposizione si ricavano insegnamenti morali. Pietro Crisologo spiegò in maniera molto efficace il mistero dell’Incarnazione, le eresie di Ario e di Eutiche e il Credo apostolico (Serm. 63-66).
Ha inoltre ha dedicato una serie di sermoni sul tempo di Quaresima (1-14; 37-43), sui miracoli di Cristo (32-36), sui Salmi (44-46), sul Pater noster (67-72), sulla Pasqua (73-84), su san Giovanni Battista (86-92), sulla Maddalena (93-96), sulle parabole (96-99; 121-126;161-172), sulle lettere di san Paolo (108-120), sulle feste dei Santi (127-138), sull’Avvento e il tempo di Natale (140-160). Sul suo pensiero e sul suo stile è stato notato l’influsso di Cipriano di Cartagine (†258), come pure reminiscenze di Prudenzio (†413) e di Sedulio (V sec.).
La documentazione pervenutaci, è molto preziosa perché ci fa conoscere la vita culturale e liturgica di Ravenna del tempo del vescovo Pietro. Nel suo Sermone sul Vangelo di san Matteo, Pietro ci ricorda che solo il cielo deve conoscere a la nostra misericordia: <<Quando fai elemosina, non suonare la tromba davanti a te come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle vie, per essere glorificati dagli uomini! In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro mercede!>> (Mt 6,2).
Avete sentito come il Signore definisce l’elemosina fatta tra la folla, nelle piazze e ai crocicchi: non è voluta per sollievo dei poveri, ma per acquistare il favore degli uomini: chi fa così, mostra di vendere la propria misericordia, non di donarla. Dobbiamo fuggire questa ipocrisia… perché è schiava della gloria e non allevia la verecondia dei poveri, ma la accentua, essa ricerca la pompa vana della propria lode fra i gemiti dei miseri, amplia la propria reputazione col dolore dei poveri, diffonde la propria fama per la miseria di chi domanda. Ma qualcuno dirà: Dunque tra la folla, nelle piazze e nei crocicchi si deve negare misericordia? Non si deve distribuire cibo? Certo, in ogni luogo e in ogni tempo bisogna fare opere buone…; ma nel modo con cui ci ha insegnato l’autore della misericordia, che cioè la nostra misericordia sia nota non alla terra, ma al cielo; non presentata agli uomini, ma a Dio.
Anche nelle piazze e nei crocicchi la pietà conserva il proprio segreto; al contrario è piazza, è crocicchio il luogo segreto in cui l’ipocrita opera non in segreto. Fratelli, il Signore così ammonendoci, incolpa l’animo, non i luoghi; l’intenzione, non le opere; le brame, non il dono: rimprovera chi elargisce per la propria fama, non per la fame del povero; giudica non dove fai e quanto fai, ma come fai, perché Dio misura i fatti dal cuore, non dalle mani; e dall’intenzione, non dal luogo determina la qualità delle tue opere. Vuole che la misericordia si compia solo davanti a lui perché egli solo è rimuneratore e testimone della misericordia; infatti egli dice: Ebbi fame, e mi deste da mangiare (Mt 25,35). Egli vuole che nei poveri noi doniamo a lui stesso, e chi vuole che a sé si doni intende rendersi personalmente debitore del dono; e chi vuole rendersi personalmente debitore del dono, vuole che nulla vada perduto per chi dona.
Dio chiede poco, ma renderà molto. Perciò…, se nel povero tu fai un prestito a Dio, non cercare gli uomini quali testimoni: la sua fedeltà non ha bisogno di arbitri. Colui che nulla dà senza mediazione diffida della fedeltà di chi riceve; chi non si fida del debito altrui, fa arrossire di vergogna il debitore. Perciò, o uomo, se dai a Dio, da’ in segreto: così quello che darai non ti sarà di peso, ma di onore. Colui che ti rende ricco viene a te nel povero, affinché tu non esiti a rendere a lui quello che hai ricevuto, avendoti egli gratuitamente concesso quel che tu possa dare>> (Pietro Crisologo, Sermoni sul Vangelo di san Matteo, 11). Pietro Crisologo, che morì probabilmente il 31 luglio del 451, è venerato come santo dalla Chiesa, che ne celebra la memoria il 30 luglio; papa Benedetto XIII nel 1729 lo proclamò Dottore della Chiesa.
Diac. Sebastiano Mangano