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La riprogrammazione del patto per Catania rappresenta per l’intera città una grande opportunità per la definizione di progetti di sviluppo a livello territoriale. I risparmi sul rifacimento della mantellata per la protezione del molo di levante del porto e i ribassi di gara, annunciati dall’amministrazione Pogliese, “libereranno” delle somme che il Comune potrà utilizzare per sostenere il sistema imprenditoriale. La Cna etnea ha quindi colto al volo l’occasione per avanzare ufficialmente, tramite due diverse richieste, alcune precise proposte.

“Nell’ottica di rendere sempre più competitiva la classe imprenditoriale catanese, innanzitutto, sarebbero prioritari degli investimenti aggiuntivi per la zona industriale, alla quale vanno garantite una volta per tutte le giuste condizioni di vivibilità e attrattività”, hanno dichiarato Floriana Franceschini e Andrea Milazzo, rispettivamente presidente e segretario di Cna Catania, “ma sono anche da considerare positivamente gli ulteriori interventi annunciati in favore dell’edilizia scolastica e per contrastare l’emergenza abitativa. Affinché queste risorse possano restare sul territorio, nella progettazione dei bandi bisogna avere però chiara la composizione del nostro tessuto produttivo per tutelare le piccole imprese locali, chiaramente nel rispetto delle norme, creando lotti più piccoli e predisponendo una riserva delle quote percentuali di gara per le imprese fino a 10 dipendenti con un fatturato annuo inferiore ai 2 milioni di euro”.

Ma per una città metropolitana come Catania serve soprattutto visione del futuro, un futuro che è legato – e il corrente boom di turisti lo dimostra ampiamente – alla disponibilità e alla fruizione delle tante bellezze artistiche possedute, ma spesso non godute dai cittadini e dai sempre maggiori visitatori. Ed è qui che entra in campo con determinazione la categoria professionale dei restauratori, che auspica un incisivo intervento proprio nel comparto dei beni culturali, con tutta una dettagliata serie di suggerimenti al sindaco, Salvo Pogliese e all’assessore al ramo, Barbara Mirabella.

L’associazione degli artigiani, in ossequio alle finalità della Linea di Sviluppo “Turismo e Cultura” del Patto, ha infatti proposto di avviare un processo lavorativo di manutenzione ordinaria e straordinaria sulle collezioni del Castello Ursino, che sono il vero tesoro di Catania, iniziando in particolare dalle opere dei pittori catanesi dell’Ottocento (ai quali nessuna mostra monografica è stata mai dedicata), destinando a tal scopo la somma di 175mila euro.

Medesima somma si potrebbe destinare per cinque delle sei candelore di sant’Agata di proprietà del Comune (sulle 13 totali). “Tranne quella dedicata a monsignor Ventimiglia, infatti, le altre (Fiorai, Pizzicagnoli, Panettieri, Vinai e Pastai) versano in cattive se non pessime condizioni”, ha evidenziato Giovanna Comes, portavoce dei restauratori della Cna etnea, “inoltre, sarebbe augurabile un intervento sul sito di San Nicolò l’Arena (la cui incerta proprietà, divisa tra Comune e Stato italiano, è stata negli anni causa di grave incuria) e sul cimitero monumentale, un gioiello di memoria collettiva che va assolutamente tutelato coinvolgendo la Soprintendenza di Catania e che dovrebbe entrare a pieno titolo tra i cimiteri monumentali delle città metropolitane siciliane, nonché essere inserito nell’Associazione cimiteri storici europei”.

Passando al mondo produttivo e artigianale più tradizionalmente inteso, rispetto al fenomeno della digitalizzazione delle aziende, Cna Catania ha chiesto a Palazzo degli Elefanti che, sempre con le risorse del Patto, possa essere creato, in un immobile di proprietà comunale da almeno 400 metri quadrati, un hub quale incubatore e acceleratore di nuove imprese formate da giovani, nonché sede per una efficace azione di coworking. Anche qui, un simile intervento sarebbe perfettamente coerente con il Patto, per l’esattezza con le azioni strategiche della linea 3, “Sviluppo economico e produttivo”, concordate tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e la Città di Catania.

“Nostro obiettivo specifico”, hanno proseguito Franceschini e Milazzo, “è la creazione di un partenariato pubblico-privato (Ppp) generatore di interconnessione tra aziende, associazioni di categoria, professionisti e mondo della ricerca, al fine di favorire il coordinamento tra le azioni dei soggetti partner della rete, anche soprattutto per il reperimento e l’utilizzo delle risorse umane e finanziarie necessarie per lo sviluppo delle idee e dei progetti messi in campo”.

Oltre alla nascita di nuove imprese, l’hub potrà favorire l’ampliamento e la diversificazione di aziende già esistenti sul territorio (anche grazie a processi di facilitazione nella trasformazione digitale e di networking) ed essere fruito dai “lavoratori da remoto”, ovvero quei lavoratori non vincolati a operare in un posto fisso e liberi di scegliere il luogo da cui connettersi, il cui numero, per via del progresso tecnologico, è in costante crescita. Ma facciamo due conti: per l’allestimento dell’hub, sarebbe sufficiente un investimento non superiore a 50mila euro. A differenza di analoghi hub a carattere privato, i costi di gestione sarebbero a carico del Comune di Catania, che però dall’investimento avrebbe come sicuro ritorno la crescita delle attività imprenditoriali, la creazione di nuovi posti di lavoro e, quindi, un reale contrasto alla disoccupazione giovanile. “Perché solo rendendo attrattivo il territorio per giovani e lavoratori anche da remoto“, hanno concluso Franceschini e Milazzo, “si eviterà che i nostri ragazzi, spesso proprio i più brillanti, siano costretti a emigrare all’estero”.

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