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E’ un monologo che tiene sempre desta l’attenzione del pubblico e che, in circa 55 minuti, vede come convincente protagonista l’effervescente Silvana Luppino che, vestita di nero, racconta una vita negata, una vita in continuo rigetto, ovvero il percorso esistenziale di Dora Kieslowski (omonima del celebre regista e sceneggiatore Krzysztof, autore dei film tv “Decalogo” e dei lungometraggi “Tre colori”), una donna unica e particolare e che sfugge a ogni controllo, che parla, si svela e si autodistrugge. Sto parlando della pièce, scritta dal fumettista drammaturgo reggino Domenico Loddo, “Dora in avanti” con la regia di Christian Maria Parisi, produzione Teatro Primo di Villa San Giovanni, vista lo scorso 31 Agosto al Giardino Pippo Fava di Catania, all’interno della rassegna “Sere d’estate in giardino”, organizzata dal Centro teatrale Fabbricateatro.

Locandina

Ma chi è, cosa vuole, da dove viene, Dora Kieslowski che si divide tra il palco ed il pubblico? Dora racconta di se e della sua disastrata vita di donna/moglie/figlia/madre mancata/attrice insoddisfatta e descrive con vigore il suo senso di inadeguatezza, la sua innata distruzione da abbandono. Nella sua vita pesa l’assenza-presenza del padre polacco di Ustka, unitosi con una donna di Dattilo Soprano, per poi abbandonare madre e figlia e che appare solo come un’ombra nera e dominante sul fondo scena. Nella sua scombinata esistenza ci sono poi un marito tenuto in totale astinenza che l’asseconda troppo, un ammiratore-ragioniere che le scrive inutili poesie patafisiche dove non esistono regole ma solo eccezioni e che predilige il suo culo polacco (unica parte del corpo di cui va fiera) e l’affascinante maestro Zen descritto come alto, bello e con un membro su cui è impossibile non posare gli occhi – pubblicizzato anche tra gli spettatori con dei simpatici volantini – che è davvero capace di indicarti la strada giusta, il tuo cammino verso la felicità, con il suo dire: “L’unica via d’uscita è dentro”.

Dora va ai funerali, perché trova più dignità nella sofferenza di chi ha perso qualcuno, ha un figlio, ma non riesce a essere madre, ha un marito, ma non riesce a essere moglie, fa sesso ma non riesce a provare piacere. Lei nutre un certo odio per i genitori perché l’hanno fatta nascere, non ha particolare stima per il marito, preferisce i palindromi, perché non sono ambigui e la cosa in cui riesce meglio è quella di stare ferma, tramutarsi in un’altalena, come le parole del suo racconto, che vanno avanti e indietro. La sua esistenza si sviluppa in una specie di eterno fermo immagine e dietro la sua finzione, il suo fallimento, si nasconde la vita vera. Dora, però, non è rimasta sola ed ha scelto di fare Teatro, di diventare un’attrice.

Una scena di “Dora in avanti”

Silvana Luppino, camaleontica interprete, riesce subito ad accattivarsi l’attenzione del pubblico e con il suo personaggio ci descrive una donna immobile sull’altalena, che non riesce a vivere la sua professione di attrice. E’ delusa dei suoi rapporti sociali, è spesso dominata da un padre assente che aleggia, però, come una oscura ombra, su di lei e ci parla anche della Patafisica ovvero la scienza delle soluzioni immaginarie in cui non valgono le regole ma solo le eccezioni.

Efficace il gioco luci di Guillermo Laurin e la scena essenziale di Valentina Sofi, con, al centro del palcoscenico, un’altalena, davvero significativa nel contesto della storia e dello spettacolo, un baule con tutti i ricordi piacevoli di Dora e poi, dulcis in fundo, le due sagome metalliche che riflettono – su un fondale bianco – la figura in nero del fantasma del padre.

La pièce – con la puntuale ed attenta regia di Christian Maria Parisi – regala momenti di autentica riflessione. Ed infatti ci chiediamo ma, in fondo in fondo, siamo davvero soddisfatti della nostra vita, del nostro modo di essere o forse abbiamo bisogno, anche noi, delle illuminanti parole del maestro Zen di Dora? Nel personaggio tragicomico di Dora, prigioniera della sua vita, cerchiamo di trovare la nostra vera essenza, accompagnati da canzoni del passato (Dalla e “Una bambolina che fa no no no” di Michel Polnareff del 1966) che ossessivamente tornano in mente riportandoci alle nostre vite intrise di fallimenti, di trappole, che noi stessi, spesso, ci costruiamo. Applausi finali e convinti del pubblico per uno spettacolo che sa dosare amaro e dolce, sorrisi e riflessioni, che ci fa soprattutto interrogare sulla nostra vera identità, sui nostri desideri, sulle nostre paure, delusioni, presunte o reali.

La scheda di “Dora in avanti”

Dora in avanti

Testo di Domenico Loddo

Con Silvana Luppino

Regia di Christian Maria Parisi

Disegno di Luci Guillermo Laurin

Scene di Valentina Sofi

Produzione Teatro Primo di Villa San Giovanni

Rassegna “Sere d’estate in giardino”- Giardino Pippo Fava Catania – 31 Agosto e 1 Settembre 2019

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