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E’ andata in scena la scorsa domenica, nella location estiva del Centro Zo, a “SpiazZo”, la pièce “Io, Sarah. Ultime ore di Sarah Kane”, tratta dal romanzo di Francesca Auteri “Ultime ore di Sarah Kane”, riduzione ed adattamento di Giovanni Arezzo ed Alice Sgroi, produzione Mezzaria Teatro. Sul palco il pubblico ritrova una Alice Sgroi tesa, determinata, nei panni di una complessa, discussa e controversa figura: la drammaturga inglese Sarah Kane, attualmente una delle più discusse autrici del teatro contemporaneo europeo, autrice di cinque testi teatrali (“Blasted” (Dannati) – 1995, “Phaedra’s Love” (L’amore di Fedra) – 1996, “Cleansed” (Purificati) – 1998, “Crave” (Febbre) – 1998 e “4.48 Psychosis” (Psicosi delle 4 e 48) – 1999), tutti con temi particolari (stupro, cannibalismo, malattie). La Kane, ricordiamo che ha combattuto a lungo con la depressione, causa poi della sua morte per suicidio nel 1999, a soli 28 anni. Una Sarah uccisa, comunque, dal suo modo di essere e sentire il mondo, l’amore, gli altri. Uccisa dalla sua solitudine, dall’assenza di amore.

Alice Sgroi in scena (Foto Gianluigi Primaverile)

L’adattamento e la riduzione del testo di Francesca Auteri, da una idea di Erica Donzella, propone allo spettatore – in un luogo-non luogo, volutamente spoglio, asettico – una Sarah Kane appena morta, strangolatasi nel bagno dell’ospedale psichiatrico con i lacci delle sue scarpe, che parla, soffre, riflette, chiede un dialogo, una sigaretta. Una Sarah che chiede amore, attenzione, delucidazioni su dove si trova, sul suo status di trapassata, richiamando anche episodi e personaggi dei suoi testi. Sarah, resa sulla scena da Alice Sgroi, seduta, inquieta, delirante o serena, tra fogli sparsi qua e la, prurito alle gambe, una lettera, uno scarafaggio ed una crepa sul muro Sarah, invoca in quel silenzio, il suo amore, la sua lei tanto amata che non si materializza mentre lei, ormai dall’altra parte della barricata, da morta, soffre, ma in modo diverso.

Durante la pièce, tra le parole, i silenzi, le corse, i rumori, le grida di Sarah emergono soprattutto i fantasmi, le ossessioni, i pensieri carnefici che l’hanno poi portata al suicidio e si materializza anche la caratteristica dei personaggi della controversa drammaturga inglese: uomini e/o donne che hanno perso la forza utopica della coppia, della famiglia, del “per sempre”, che spesso accompagna l’amore, figure associate a depravazioni sessuali o a traumi infantili. In definitive fantasmi che hanno fin troppa nostalgia di ciò che hanno perso e l’amore lo vedono come un paradiso perduto, come la leggenda di uno splendido passato.

Una scena (Foto Gianluigi Primaverile)

La difficile e complessa pièce, risulta una autentica scommessa, una sfida per l’interprete Alice Sgroi, per il regista Giovanni Arezzo (entrambi autori di riduzione ed adattamento) e per Mezzaria Teatro. Un lavoro che, in circa sessanta minuti, si insinua nella complicata e devastante vita di Sarah Kane, cercando di portare a galla, sulla scena, attraverso una recitazione sofferta e sentita, il disagio, l’inadeguatezza, l’estrema solitudine, la depressione della Kane.

Ancora la protagonista in scena (Foto Gianluigi Primaverile)

Ma, nonostante l’impegno di tutti e soprattutto dell’effervescente, risoluta Alice Sgroi, determinata nel difficile ruolo di Sarah e del regista Giovanni Arezzo, lo spettacolo non convince del tutto. L’adattamento è tutt’altro che scorrevole e l’allestimento – puntando volutamente su una scena spoglia, sul gioco luci, su pochi rumori ed oggetti e sulla recitazione della Sgroi-Sarah- non sempre mantiene alti i ritmi e ad un certo punto l’attenzione del pubblico va scemando. Il personaggio chiave del monologo non trasmette quelle emozioni e soprattutto non fa percepire quei drammi che Sarah Kane provava realmente in vita o a far rivivere passi o personaggi delle sue cinque opere. Le impostazioni registiche, poi, non riescono a far decollare la pièce che si mantiene adagiata sempre sugli stessi toni e la protagonista non tramette la disperazione della Kane, probabilmente non adeguatamente indirizzata, tanto da non poter evitare pause e rallentamenti. Lavoro intimo, devastante e profondo, che ha richiesto ad interprete, regista ed a tutto il team, grande impegno e professionalità, considerando soprattutto lo spessore del personaggio affrontato. Una sfida tutt’altro che semplice per Mezzaria Teatro e quindi per il debutto vero e proprio, a metà Ottobre, al “Canovaccio” di Catania, in apertura della rassegna “Olodrammi dell’amore e di altre solitudini”, ci aspettiamo una edizione più ricca di pathos, magari con un cambio di registro, per una maggiore resa sulla scena, tenendo conto delle esigenze del pubblico e non dimenticando che, oggi, gli spettacoli, come le nostre vite, sono sempre in continua elaborazione e ricche di cambiamenti.

I saluti finali – Alice Sgroi e Giovanni Arezzo (Ph. Dino Stornello)

Hanno dato il loro contributo per la riuscita dello spettacolo l’assistente alla regia Gabriella Caltabiano, il gioco luci di Carmelo Lombardo, Grazia Cassetti per i costumi della protagonista, Filippo Trepepi per l’organizzazione e Gianluigi Primaverile per il progetto fotografico. Il brano estratto da “Crave” (“Febbre”) è interpretato da Soulcè (Giovanni Arezzo).

La scheda

IO, SARAH
Regia di Giovanni Arezzo
Con Alice Sgroi

Da un’idea di Erica Donzella
Tratto dal romanzo “Ultime Ore di Sarah Kane” di Francesca Auteri
edito da Villaggio Maori Edizioni Assistente alla regia Gabriella Caltabiano
Voce registrata Claudia Fichera
Il brano estratto da “Febbre” è interpretato da Soulcè
Recording e post produzione Orazio Magrì
Disegno luci Carmelo Te Lombardo
Costumi Grazia Cassetti
Progetto grafico Giulia Impellizzeri
Progetto fotografico Gianluigi Primaverile
Organizzazione Filippo Trepepi
Produzione mezzARIA Teatro – “SpiazZo”- Catania 8 Settembre 2019

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