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Una mattinata di riflessione e studio per affrontare il fenomeno del gioco d’azzardo e fornire strumenti, soluzioni e assistenza, strappando dalla solitudine quanti si trovano intrappolati in una ragnatela insidiosa che isola gli individui anche rispetto alle proprie famiglie. Concetti emersi ieri mattina, sabato 9 novembre, al Museo Diocesano nel corso dell’incontro “Il gioco d’azzardo patologico: ragnatela insidiosa per te e la tua famiglia”, organizzato dalla Caritas Diocesana di Catania e moderato dal giornalista Antonio Leo.

Nasce tutto, almeno in forma superficiale, dalla comodità della via semplice, quella più immediata, che conduce al successo senza fatica e che alimenta quel desiderio indomabile del gioco d’azzardo per ottenere uno stile di vita più elevato ma che poi di fatto si ricollega a vuoti personali ben più importanti. Una dipendenza ramificata che colpisce con facilità: “nel mio ministero di sacerdote – ha spiegato Mons. Salvatore Genchi, Vicario dell’Arcidiocesi di Catania, nel corso dei saluti iniziali – ho incontrato tanta gente prigioniera di queste situazioni, anche persone di una certa età che si sono lasciate afferrare da questo desiderio“.

Anche per queste ragioni, l’incontro di stamattina è stato un punto di partenza e non di arrivo, perché, come ha spiegato don Piero Galvano, direttore dell’organismo diocesano nel suo discorso di apertura, “stiamo affrontando un progetto globale di lotta alle dipendenze, dal gioco, dalle droghe e dall’alcol. La persona che ha un minimo di volontà può fare riferimento alla nostra struttura, l’Help Center della Stazione Centrale, e da lì cominciare un percorso di liberazione e di cura che la nostra assistente sociale coordinerà con le istituzioni e con altre associazioni del territorio che si occupano del fenomeno”.

Dopo i saluti istituzionali, presenti il viceprefetto Rosaria Giuffrè e l’assessore ai Servizi Sociali e Politiche per la Famiglia del Comune di Catania Giuseppe Lombardo, il giornalista Antonio Leo ha introdotto i lavori, specificando, tra le altre cose, che pur non avendo una precisa identità del giocatore incallito medio – a Catania nel 2017 sono stati spesi più di 1.400 euro pro-capite – è certo che un peso specifico in questo quadro potrebbero averlo anche i neet (not in education, employment or training), cioè quei giovani che non studiano, non lavorano, non seguono alcun corso di formazione, e che vede “la Sicilia, secondo una recente ricerca dell’Unicef, come la regione che nel nostro Paese detiene il primato con un’incidenza del 38,6% della popolazione”.

I lavori sono stati aperti da Gaetano Grimaldi, psicopedagogista, Ser.T. CT2, che è intervenuto sul tema “Un gioco pericoloso”, sottolineando che bisogna fare molta attenzione anche nell’utilizzo dei termini “perché il gioco d’azzardo non è la patologia, ma il sintomo di una patologia; di fatto il vero problema è il vuoto affettivo, le emozioni disturbanti che una persona ha dentro e che magari non sa riconoscere e che casualmente impara a gestire e a non sentire spostando l’attenzione selettiva altrove, attraverso il gioco”.

Un punto di vista sociologico sul fenomeno è stato invece espresso da Rita Palidda, ordinario di sociologia economica, che ha voluto far rilevare, considerando il periodo attuale, il mutamento della concezione del gioco che si è ormai imposto: “la novità storica è proprio il fatto che il gioco d’azzardo ha superato la connotazione negativa che aveva ed è diventato socialmente accettato e legittimato, il gioco è entrato a far parte del vivere quotidiano”.

Gli strumenti per resistere e superare il pozzo nero dell’indebitamento esistono e spesso si intersecano. Ci sono i centri abilitati a gestire le dipendenze come i Ser.T. e una normativa, in particolare la legge 3/2012, che consente al consumatore di trovare delle soluzioni, nel caso in cui esistano ovviamente tutte le condizioni previste, per gestire il sovraindebitamento.

Laura Messina, Giudice della VI sezione civile del Tribunale di Catania, ha spiegato nel dettaglio i contenuti di una legge che vuole salvaguardare quei consumatori, quindi non soggetti fallibili, che “rischiano a causa della situazione debitoria una procedura esecutiva che va a colpire la casa, l’immobile in generale, i beni mobili, e lo stipendio o la pensione”.

In tal senso in Città e in provincia si stanno diffondendo gli Occ, cioè gli organismi di composizione della crisi, che hanno avuto anche alcuni rappresentanti presenti al convegno. Questi organismi stipulano, assieme al consumatore, un prospetto economico per stabilire una modalità di rientro dalle obbligazioni contratte e che, una volta perfezionato, verrà depositato in Tribunale e quindi affidato al Giudice per l’omologazione. Nel processo di analisi del fenomeno avrà un primo piano anche l’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse della Caritas Diocesana (OPR).

La referente Carmela Impeduglia ha spiegato che “dalle relazioni emerge che il gioco d’azzardo patologico è il “sintomo” di un malessere multifattoriale che sottende due bisogni spesso inascoltati e disattesi: il bisogno di “senso/valore” del proprio tempo e della propria esistenza e il bisogno di “appartenenza” ad una o più realtà significative in cui si viene riconosciuti per quello che si è e non per quello che si consuma, dove è più facile che si sviluppi la motivazione a investire tempo e capacità in impegni costruttivi per sé e per gli altri anziché a spendere soldi facendo leva sulla fortuna. Come OPR desideriamo condividere con il territorio la responsabilità di lavorare insieme per promuovere iniziative e stili di vita volti al bene della persona e della comunità contrastando la dipendenza dal gioco d’azzardo”.

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