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Il Natale – come recita una vecchia pubblicità – quando arriva arriva. Ed infatti è già alle porte ed arriva con il suo carico di aspettative, di riti personali e collettivi, con la smania dell’albero da tirare fuori dalla soffitta, dei bigliettini di auguri da inviare o ricevere, delle persone da ricordare, degli addobbi e dei regali, della vigilia e del brindisi a mezzanotte, della bontà e dello stare insieme, in famiglia. Ma arriva anche il Natale della solitudine, dell’emarginazione, delle lacune affettive dell’individuo, il giorno dell’anno più temuto da chi è depresso e nevrotico in genere. Proprio in quei giorni, in quell’atmosfera di auguri e festeggiamenti, spesso ci si guarda in modo spietato allo specchio e si sprofonda ancor di più nell’insoddisfazione.

Il protagonista in scena (Ph. Gianluigi Primaverile)

Su queste premesse si muove l’intenso atto unico, di circa sessanta minuti, “Il Natale di Harry” da un racconto di Steven Berkoff, diretto e interpretato da Nicola Alberto Orofino, in scena al Teatro del Canovaccio di Catania, secondo appuntamento della rassegna “Olodrammi Dell’amore e di altre solitudini” di MezzARIA Teatro. Su una scenografia di Vincenzo La Mendola, che inquadra perfettamente il tema in questione (con un alberello addobbato e con dei biglietti d’auguri, una sedia, un vecchio televisore, un tavolinetto con un telefono rosso ed un piccolo Babbo Natale) la pièce, che inizia con la notissima “Last Christmas” dei Wham, è incentrata sulla vita del single quarantenne Harry, nell’Inghilterra degli anni Ottanta, alle prese con le sue gravi lacune affettive e che lo vedono costantemente solo. Una condizione non scelta e che diventa ancora più insopportabile in un clima di partecipazione collettiva quale il Natale che lui dice di odiare, ma in realtà odia solamente la sua condizione, la sua solitudine.

Harry non si ritrova, non condivide, gli anni dell’edonismo sfrenato, del conformismo e si richiude in un isolamento che diventa insopportabile nei giorni che precedono il Natale, il momento dell’anno in cui tutto diventa più duro, più difficile, più falso. “Il Natale è una valanga che ti viene addosso, – sottolinea il protagonista – se il tuo Natale vale zero spaccato è perchè questo è quello che vali tu…”.

Una scena (Ph. Gianluigi Primaverile)

Da solo, nel suo appartamento Harry si sfoga, si prende in giro su amici e parenti su cui può contare, si ritrova a parlare – unico interlocutore in casa – con l’albero di Natale che addobba con i biglietti di auguri ricevuti prima delle feste (antica abitudine dei Natali di una volta) e l’alberello di venta una sorta della sua coscienza, della sua consapevolezza. Prova con il suo telefono rosso, ultimo aggancio con gli altri, con il mondo esterno, a contattare qualche amico del passato, impelagato con figli e famiglia, con qualche vecchia fiamma e con Clara, il suo antico amore. Ma i vecchi amici non gli prestano attenzione, Clara non è in casa e nessuno gli da una speranza per il suo Natale che diventa così sempre più tragico. Ogni tanto al telefono c’è la voce della sua vecchia madre che gli parla di una sit-comedy o della spesa da fare, mentre intanto la vigilia si avvicina e quell’omone, con tanto di pantofole e di vestaglia, è sempre più solo e disperato. Passata la vigilia, tra speranze e disillusioni, rigorosamente da solo, Harry, da un calcio alla sua coscienza travestita da albero di Natale e dalla scatola dei vecchi biglietti d’auguri tira fuori una boccettina di gocce e beve tutto il suo contenuto. Si ritrova a terra, a sognare, a chiamare la sua Clara, mentre l’unico compagno, l’alberello, si illumina a festa e la pièce si chiude con le note del brano “Vieni da me” de “Le Vibrazioni. “Ho tutto questo mio corpo, ho tutto questo mio volume, che occupa uno spazio, e nessuno a cui darlo..”.

Un monologo crudele, reale, che non fa sconti alla nostra voluta distrazione e indifferenza e che Nicola Alberto Orofino, da interprete e da regista, affronta con cuore e partecipazione, utilizzando le sue corde migliori tra comico e grottesco, mettendo davanti allo spettatore la situazione di chi, da solo, si trova ad affrontare il temuto Natale e non ha vie d’uscita. Il protagonista, in compagnia dei suoi pochi oggetti scenici, un alberello, il telefono od un piccolo Babbo Natale, vive, sente profondamente un monologo di solitudine e tristezza, una tristezza devastante, insopportabile, strappando anche risate a denti stretti. L’affabile voce fuori campo (la coscienza di Harry) è di Francesco Bernava, i costumi sono di Vincenzo La Mendola, assistente alla regia Gabriella Caltabiano, l’organizzazione, sempre impeccabile, è di Filippo Trepepi.

Gli applausi finali (Foto Dino Stornello)

Alla fine applausi reiterati per l’interprete da parte di un pubblico divertito, frastornato (proprio per l’arrivo della citata ricorrenza), commosso e per un testo più che attuale in una società sempre più alienante, egoista e pronta a dimenticarsi di tutto e di tutti. “A Natale tutto si amplifica… perché il Natale è una valanga che ti viene addosso, se il tuo Natale vale zero spaccato è perché questo è quello che vali tu…”.

Scheda spettacolo

IL NATALE DI HARRY

Da un racconto di Steven Berkoff

Diretto e interpretato da Nicola Alberto Orofino

Assistente alla regia Gabriella Caltabiano

Voce fuori campo Francesco Bernava

Scene e costumi di Vincenzo La Mendola

Organizzazione Filippo Trepepi

Produzione Compagnia MezzARIA

Rassegna Olodrammi, Dell’amore e di altre solitudini

Teatro del Canovaccio di Catania – 15-16 e 17 Dicembre 2019

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