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E’ sempre confortante, intrigante, illuminante l’incontro, la lettura, l’interpretazione, la messa in scena delle opere di quel “geniaccio” di Luigi Pirandello che ancor oggi, sbriciando tra le pagine dei suoi capolavori, indagando tra le parole dei suoi eterni personaggi, fa scoprire sempre qualcosa di nuovo, di diverso, di magico. Ebbene l’autrice e sensibile scrittrice Antonella Sturiale sta proponendo dalla scorsa settimana (repliche il 6, 7 e 8 Dicembre (ore 21.00 e 18.00) al Teatro del Canovaccio di Catania, in via Gulli 12, in apertura dell’odierna stagione di prosa, l’atto unico “Le Tre Corde”, ispirato ai personaggi di una delle più note e rappresentate opere dell’Agrigentino, “Il Berretto a Sonagli”, per la regia di Saro Pizzuto.

C’è da dire che la rappresentazione, si accosta all’opera, all’insegnamento, al credo del buon Luigi Pirandello, ovvero induce a riflettere sull’operato, sui comportamenti dell’essere umano, invitandoci a fermarci tutti ed a venirci incontro, per cercare, amichevolmente, senza odio, rabbia, rancore e violenza, con il magico supporto della parola, del ragionamento, di capire quelle che sono le nostre quotidiane azioni del vivere, sempre legate a quelle nel nostro simile e che determinano reazioni, effetti, ripercussioni, gioie dolori, aspettative.

Maria Grazia Cavallaro e Saro Pizzuto

In circa 80 minuti la pièce di Antonella Sturiale, con piglio introspettivo, analizza sull’intrigante scena (con tanto di manichini e corde) allestita da Gabriele Pizzuto e con i costumi di Chiara Viscuso e le azzeccate e delicate musiche di Alessandro Cavalieri, il percorso dei personaggi pirandelliani de “Il Berretto a sonagli” a distanza di dieci anni dal fatto raccontato dal grande drammaturgo siciliano.

Introdotti da due ambigue e risolutorie figure, un Buffone-Coscienza-Ciampa ed un pagliaccio-corda, sfilano sul palco, ad uno ad uno, i protagonisti de “Il Berretto”, Fana e Assunta, Nina, la Saracena e Beatrice, il Cavaliere Fiorica, Fifì, il Delegato Spanò. Tutti  raccontano, dopo un decennio, cosa è successo alle loro vita, come hanno reagito, come hanno sofferto o mai superato la tresca tra Nina ed il cavalier Fiorica, la follia necessaria di Beatrice, le idee dello scrivano Ciampa, tra il rispetto per la moglie e le sue teorie sulle tre corde (civile, seria e pazza). Alla fine ognuno dirà la sua dopo dieci anni, mostrerà il suo volto segnato dalla storia narrata dall’autore e quelli che emergeranno, soprattutto nel finale, fatto di verità, di rivelazioni, tra finzione e realtà, saranno Nina che porterà avanti la sua dignità di moglie e madre, il cavalier Fiorica che, a cospetto di un Buffone rivelatosi Ciampa, racconterà la sua verità, il rispetto per la semplice Nina e per il suo preciso scrivano, ricevendo l’abbraccio ed il perdono di Ciampa, attraverso un dialogo aperto e ricco di significati, mentre la povera Beatrice mostrerà di essere ancora prigioniera delle sue fissazioni, dei suoi fantasmi del passato, mai superati.

Una scena

Lavoro certamente rischioso (è sempre arduo confrontarsi con l’opera, con i personaggi, con le argomentazioni di Pirandello), ma ben assemblato da Antonella Sturiale, che supera l’esame della scena, facendoci soprattutto ritrovare con le sempre attuali teorie del Ciampa (il Pirandello ragionatore), grazie anche alla regia scorrevole e determinante di Saro Pizzuto e ad un cast che asseconda ottimamente le intenzioni del regista e dell’autrice. Particolarmente intriganti i due personaggi centrali, con i loro costumi e il loro mistero e che aprono e chiudono la pièce, ovvero le pantomime, le buffe e serie espressioni e movenze del pagliaccio di Agata Raineri ed il clownesco Saro Pizzuto che con le sue argute riflessioni solo alla fine svelerà la sua vera identità, rivelandosi oltre che Ciampa la vera coscienza di ognuno dei personaggi del suo mondo e, chissà, anche di tutti noi, tanto confusi dalla realtà finzione di tutti giorni.

A vestire i panni di una semplice ed intensa Nina è Maria Grazia Cavallaro, mentre Iolanda Fichera interpreta il doppio ruolo della gelosa ed ossessionata Beatrice e della determinata Saracena. Il romantico e sincero cavalier Fiorica è Domenico Fiore mentre rivestono i ruoli del delegato Spanò Pippo Marchese, della fedele Fana e di Assunta Fiorenza Barbagallo e Luciano Leotta è il vanitoso ed effervescente Fifì. Pubblico che, alla fine, applaude soddisfatto per una pièce che ci riaccosta ad una delle opere più emblematiche ed amate di Pirandello e che ci fa ancor di più interrogare sulla nostra eterna natura ed essenza di pupi tra pupi.

“Pupi siamo, caro signor Fifì! Lo spirito divino entra in noi e si fa pupo. Pupo io, pupo lei, pupi tutti. Dovrebbe bastare, santo Dio, esser nati pupi così per volontà divina. Nossignori! Ognuno poi si fa pupo per conto suo: quel pupo che può essere o che si crede d’essere. E allora cominciano le liti! Perché ogni pupo, signora mia, vuole portato il suo rispetto, non tanto per quello che dentro di sé si crede, quanto per la parte che deve rappresentar fuori. A quattr’occhi, non è contento nessuno della sua parte: ognuno, ponendosi davanti il proprio pupo, gli tirerebbe magari uno sputo in faccia. Ma dagli altri, no; dagli altri lo vuole rispettato”. (“Il Berretto a Sonagli” – Luigi Pirandello)

I protagonisti della pièce (Foto Dino Stornello)

Scheda spettacolo

Le Tre Corde di Antonella Sturiale

Ispirata ai personaggi de “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello

Regia di Saro Pizzuto

Con Fiorenza Barbagallo, Maria Grazia Cavallaro, Iolanda Fichera, Domenico Fiore, Luciano Leotta, Pippo Marchese, Saro Pizzuto, Agata Raineri

Musiche originali di Alessandro Cavalieri

Pantomime Agata Raineri

Scenografia di Gabriele Pizzuto – Costumi di Chiara Viscuso

Disegno Luci di Simone Raimondo – Gabriele Pizzuto

Produzione Teatro del Canovaccio

Stagione Teatro del Canovaccio Catania – 28, 29, 30 Novembre e 1, 6, 7 e 8 Dicembre 2019 – Foto Dino Stornello.

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