“Auuuu…auuuu….auuu…”. Un ululato agghiacciante, doloroso ed angosciante per un testo, per un racconto scritto con un linguaggio crudo, in catanese stretto. Questo è “Lupo” – testo segnalato nel ’97 al Premio Riccione per il Teatro – dell’attore e drammaturgo catanese Carmelo Vassallo, scomparso nel 2010 a soli 55 anni, riproposto lo scorso fine settimana dal regista Guglielmo Ferro al Centro Zo di Catania all’interno della stagione di Teatro Mobile, diretta da Francesca Ferro, in collaborazione con “AltreScene”.

L’intenso atto unico, di circa sessanta minuti, racconta l’incontro particolare, elettrizzante, tra Cocimu, un quindicenne timido e assoggettato all’influenza soffocante della madre, sospeso tra cielo ed inferno e un uomo di trenta, Lupo, duro e incontenibile nella sua prepotente vitalità. Da una partita a calcetto giocata e vinta nel bar sotto casa, tra lo studente e l’emarginato di un quartiere popolare di Catania nasce un sodalizio forte ed esclusivo. Tra giornate al mare insieme, il cerchio si stringe sempre di più e cresce in modo incontrollabile l’attrazione di Cocimu per Lupo che per lui stravede, lo chiama da sotto il balcone di casa, lo aspetta, lo porta in giro con la sua vespa. Ma il rapporto del giovane nei confronti dell’amico più grande si conclude con un triste e doloroso delirio criminale che porta Cocimu ad accoltellare a morte Lupo.
E dal balcone della sua abitazione, con una sottoveste bianca, il giovane Cocimu, 15 anni dopo i tragici fatti, guardando la luna, ricorda e racconta la vera storia di Lupo che dal mare, nella notte, urla la sua rabbia, la sua solitudine, alla ricerca del suo amico Cocimu.

La pièce, che affronta temi delicati quali l’omosessualità ed il suo tabù, racconta il piccolo, claustrofobico universo dei due protagonisti, affidandosi alternativamente alle voci di uno e dell’altro. Cocimu e Lupo, sono infatti i protagonisti di quello che è uno spaccato di una periferia degradata. “Lupo” è metafora di tanti rapporti nascosti e contraddistinti dall’incapacità di comunicare in modo sincero, è una storia ambientata nella periferia popolare catanese, ma che può essere tranquillamente trasportata in qualsiasi altra realtà del genere dove l’apparenza è più forte e radicata delle vere sensazioni.

Le musiche sono di Massimiliano Pace, la regia accurata e scorrevole è di Guglielmo Ferro e la scena è di Alessia Zarcone che vede interagire i due protagonisti tra il balcone di Cocimu, le lenzuola bianche ed i panni stesi, con le strette strade del quartiere e con la presenza di un vespone bianco e delle proiezioni che contribuiscono a rendere più credibile e dinamica la surreale storia tra i due amici.
Alla fine gli applausi del pubblico per l’intrigante lavoro, per la poesia, la musicalità ed il valore del testo e per i due protagonisti, Mario Opinato (che festeggia nel 2020 i suoi 30 anni di carriera. tra teatro e cinema) nel ruolo del selvaggio, solitario ed intenso Lupo e Giovanni Arezzo nei panni del problematico studente di quartiere Cocimu.
Anche stavolta, nell’edizione del Teatro Mobile di Catania e per la regia convincente di Guglielmo Ferro, il dramma di Vassallo coinvolge lo spettatore nella dimensione dell’emarginazione o della follia pseudonormale di giovani sbandati o studenti che vivono sotto la sottana della madre, che non possono sottrarsi alle dure leggi della quotidianità di un quartiere popolare dove ognuno non può far altro che essere se stesso, non può sfuggire al proprio ruolo. Spettacolo dal linguaggio potente che evidenzia il quadro problematico, difficile dei due protagonisti, prigionieri entrambi delle abitudini, dei caratteri e dei pregiudizi di una situazione sociale in un quartiere popolare della città in cui non si può sfuggire al proprio destino.

Ricordiamo, per la cronaca, che nel debutto nel 2002 al Centro Zo, “Lupo” venne interpretato – con il suo rigore e il suo graffiante linguaggio- dallo stesso autore Carmelo Vassallo e Cocimu venne reso da Biagio Guerrera, mentre nelle riprese del 2005 Savì Manna interpretò Cocimu.
Un plauso, infine, a Teatro Mobile ed al Centro Zo con “AltreScene”, per aver voluto ricordare, con la riproposta di “Lupo”, la figura, il personaggio, il teatro e la produzione di un attore, autore e regista come Carmelo Vassallo, scomparso troppo presto e, purtroppo, dimenticato dalla sua città che conferma di avere poca memoria per i suoi figli.
Per non dimenticare...Note su Carmelo Vassallo
Carmelo Vassallo, catanese classe 1955, aveva iniziato la sua carriera come atleta e calciatore e poi aveva cominciato a scrivere di teatro, con abilità e passione. Un artista scomodo che col suo teatro raccontava il mondo degli ultimi, degli emarginati. Dal 1981 al 1985 ha collaborato con il Teatro del Vicolo di Reggio Emilia “teatro acrobatico” e nel 1983 col Teatro Stabile dell’Aquila. Nel 1987 ha curato diverse regie di spettacoli di Durrenmatt in Svizzera. Dal 1988 al 1992 ha fatto parte della compagnia di Teatro Portaromana di Milano e dal 93 al 97 ha collaborato sia col Teatro di Dionisio di Palermo diretto da Claudio Collovà, sia col Teatro della Tosse di Genova diretto da Tonino Conte ed Emanuele Luzzati. Dal 2002 al 2005 ha collaborato con Zo di Catania e nel 2007 ha fondato l’Associazione Culturale Leggende Metropolitane. Nell’estate del 2010, troppo prematuramente, passava a miglior vita portandosi con sé un patrimonio artistico ed umano inestimabile. “Lupo” insieme ad altre sue due opere come “Donna Nedda” e “Farfalline” sono inserite nella raccolta “Lupo ed altri fantasmi” edita dalla Bonanno Editore, curato da Stefania Rimini e da Attilo Scuderi.