Cultura

Asterio, nato in Cappadocia probabilmente nel 335, prima di diventare  vescovo di Amasea nel Ponto, fu retore  tra il 380 e il 390. Succedette sulla cattedra episcopale di Amasea ad Eulalio, che fu esiliato da Valente per opera degli ariani, facendovi ritorno nel 378 dopo la morte dell’imperatore. Nell’Oratio IV: Adversus Kalendarum Festum(PG 40,224-225), pronunciato nell’anno 400, parla della morte di Flavio Rufino (+395), dell’eunuco Eutropio (+399 ca),  praepositus sacri cubiculi dell’imperatore Arcadio, e di fatti a lui contemporanei.

Di Asterio ci restano 21 discorsi completi pubblicati tra il 1615 e il 1681 e riuniti in PG 40,163-467. Di essi, cinque furono pubblicati, per la prima volta, nel cod. Vat. gr. 388, da Giovanni Brant (Anversa 1615), con la traduzione latina del dotto filologo Philipp Rubens;  altri sette discorsi furono pubblicati a Parigi nel 1648 con la traduzione latina e le le note del domenicano patrologo Francois Combefis (1605-1679). Tra queste c’è anche l’Omelia XI: l’Enarratio in martyrium praeclarissimae martyris Euphemiae (PG 40,333-337)che è una descrizione d’un dipimto rappresentante il martirio di S. Eufemia, subito sotto Diocleziano.

Quest’opera di Asterio è riportata per intero negli Atti del II Concilio di Nicea del 787 come testimonianza per provare l’antichità del culto delle immagini (Mansi, SSConcilcoll., XIII, pp. 16-17 e 308-309). Il discorso In SStephanum protomartyrem era stato pubblicato dal dotto teatino Vincenzo Riccardi a Roma nel 1630,  e attribuito a Proclo, ma poi venne rivendicato ad Asterio da F. Combefis, sette omelie sui Salmi V, VI e VIII furono pubblicate dal teologopatrologo Jean-Baptiste Cotelier  (16261686) (EcclGrmonum., II, Parigi 1681,1-81).

Il patriarca di Costantinopoli Fozio ricorda altre omelie di Asterio, una delle quali è In Iairum et mulierem haemorrhoissam, menzionata anche dal patriarca  Niceforo di Costantinopoli (758 ca –828). Due suoi discorsi: il 13 e il 14, talvolta sono stati stampati sotto il nome di Gregorio di Nissa (Cfr. PG 46,539).  I Bollandisti ( Acta SS. Aprilis, III, Parigi 1886, pag. 420-427)  hanno pubblicato sotto il nome di Asterio una Vita di Basilio d’Amasea (+322 ca).  

Di altri scritti di Asterio non ne abbiamo memoria, ma sotto il suo nome ne compaiono in diverse Catenae (cfr. A. Mai, Scriptorveternova coll., IX, Roma 1837, pp. 669 segg.). Lunghi estratti di sei discorsi – andati perduti – ci sono pervenuti attraverso Fozio (Bibliotheca, cod. 271: PG 104, 204-216, 221-224; cfr. Quaestio 312 ad Amphilochium: PG 101,1161).  L’edizione completa delle omelie di Asterio – salvo i frammenti – la troviamo in Patrologia Graeca, 40,163-478.

Nei suoi discorsi, dalla lingua pura e dallo stile accuratissimo, in cui è evidente l’influsso dei grandi Padri cappadoci,  Asterio si proponeva come modello Demostene (384 a.C. – 322 a.C.) (Oratio XI: PG 40,333). Il vescovo d’Amasea incentrò il suo ministero pastorale sull’istruzione dei fedeli,  occupandosi poco del dogma e senza alimentare polemiche con gli eretici. Asterio è scrittore forbito e le sue omelie possono stare accanto quelle di Giovanni Crisostomo e di Basilio Magno.

Asterio, nella sua omelia Esortazione al pentimento, non esita a sferzare severamente i suoi fedeli proprio quando li invita alla misericordia, mostrando in  questa pagina il suo stile pieno di vigore e di slancio: <<Se volete imitare Dio, a immagine del quale siete stati creati, conformatevi al vostro modello. Voi cristiani, voi che portate un nome che significa amore, imitate la carità di Cristo. Osservate la ricchezza del suo amore per gli uomini. Sul punto di manifestarsi a loro nella sua umanità, ha mandato Giovanni per invitarli alla penitenza e condurli al pentimento e, ancora prima di lui, ha inviato tutti i profeti che hanno insegnato la conversione.

Quando poi poco tempo dopo, si è presentato Cristo stesso, ha gridato con la propria voce facendosi avanti in persona: Venite a me, voi tutti, che siete affaticati oppressi e io vi consolerò (Mt 11,28). E quelli che hanno accolto l’invito, come li ha ricevuti? Ha concesso loro, senza difficoltà, il perdono dei peccati e immediatamente li ha liberati dalle loro afflizioni. Il Verbo li ha resi santi, lo Spirito ha impresso su di loro il suo sigillo. L’uomo vecchio è stato sepolto ed è nata la nuova creatura, rigenerata per grazia. Di conseguenza l’uomo, che era estraneo, è diventato un intimo, da straniero è diventato figlio; prima escluso, ora è stato introdotto nel mistero e da empio che era è diventato santo. Se qualcuno, dopo aver ricevuto in dono ricchezze così grandi ed eccezionali, offendesse il suo generoso benefattore noi saremmo senz’altro per lui giudici duri e inflessibili; lo metteremmo subito a morte, senza permettergli di difendere la sua causa, e lo priveremmo non solo di questa vita, ma anche dell’altra.

Ma ben diverso è il giudizio del Signore, la cui misericordia è senza limiti. Egli non vuole la morte del peccatore, ma attende la sua conversione. Per questo non vengono puniti quelli che per una volta hanno disprezzato la grazia: la misericordia, infatti, si aggiunge alla misericordia, e il perdono si unisce all’oblio. Le lacrime versate hanno l’efficacia di un bagno purificatore e i gemiti del pentimento riportano la grazia che per breve tempo era stata perduta… Voi dunque che siete duri e incapaci di dolcezza imitate la bontà del nostro creatore. Non siate, per i vostri compagni di schiavitù, dei giudici rigorosi e crudeli, nell’attesa che giunga colui che svelerà i segreti dei cuori e che, con la sua potenza, darà a ciascuno il posto che gli spetta nella vita futura. Non pronunciate giudizi severi, per non essere giudicati con severità e per non essere trafitti, come da denti acuti, dalle parole.

Mi sembra infatti che le parole del Vangelo: Non giudicate, per non essere giudicati (Mt 7,1) vogliano appunto mettere in guardia da questo peccato.Con ciò non si vuole escludere la facoltà di valutare le cose con intelligenza e rettitudine: il Vangelo chiama «giudizio» una condanna troppo severa. Nei tuoi giudizi dunque, adopera, per quanto è possibile, un peso leggero, se non vuoi che anche le tue azioni facciano scendere il piatto della condanna quando la nostra vita sarà pesata dal giudizio di Dio, come su una bilancia… Non rifiutare allora, di usare misericordia, per non essere escluso dal perdono quando anche tu ne avrai bisogno>> (Omelia Esortazione al pentimento: PG. 40, 356 C-D – 357 A; 360 C-D – 361 A).

Diac. Sebastiano Mangano

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