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L’INPS, in un modo o l’altro è sempre al centro del dibattito, anche perché – a parte le Casse professionali – è diventato l’unico ente previdenziale. Chi ne capisce e analizza i fatti con onestà e, quindi, con obiettività sa bene quante falle contenga quella solo apparentemente e in parte buona riforma.

A base di ogni discussione dovrebbe esserci la mancata distinzione tra “previdenza” e “assistenza” che serve alla politica e molto meno al popolo. In quanto, non si può far pagare ai cittadini (con i contributi obbligatori pretesi da lavoratori e aziende per le pensioni e per le prestazioni previdenziali cosiddette “minori”) anche ciò che lo Stato giustamente (e neanche sufficientemente) eroga per l’assistenza (prestazioni di Invalidità Civile, Assegno Sociale, ecc.) e adesso per le misure legate alla terribile emergenza COVID-19.

I professoroni, che glissano davanti alle telecamere e ai giornali senza contraddittorio reale, non possono mentire senza sapere di farlo. Il sistema previdenziale italiano, gestito dall’INPS, non era (e non sarebbe) in sofferenza senza, ad esempio, il carico della previdenza pubblica (ex INPDAP) per la quale gli enti dello Stato, a fronte di prestazioni sostanziali, versano contributi “virtuali” (mentre i privati, in soldoni); oltre che, come si diceva, di tutta l’assistenza. Ovvio che lo stato ci deve mettere la differenza ma essa non va gabellata come onere che pesa sulla previdenza. Senza dimenticare che l’INPS aveva creato, a sostegno del proprio sistema (previdenza) con soldi dei lavoratori e delle aziende, un enorme patrimonio immobiliare che alla politica è servito per altro. Sarà stato amministrato male e non sempre in maniera trasparente (cosa che non so quanto sia dispiaciuta a politici e parapolitici) ma la soluzione non era di alienarlo (e a favore di chi?) per spendere i soldi “altrove”. Era di correggere il sistema rendendolo efficiente.

Sono di parte e non posso negarlo, ma sfido chiunque a confutare quanto detto. Quando vinsi il concorso e fui assunto dall’ente – erano ben altri tempi! – devo confessare che non la ritenni proprio la prima scelta; ero eccessivamente ambizioso e poco consapevole. Curate queste due malattie, ho cominciato ad amare l’alta funzione sociale e a farmene carico.

Ricordo che una mano me l’ha data il capo della CISL di Torino, Cesare Delpiano (di cui serbo un sacro ricordo), che conobbi in occasione di una riunione con i delegati del parastato in via Barbareaux. Ascoltò pazientemente le lagnanze (a cominciare da quelle sul salario) e quando tutto il malcontento fu espresso, pacatamente ci disse: “Mi aspettavo che domandaste come essere più utili al sociale cui il vostro lavoro si rivolge”.  Fu un pugno nello stomaco che mi cambiò la vita e ringrazio chi me l’ha dato.

Decreto Cura Italia

Adesso, una vicenda straordinaria ha riportato l’ente al centro del dibattito, in realtà al centro di un “casino”, in cui è difficile capire – come dicono a Roma – “chi c’è e chi ce fa”; sicuramente è stata una disavventura inaspettata; o forse chissà…

Assuntosi ancora una volta, come ha SEMPRE fatto, ogni onere (raramente compensato da onore) riguardo alle procedure di richiesta ed erogazione delle provvidenze decretate dal Governo per far fronte all’inferno economico determinato dal Coronavirus, al primo impatto è entrato in crisi.

Senza spingersi nel merito della ricerca delle cause, se cioè sia stata o meno sottovalutata la capacità di rispondere all’alluvione che sarebbe piovuto sul sistema informatico dell’INPS, oppure se realmente il sistema sia risultato vulnerabile ad attacchi di malintenzionati, certamente l’effetto è stato quello che ha reso necessaria l’interruzione del servizio.

Gianni Billia

Ad apprendere la notizia non credo di essere stato l’unico a sussultare e ad aver pensato a un uomo che ha fatto un pezzo di storia dell’INPS e del Paese. Chissà quanti metaforici sussulti avrà avuto nella tomba Gianni Billia, l’ingegnere che è stato ai vertici dell’ente ma che soprattutto ha inventato, costruito e portato ai massimi splendori il CED (Centro Elaborazione Dati; in italiano) che tutta Europa invidiava. L’informatica era già di casa all’INPS quando in tutta la pubblica amministrazione era una chimera. Il cammino da egli tracciato non è stato interrotto, dopo la sua morte, non poteva esserlo. Ma qualcosa è successo, qualcosa che era in linea col dilagare della cultura del “privato è bello” (per chi?).

L’informatica di Billia era tutta interna; si compravano solo le macchine, che erano selezionate da chi se ne intendeva. Tutto il personale, compresi i programmatori e i gestori dei sistemi, erano dipendenti dell’INPS, erano selezionati tra il personale, erano rigorosamente formati e sapevano bene per chi, per che cosa, come, ecc. lavorare. A parte lo spirito di appartenenza fortemente sviluppato (debbo supporre che ancora sopravviva), c’era la contiguità tra i portatori dei problemi tecnici e i solutori. Era un livello eccellente.

La deriva neoliberista è, poi, attecchita, anche all’interno dell’INPS (amministrazione e tecnostruttura) e non poteva andare diversamente, vista l’irruzione sempre crescente della politica che ha reso via via più flebile l’autonomia gestionale.

Scommetto che s’è già capito cosa sia accaduto, quale sinistro nome abbia scardinato quell’autosufficienza: “esternalizzazione”. In tal modo il meraviglioso strumento costruito dall’ingegnere laureato al Politecnico di Torino e cresciuto nell’Olivetti (prima che fosse ridotta a fabbrica di pur prestigiose macchine da scrivere e poi in cenere), ha lasciato il posto alle ditte esterne, appaltatrici di servizi. Così è tuttora e così il prof. Tridico l’ha ereditata (commissari a parte) da Mastrapasqua e da Boeri.

C’entra tutto questo con i disagi che hanno afflitto contemporaneamente, da un lato, l’intero popolo bisognoso e, dall’altro, chi dall’interno vuole soddisfare i bisogni?

Come già detto, l’INPS ha sempre risposto affermativamente quando lo Stato ha assegnato ad esso nuovi compiti, chiedendo persino miracoli; la tentazione, come in tutte le aziende, è sempre stata quella di “spremere il limone” e spersonalizzare i rapporti. “Qualità totale”? O forse, una anticipazione della “distanza sociale” e del lavoro a casa (che all’INPS era peraltro già previsto e regolamentato) e che adesso – svolto da ciascuno/a con propria attrezzatura e propria connessione alla rete – è imposto dal virus?

Salvo Nicotra

Salvo Nicotra si è occupato di così tante cose da sentirsi – talora – come uno che non ha concluso niente (lo diceva anche Luigi Tenco ma lui era un grande!)… Laurea in Lettere all’Università di Torino con tesi in Storia del Teatro (più precisamente, sull’attualità dell’Opera dei Pupi; Antonio Attisani, relatore; Alfonso Cipolla, correlatore), regista teatrale, uomo di cultura e di sport, ha collaborato sin dalla (lontana) giovinezza e collabora – nella “maggiore età” – con varie testate giornalistiche; nella “precedente vita” è stato lavoratore pubblico e dirigente sindacale.

5 commenti

  1. Alla fine quelli che controllano il cartello della finanza mondiale sono entrati come un VIRUS anche nel sistema INPS .

  2. Messaggio di un dipendente Inps

    #malagentechenesa

    che ne sa la gente che gli informatici si stanno facendo il mazzo per consentire a 25000 persone di entrare in una “porta” progettata forse per 3000…
    che ne sa la gente che anche solo cambiare una virgola di un portale (non una pagina fb) richiede del tempo, figuriamoci rielaborare una procedura…
    che ne sa la gente del lavoro che c’è dietro l’emanazione di una circolare o di un messaggio…
    che ne sa la gente che lo smartworking almeno per noi non è lavorare comodamente sul divano bevendo uno spritz…
    che ne sa la gente che oltre alle misure covid ci sono altre centinaia di prestazioni che l’INPS deve garantire comunque…
    che ne sa la gente che il nostro portale gestisce la privacy di tutti gli italiani e pure dei loro morti…
    che ne sa la gente che per mettere in pagamento qualcosa dobbiamo svegliarci di notte nella speranza che la procedura funzioni…
    che ne sa la gente che dobbiamo rispondere a centinaia di mail solo perché la gente non vuole leggere una benedetta circolare…
    che ne sa la gente che altre centinaia di mail nascondono insidie per farci dare informazioni sbagliate…
    che ne sa la gente che il furbetto è sempre dietro l’angolo e vuole sempre approfittarne…
    che ne sa la gente delle persone che mandano mail perché semplicemente non capiscono l’italiano…
    che ne sa la gente dei dipendenti Inps che hanno scelto di “fermare” il loro specifico lavoro ordinario per farne uno nuovo e diverso così da poter liquidare nel più breve tempo possibile quante più prestazioni covid…
    che ne sa la gente che questo smartworking non è lavorare da casa ma è portare il lavoro a casa perché durante la cena ripenso alla mail e alla lineainps perché penso che dietro quella mail c’è veramente un povero cristo che oggi ha bisogno…
    che ne sa la gente di Citrix e dei suoi avi che vengono chiamati in causa e che dopo che stavo per inviare la mail mi sbatte fuori…
    che ne sa la gente che anche noi oltre al lavoro possiamo avere un caxxo per la testa…
    che ne sa la gente che a volte anche il tono di una mail può cambiarci l’umore…
    che ne sa la gente che le mail in cui ti rispondono “Grazie” da un lato rompono le scatole perché ti obbliga a doverle chiudere, però da un lato ti danno soddisfazioni….
    che ne sa la gente delle centinaia di circolari e messaggi che devi incrociare…
    che ne sa la gente che il nostro lavoro, certo non sarà quello di un medico, ma non è sempre solo un semplice click…
    che ne sa la gente che pensi anche al collega che sai che sta poco bene e nonostante tutto lavora…
    che ne sa la gente di altre centinaia di cose…
    che ne sa la gente… che ne sa… ma almeno non sapendo non ci offendessero!!!
    Come disse qualcuno “in questo gioco al massacro NON CI STO!” ma alla fine… penso che non deve fregarmi di quello che sa la gente… cerco di fare il mio lavoro e sono orgoglioso di farlo!
    Su ragazzi su… non molliamo!
    #andratuttobene

  3. Tutto terribilmente vero, unitamente all’aver impedito la nascita della previdenza integrativa pubblica, il famoso polo INPS-BNL-INA

  4. Gli anni d’oro del più grande ed invidiato sistema previdenziale sono proprio legati all’epoca del prof. Billia, poi esigenze estemporanee, spinte esterne,lobby varie, hanno spinto L’Istituto verso scelte infelici….la prima esternalizzare l’informatica….ultima in ordine di tempo esternalizzare i controlli ispettivi…..l’Istituto sta cercando di recuperare la sua centralità, speriamo non sia troppo tardi

  5. Eppure questo momento se pure drammaticamente segnato dalla pandemia che a livello sociale sta flagellando una intera nazione a noi “popolo Inps”..sta ricordando perchè lavoriamo e a molti sta rinascendo forte la voglia di lavorare sempre meglio.
    Siamo stati abituati negli ultimi anni a lavorare per inseguire statistiche e sempre di più il lavoro si è svuotato di “umanitá”per diventare astrattamente una rincorsa a cifre e numeri.
    Il lavoro su liste, il lavoro scandito da una capillare rete giapponese di schemi tutti rivolti ad aumentare la produzione in nome di una maggior spersonalizzazione del prodotto.
    E adesso ci è data l’occasione per una volta di abbandonare il rigore dei dati produttivi perchè in questa situazione di disagio la produzione in Smart working verrá processata in modo diverso e finalmente ognuno di noi recupererá quel senso e quella umanitá che è l’altra faccia dei numeri.
    Lavorare di notte per avere un prodotto di mattina, la pratica fatta…come se fossimo dei panettieri che di notte impastano acqua e farina e infornano il pane per sfamare una nazione.
    E cosí di notte cercando momenti di connessione utile in una rete affaticata abbiamo ritrovato il senso del nostro lavoro.
    Lavoriamo per la gente per portare la mattina il pane nelle case.
    Ed il nostro è un lavoro bellissimo che ancora molti di noi amano fare e io di sicuro sono una di quelle.

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