Dolce, salato, inebriatoRubriche

Con una medaglia d’oro per “O Scuru O Scuru” – vibrante Etna rosso Doc del 2017 – e due d’argento assegnate dal “Decanter Wine World Awards 2020” – il concorso enologico più importante al mondo, promosso dall’omonimo wine magazine – Al-Cantàra di Randazzo porta a casa un bottino tra i più prestigiosi, in termini di punteggio complessivo (280 punti), fra tutte le cantine dell’Etna che hanno partecipato a Londra all’annuale competizione.

Nel dettaglio: medaglia d’oro e 95 punti su 100 per l’Etna Rosso DOC ‘O Scuru ‘O Scuru 2017, ottenuto da grappoli del vitigno etneo per eccellenza, il nerello mascalese, raccolto a mano da antichissimi ceppi prefillossera sparsi a macchia di leopardo nella tenuta e qui vinificato in purezza;

le medaglie d’argento sono invece per Luci Luci 2018 (Etna Bianco Doc da uve carricante, altra cultivar autoctona dell’Etna a bacca bianca) con 93 punti e per ‘A Nutturna 2018 (IGP Terre Siciliane, bianco di nera da uve di nerello mascalese vinificate in bianco) al quale sono stati assegnati 92 punti.

In gara al Decanter 2020 oltre 16mila vini da tutto il mondo che le giurie internazionali, composte da oltre cento esperti, hanno degustato alla cieca. Oltre 30 le etichette dell’Etna premiate. Tutti i risultati sono consultabili qui.

Pucci Giuffrida

“Ancora una volta l’Etna e i suoi vini d’eccellenza, e fra questi i tre di Al-Cantàra, conquistano i punteggi più alti della competizione – commenta Pucci Giuffrida, titolare dell’azienda di Contrada Feudo Sant’Anastasia, a Randazzo, versante nord del vulcano – una conferma di come il nostro territorio, con l’unicità del suolo vulcanico e il microclima delle varie contrade incida positivamente e in maniera originale sulla spiccata identità di ogni produzione. Siamo grati al gran lavoro di tutti: dalla meticolosa gestione della vigna, con interventi mirati sul singolo ceppo in ogni fase fenologica, dalla potatura alla raccolta, fino a quello successivo in cantina. Grande professionalità ma anche tanto intuito da parte del nostro enologo, Salvo Rizzuto, formatosi ad Alba, la cui cura maniacale e sartoriale di ogni processo, supportato da strumentazioni di nuova generazione (come la pressa soffice ad azoto, che riduce l’ossidazione del mosto e di conseguenza i solfiti), ci ha consentito di ottenere grandi vini, la cui qualità è riconosciuta in competizioni internazionali durante degustazioni alla cieca. Tra tradizione e innovazione, il nostro obiettivo – spiega Giuffrida – è stato sempre quello di far esprimere il territorio, esaltando le caratteristiche organolettiche delle nostre varietà autoctone come il nerello mascalese, il nerello cappuccio e il carricante. Allo stesso tempo, ci affidiamo alla tecnologia per migliorare l’espressione delle singole cultivar. Condivido questa gioia con le donne e gli uomini di Al-Cantara, un grande team di lavoro che si prepara alla fatica della imminente vendemmia con l’euforia e la soddisfazione di veder premiato l’impegno di tutti”.

Fra le imminenti novità di Al-Cantàra ci sono la Grappa e le “bollicine”, ossia lo Spumante extra-brut metodo classico Etna Doc, che sta completando in questi mesi il ciclo di quattro anni di maturazione. Entrambi ottenuti da uve di nerello mascalese – e nel solco della sperimentazione – amplieranno il ventaglio di declinazioni di questa versatile cultivar dell’Etna che Al-Cantàra dal 2020 traduce in ben otto differenti produzioni.

NOTIZIE SU AL-CANTARA www.al-cantara.it

Al-Cantàra è una fiorente azienda vitivinicola nata nel 2005 a Randazzo, in Contrada Feudo Sant’Anastasia (versante nord occidentale del vulcano Etna, a 600 mt di altitudine e a pochi passi dal fiume e dalla Riserva naturale dell’Alcàntara), dall’amore e dalla caparbietà del commercialista catanese Pucci Giuffrida che, appassionato di letteratura e teatro, ha ispirato tutta la produzione – vini Etna Doc, Sicilia Igp, passito e un olio extravergine d’oliva da nocellara etnea – a etichette che evocano poesie, romanzi e opere di scrittori e commediografi siciliani, tanto da essersi guadagnato l’appellativo di “vigneron letterario”. Grande cura anche nell’immagine delle bottiglie, con raffinate etichette affidate all’estro creativo di giovani illustratori come Alfredo Guglielmino e Annachiara Di Pietro. Tutta la filosofia Al-Cantàra è ispirata al concetto della tradizione vitivinicola etnea nel rispetto del territorio, nella tutela del paesaggio – che qui vede tre straordinarie torrette o “Piramidi dell’Etna” – e della sostenibilità degli impianti, con la gestione in verde della vigna, la raccolta a mano delle uve e l’avvio della conversione al bio di alcune cultivar, come il carricante. Una cura meticolosa che prosegue anche nell’ultima fase, cioè quella dell’imbottigliamento con una linea di produzione all’avanguardia che permette di lavorare, come nella pressa, con l’azoto. Con il doppio beneficio di ridurre l’uso dei solfiti e documentando valori sotto i limiti del biologico.

Mentre prosegue la sperimentazione sul nerello mascalese, il vigneto per antonomasia dell’Etna, oggetto di un continuo lavoro di ricerca e progressiva valorizzazione da parte di Al-Cantàra che, dal calice al flute, si avvia a declinarlo in otto differenti proposte.

AL-CANTARA E IL MONDO DELL’ARTE. IL MUSEO

Negli anni Al-Cantàra ha promosso la conoscenza della sua produzione e, per inciso, della cultura del vino dell’Etna, con concorsi fra artisti per realizzare etichette originali destinate ad aste di beneficenza. Una ricca selezione di queste opere – etichette, bottiglie e tappi, alcune firmate da Oliviero Toscani, Ferdinando Scianna, Bruno Caruso, Alessandro Bronzini etc. – è confluita nell’originale Museo realizzato in un edificio rurale dell’azienda, dalla cui terrazza si ammira il profilo fumante dell’Etna e, ai suoi piedi, le ordinate distese ordinate di filari delle vigne Al-Cantàra

CURIOSITA’: IL PAESAGGIO CON LE “PIRAMIDI DELL’ETNA”

Fra le curiosità dell’azienda Al-Cantàra, la presenza fra le vigne e gli ulivi centenari, di tre colossali “Piramidi dell’Etna”, misteriose costruzioni rurali la cui origine e funzione divide gli alcuni studiosi. Mentre, secondo la tradizione popolare, si tratterebbe di pietraie “razionali”, realizzate dai contadini per dare una collocazione stabile – ed esteticamente coerente, tanto da far pensare a installazioni di land art – ai sassi strappati alla terra durante le periodiche operazioni di spietramento dei terreni di origine vulcanica.

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