Alla sala Verga di Catania, alla ripresa dell’attività con il primo dei cinque appuntamenti del cartellone estivo “Evasioni” del Teatro Stabile etneo, è ancora in scena (fino al 27 maggio) l’atto unico dell’autore, attore e regista palermitano Rosario Palazzolo, “A cirimonia”, sottotitolata “L’impossibilità della verità”, già vincitrice del Premio dell’Associazione Nazionale dei critici, diretta e interpretata da Enzo Vetrano e Stefano Randisi, già lo scorso anno applauditi al “Platamone” di Catania con “Lu cori nun invecchia”, lavoro sulle opere di Nino Martoglio. E’ una produzione del Teatro Biondo di Palermo, Teatro Stabile di Catania e Società Cooperativa Le Tre Corde, in collaborazione con la Compagnia Vetrano-Randisi.
“A cirimonia” è uno spettacolo ambiguo, accattivante, suggestivo incentrato sul tema della verità, dei ricordi o meglio di determinati fatti del passato che, forse, è meglio rimuovere o nascondere tra l’affollarsi dei nostri pensieri o tra la polvere di un magazzino di vecchi oggetti (giradischi ombrelloni, sedie, cassettoni). Tutto materiale ammassato, magari buttato lì per caso o per qualche oscuro motivo e che ritroviamo sulla scena di Mela Dell’Erba (che cura anche i costumi), illuminata o oscurata dall’azzeccato gioco luci di Max Mugnai.
Un contesto disarticolato, sospeso, in una atmosfera beckettiana, strizzando l’occhio a Pinter, Pirandello e Ionesco, tra la filastrocca di una bambina (“Mi chiamo Lola, e son spagnola, / per imparare l’italiano vado a scuola, / la mia mamma è parigina, / il mio papà è imperatore della Cina”…) e la voce roca, cattiva, agitata, di un uomo (un padre, un fratello?) che legge da un giornale cruenti fatti di cronaca (l’assassinio di una donna con due coltellate al torace, due morti nello scontro fra un autotreno e un’automobile) che confondono e fanno venire i brividi, interrompendo una piacevole canzone cantata da Raffaella Misiti, vede protagonista una coppia strana, particolare (“U masculu” e “A fimmina”), pronta a celebrare – con tanto di torta e candelina ed abiti per l’occasione (uno con giacca da smoking su canottiera e pantaloni e l’altro con abito da sposa e una parrucca) – una cerimonia (anniversario, compleanno), così come ogni anno, il primo del mese (non si specifica quale), montando il surreale gioco del “Io mi ricordo” per portare a galla qualche episodio della loro vita vissuta. I due protagonisti prima di festeggiare e tagliare la torta tentano di fare emergere dal loro oscuro archivio della memoria un passato, un ricordo, un avvenimento, che, probabilmente, è stato rimosso perché difficile da accettare. Ad un certo punto, rovistando tra le cianfrusaglie di quella stanza magazzino, senza nome e tempo, tra un arco intrecciato di fiori e davanti ad un tavolo e due sedie, dialogando con un dialetto amaro e piacevole, i due si scambiano i ruoli e ripartono all’improvviso, vista l’impossibilità di far emergere la verità, con il loro grottesco gioco del “Io mi ricordo”, per completare la loro amara, ambigua e spiazzante “Cerimonia”, dove tanti sono i dubbi e le domande che restano senza risposta, consegnando ad ognuno di noi la consapevolezza di una vita aspra, dove quasi sempre la verità, annegata in un passato nebuloso, difficilmente riaffiora.
Testo di grande pathos e raffinatezza quello di Rosario Palazzolo e che riesce a mettere assieme, a mescolare realtà e apparenza, presente e passato, quotidianità e sogno, consapevolezza e follia. La messa in scena, ben diretta dai protagonisti, i sincronizzati Enzo Vetrano e Stefano Randisi, alterna momenti di ironia ad altri drammatici e misteriosi. Intriganti la scena ed i costumi di Mela Dell’Erba, le musiche ed i suoni di Gianluca Misiti e le luci di Max Mugnai che fotografano con efficacia i diversi momenti e stati d’animo dei due protagonisti. Dolci le canzoni cantate da Raffaella Misiti (apprezzabile la versione italiana di “Lately” di Stevie Wonder, brano preferito- in sottofondo – della insolita coppia) e spiazzanti le filastrocche dei piccoli Alberto Pandolfo e Viola Palazzolo e le voci di Rosario Palazzolo.
Alla fine gli applausi degli spettatori per una storia tutta da scoprire e che lascia dentro tanti interrogativi sulla forza del passato, dei ricordi, del tempo andato, soprattutto quello più buio e che si vorrebbe volutamente insabbiare. Si replica fino al 27 maggio, ore 17.15, alla Sala Verga di Catania.