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Come secondo appuntamento del cartellone estivo “Evasioni”, alla ripresa dell’attività, il Teatro Stabile di Catania, in collaborazione con Fabbricateatro, ha proposto per dieci serate (20-30 maggio), al Palazzo della Cultura di Catania, la pièce di Nino Martoglio, “L’ultimo degli Alagona”, nell’adattamento di Nino Bellia e Alessando Napoli, testo inedito e mai pubblicato, rappresentato il 9 aprile 1908 dalla Compagnia Ermete Novelli al Teatro Filodrammatici di Milano ed oggi tornato in scena per la regia di Elio Gimbo. Una messinscena che consente alla città, allo Stabile etneo, di celebrare due anniversari (1921 – 2021): i cento anni dalla morte, tragica, di Nino Martoglio e i cento anni dalla nascita, ad opera di don Gaetano, della storica Marionettistica Fratelli Napoli.

Una scena – Ph. Antonio Parrinello

“L’ultimo degli Alagona”, scritto nel 1908 da Nino Martoglio, in tre atti ed in lingua, nell’attuale edizione e nell’adattamento tutt’altro che agevole e con mille insidie di Nino Bellia ed Alessandro Napoli, con le elaborate invenzioni e le direttive registiche di Elio Gimbo, è un complesso atto unico di circa 90’, recitato in un misto di dialetto con inflessioni catanesi, palermitane e napoletane. La spettacolo è caratterizzato dall’uso combinato di attori e pupi della prestigiosa Marionettistica Fratelli Napoli, che, anche stavolta, da il meglio, dimostrando sempre più maturazione ed eccellenza nel proprio settore. La pièce, nel sovrapposto e duplice piano di rappresentazione, che, a tratti, confonde e disorienta, vede quindi pupi -piccoli e grandi (Don Artale e il principe Blasco)- ed attori in carne e ossa che interagiscono e recitano insieme. Ed ancora una volta “Lo spirito divino entra in noi e si fa pupo..”, come sosteneva Luigi Pirandello nel suo “Berretto a sonagli”.

Nino Martoglio con il suo testo riesce a dare spazio ai fatti della storia e addirittura della cronaca e porta in scena il contrasto familiare tra il discendente di una nobile casata siciliana, il principe Blasco ed il proprio figlio, il duca Filippo, innescato dai capovolgimenti storici e sociali prodotti nell’isola dall’impresa dei Mille e dagli ideali liberali garibaldini. L’amore sbocciato con la popolana Maria porterà l’irrequieto e immaturo Filippo a entrare in contrasto con il padre, a rinunciare al suo blasone e a fuggire con la giovane per inseguire sogni e ideali di libertà fino all’amaro finale in cui si determineranno i contrasti generazionali, tra le vecchie tradizioni ed il nuovo che avanza. Il pubblico assiste e vede scorrere lotte di classe, amori tra giovani, epoche storiche che vanno dallo sbarco in Sicilia di Garibaldi alla Chanson de Roland, all’eterno ritorno di personaggi-simbolo quali l’eroe, il traditore, in una collocazione variopinta e di grande suggestione, nella consapevolezza di un cambiamento solo annunciato e ventilato, ma mai volutamente realizzato, così come insegna “Il gattopardo” di Tomasi di Lampedusa. Ieri come oggi…

I protagonisti del lavoro- Foto Antonio Parrinello

Il poderoso dramma storico e sociale si apre con la voce di grande effetto di Cinzia Caminiti (nei panni della intensa Violante, fantesca di casa Alagona e che ne conosce ogni segreto) e poi propone allo spettatore incursioni nel canto, nel teatro danza, che attraversa varie epoche, mescolando anche diversi codici musicali, con un tappeto sonoro, non sempre ben compreso, che lascia spazio ad affinità tra sound siciliano e sudamericano, facendo convivere ed intrecciando canti garibaldini con “Arriba quemando el sol” dei mitici Inti Illimani e “Condor pasa” con “U muccaturi” (Canto d’amore per Blasco, testo di Cinzia Caminiti, su musica degli Inti Illimani, adattamento di Nicoletta Nicotra). Sulla scena tutto è orchestrato, con grande competenza e professionalità, dal maestro Fiorenzo Napoli che guida la sua affiatatissima squadra (Alessandro Napoli, Davide Napoli, Dario Napoli, Marco Napoli, Agnese Torrisi, Giacomo Anastasi) con un continuo parallelismo tra epoche diverse tra attori e pupi, dove tutti danno il meglio in una scena impreziosita dal lavoro (il colorato murales posto sul fondo) dello scenografo Bernardo Perrone e dagli splendidi teli-fondali e dalla magica attrezzatura della Marionettistica Fratelli Napoli. Presenza fondamentale ed esplicativa nello spettacolo, abile a far riflettere e sorridere, a ricordare le dispute dei paladini di Francia, l’annosa sfida tra Catania e Palermo, a parlare di fame e miseria, di scuro e luce del teatro, è la figura di Peppininu do’ Futtinu, una sorta di portavoce ed inviato dell’autore, il maestro Nino Martoglio. Ben si disimpegnano gli attori in carne e ossa con i loro corrispondenti pupi: Cinzia Caminiti è la voce poderosa nel ruolo della protettiva Violante, cugina di Peppininu, Lucia Portale è l’energica e tenera Maria, desiderosa di cambiare il mondo e la società e Francesco Bernava veste con brio i panni del duca Filippo, ultimo degli Alagona che da giovane benestante e fricchettone lascia tutto per andare incontro al nuovo ed ai suoi ideali.

La Compagnia a fine spettacolo – Foto Antonio Parrinello

Spettacolo di sicura presa, che colpisce per i suoi molteplici colori, per i suoi movimenti, per la straordinaria vitalità dei pupi dei Fratelli Napoli che interagiscono con gli attori in carne e ossa. Certamente una conoscenza più approfondita del testo, ricordiamo inedito e rappresentato nel lontano 1908, avrebbe potuto aiutare lo spettatore a meglio comprendere alcuni passaggi del lavoro, l’amaro finale, la sovrapposizione temporale e l’interscambio tra pupo e attore che non sempre vengono decodificati facilmente da chi sta in platea.

Un lavoro di squadra dove maestri pupari (manianti, parraturi), attori, scenografo, regista ed adattatori del testo hanno cercato di incontrarsi, ognuno con le proprie idee e teorie, realizzando uno spettacolo nuovo ed antico allo stesso tempo, che mantiene inalterata la forza del patrimonio culturale della tradizione e che, alla fine, ha riscosso i consensi del pubblico che ha applaudito e premiato il notevole sforzo della compagnia.

E concludo la mia riflessione sullo spettacolo con la saggezza di Peppininu do’ Futtini che si lascia andare ad una sua amara considerazione, ovvero: “Tuttu cancia, ppi non canciari nenti”.

Lucia Portale, Cinzia Caminiti e Francesco Bernava (Ph. Antonio Parrinello)

La scheda

“L’ultimo degli Alagona”di Nino Martoglio – 1908

Atto unico nell’adattamento di Nino Bellia e Alessandro Napoli

Regia di Elio Gimbo

Con Francesco Bernava, Cinzia Caminiti, Lucia Portale; la Marionettistica Fratelli Napoli (Alessandro Napoli, Fiorenzo Napoli, Davide Napoli, Dario Napoli, Marco Napoli, Agnese Torrisi, Giacomo Anastasi)

Aiuto regia Simone Raimondo, Scenografie Bernardo Perrone

ProduzioneTeatro Stabile di Catania in collaborazione con Fabbricateatro

Palazzo della Cultura – Catania – 20-30 maggio 2021 – Cartellone “Evasioni”

Foto di Antonio Parrinello

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