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Un lavoro, quello sapientemente elaborato dall’autore Salvatore Longo Minnolo, che propone una sintesi della vera Vita di San Filippo d’Agira fondata sull’agiografia più antica del Taumaturgo risalente al IX secolo, risultati della ricerca sull’origine del culto a Calatabiano provenienti da documenti pergamenacei del XIII secolo e su quelli emergenti ottenuti da una inaspettata nuova fonte archivistica.

Il contributo rivisita la prima forma di ritualità attestata dalla letteratura al tempo in cui era in piena attività la “chiesetta campestre” di San Filippo di Agira, centro focale della manifestazione del culto, ma anche causa prima di una controversia giurisdizionale secolare sulla proprietà della tenuta in cui sorge, per contrastanti interessi.

Non succede spesso che, spiega l’Autore nella premessa, casualmente, si apprenda dell’esistenza di una fonte inedita su un aspetto del lavoro che si pensa essere concluso e che si sta per rilasciare all’editore. E stato così che nel luglio del 2018 padre Giuseppe La Giusa, parroco della chiesa di San Filippo di Agira, nel corso di un colloquio sui contenuti di uno dei diversi siti web che danno notizie più o meno proprie sul culto del Santo nei vari centri dove è presente, mi comunicò che nella sezione cartacea dell’Archivio Storico della sua e mia Parrocchia, esisteva un volume di carte sciolte che riguardava il culto di San Filippo a Calatabiano. La notizia mi riuscì particolarmente gradita poiché pensai che avrei potuto avere con le nuove carte il richiesto riscontro alle mie conclusioni sul tempo e il contesto nel primo manifestarsi del culto e sulle spettacolari ritualità della calata e dell’cchianata culto del Presbitero orientale nel centro catanese”.

La mia meraviglia è stata grande, sottolinea ancora Salvatore Longo Minnolo, nello scoprire che le molte carte non solo validavano la tradizione dell’esistenza del culto nel XV secolo con una ritualità diversa dall’attuale, ma anche aggiungevano nuovi dati e nuove conoscenze. Davano corpo alla tradizione orale dell’esistenza di una chiesa intitolata al Santo venuto dall’Oriente, della quale si era perduta memoria, in un sito nel quale nel declinare del medioevo e sul nascere dell’età moderna si concentrava il culto dei Calatabianesi”.

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