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I personaggi della storia, specie quelli mitici e famosi, vengono ricordati per le grandi imprese che portano il loro nome, ma non sempre si fa luce sulla loro dimensione umana, personale e sentimentale. Ed ecco il prezioso volume di Santi Maria Randazzo, il quale, con i tipi dell’editrice “Albatros”, nella collana “Voci nuove”, ha pubblicato il volume: “Da Staten Island a Marsala: la lunga marcia di Garibaldi”.

La corposa e documentata ricerca, frutto di intensa e diligente lettura dei documenti, trascorrendo intere giornate tra gli scaffali delle Biblioteche Riunite “Civica e Ursino Recupero” ha prodotto un prezioso “monumento” all’Eroe dei due mondi,  generale della spedizione dei Mille, costruttore dell’Unità d’Italia, conquistatore di città che, liberate dal dominio borbonico, entrarono a far parte del Regno d’Italia.

 Nei 23 capitoli condensati in 286 pagine si snoda l’esperienza esistenziale del Generale Giuseppe Garibaldi, il cui nome è ricordato nelle strade, piazze, ospedali, scuole e monumenti in quasi tutte le città d’Italia.

A Catania tre sono i segni che ricordano Giuseppe Garibaldi: l’ospedale Garibaldi in Piazza Santa Maria di Gesù ed anche il “Garibaldi nuovo” nel quartiere di Nesima;  il maestoso arco di trionfo  

 costruito nel 1768 da  Stefano Ittar  e Francesco Battaglia per commemorare le nozze di re Ferdinando III di Sicilia e Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, arco detto, appunto “Porta Ferdinandea”.

Il monumento, simbolo di Catania, dopo il 1860 fu denominato: “Porta Garibaldi” e da lì prende inizio la Via Garibaldi che conduce in piazza Duomo.

Nei pressi dell’ingresso di Villa Bellini nel bivio tra via Etnea e via Caronda, si erge

la statua bronzea di Garibaldi, alta circa 7 metri, opera dello scultore Ettore Ferrati, collocata nel 1911.

La scritta riportata nel basamento riprende le parole che Giuseppe Garibaldi pare abbia detto appena arrivato a Catania il 31 maggio 1860 “Trovammo Vulcano di patriottismo, uomini, denaro, vettovaglie per la nuda mia gente.” ed è noto l’intervento di Giuseppa Bolognara, detta “Peppa ‘a Cannunera”, la quale nei pressi di Piazza Università fece esplodere un cannone contro i soldati borbonici.

L’episodio è raccontato nel volume con dettagliate e particolari espressioni che testimoniano la tenacia ed il coraggio intraprendente delle donne siciliane.

Nel volume viene altresì pubblicato il “Proclama di Garibaldi alle donne italiane”, centrato sulla libertà “difficile da conquistare e ancor più difficile da conservare”. Emanato da Messina il 3 agosto 1860 il “Proclama” resta un documento di appello all’amor di Patria e al reclutamento dei soldati per la comune causa dell’Unità d’Italia.

Nel racconto delle diverse tappe della “spedizione dei Mille” l’Autore descrive con cura e dovizia di particolari, seguendo anche il filone romanzesco, il soggiorno del generale e dei suoi uomini a Palermo e nei diversi centri dell’Isola prima di arrivare a Catania, dedicando ampio spazio alla sosta di Garibaldi a Motta S. Anastasia, suo paese di residenza.

La descrizione delle giornate trascorse a Motta, prima di entrare a Catania è arricchita di documentate testimonianze costellate da puntuali collegamenti storici su luoghi e personaggi, sulla speciale accoglienza riservatagli e sulla descrizione dei luoghi fatta a Garibaldi da don Alfio Tricomi, nonché l’elencazione delle gustose pietanze preparate da Turiddu, “discendente” del cuoco di corte di Re Martino e della Regina Bianca di Navarra.

Dettagliate citazioni di documenti illustrano le vicende di annessione della Sicilia al Piemonte e poi l’arrivo a Napoli, l’invasione delle Marche e dell’Umbria, gli scontri con le truppe del Papato.

Il volume si chiude con la lettera di Garibaldi a conclusione della sua impresa “che meritò il plauso del mondo”.

Luci e ombre si alternano nella storia del condottiero, generale, dittatore, “cavaliere dell’umanità” come l’ha definito Edoardo Salmeri nel suo poema italico presentato in Campidoglio il 22 aprile 1971 in occasione delle celebrazioni del centenario della morte di Garibaldi, come dimostrano numerosi studi storici e letterari.

Il volume di Randazzo impreziosisce la bibliografia di un personaggio tanto ammirato e a volte contestato,

Nel 1911 i catanesi restii a dimenticare lo sterminio di uomini, donne e bambini che l’Unità d’Italia aveva determinato nel territorio etneo e che Garibaldi si era impossessato di una terra non sua, cambiando perfino i nomi ad alcune opere già presenti in età borbonica, dimostrarono disappunto all’iniziativa del Sindaco Giuseppe Pizzerelli. che acquistò a basso prezzo la statua di Garibaldi,

Il monumento era stato commissionato allo scultore Ettore Ferrari per celebrare l’indipendenza dell’Uruguay, ma non era piaciuto agli uruguayani che lo rispedirono in Italia.

  Nel 1911, la fonderia Bastianelli di Roma decise di diramare una circolare a tutti i Comuni d’Italia: “Statua di Garibaldi offresi” ed il Sindaco Pizzerelli, amico dello scultore Ferrari, l’acquistò e, demolendo l’antico chiosco-edicola, la collocò “impacchettata”, in attesa dell’inaugurazione dell’Esposizione Agricola Siciliana.

 Come si legge nell’Enciclopedia di Catania-Tringale Editore- “un violentissimo temporale spazzò via gli stracci che coprivano la statua di Garibaldi e non ci fu nessuna “festa inaugurale”!

Giuseppe Adernò

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