Cronaca

Una volta considerata la “pecora nera” d’Italia nel settore dei rifiuti, oggi la Campania si avvia ad essere considerata invece una eccellenza, grazie a scelte politiche e tecniche che hanno affrontato nell’ultimo decennio il problema a 360° gradi “al di fuori di contrapposizioni ideologiche e con scelte lungimiranti, che hanno portato da un lato alla crescita esponenziale della differenziata, prossima ormai al 60%, e dall’altro all’utilizzo di un termovalorizzatore, quello di Acerra, che in 10 anni ha trattato quasi 8 milioni di rifiuti”, producendo energia per oltre 200 mila famiglie ed una stima di emissioni di Co2 risparmiate di quasi due milioni di tonnellate.

Questi alcuni dei dati presentati oggi nel corso del seminario “Gestione dei rifiuti in Sicilia: come uscire dalla crisi?” organizzato alla Facoltà di ingegneria dall’Associazione Italiana di Ingegneria Chimica (AIDIC), insieme alle Università di Palermo, Salerno e Catania, all’Associazione Ingegneria Ambiente e Territorio e all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Palermo.

Un convegno, spiegano gli organizzatori, innanzitutto formativo perché rivolto al corpo studentesco dell’Università, ma anche destinato a “sfatare una serie di falsi miti legati al tema dei rifiuti, a partire dal fatto che non si può riciclare tutto perché ci sono dei limiti tecnici e poi, soprattutto, che non è possibile parlare di “rifiuti zero” perché ci sono sempre degli scarti che vanno gestiti.”

Da Giuseppe Caputo, docente di ingegneria chimica all’Università di Palermo e coordinatore siciliano dell’Associazione degli Ingegneri Chimici, viene l’invito a “valutare tutte le soluzioni possibili, senza cercare una chiave unica per risolvere i problemi.

“I termovalorizzatori – spiega – sono certamente una delle soluzioni in campo, ma l’errore da evitare è quello di considerarli come l’unica soluzione. Quello che serve è un approccio tecnico e scientifico, libero da condizionamenti ideologici. Servono tante azioni e sinergie istituzionali, da mettere insieme responsabilmente per ridurre la quantità dei rifiuti, aumentare quelli che vengono riciclati come una risorsa che produce materie utili e infine avviare alla termovalorizzazione, per produrre energia e ridurre al minimo gli scarti.”

In Sicilia invece, nonostante negli ultimi anni si sia registrato un aumento della raccolta differenziata e soprattutto la città di Messina abbia registrato un forte incremento (nel 2020 si è superato il 50% di differenziata), siamo ancora molto lontani dai dati nazionali, con le due principali città metropolitane, Catania e Palermo, ferme al di sotto del 20% e milioni di tonnellate di rifiuti che ancora vengono conferiti in discarica. Nonostante questo, per gli organizzatori del convegno, “l’autosufficienza a livello regionale nella gestione dei rifiuti non è affatto una chimera, purché si basi su un modello di pianificazione che comprenda tutte le fasi del processo: dalla prevenzione alla raccolta, dalla selezione al riciclo con trattamento e valorizzazione termica, relegando lo smaltimento in discarica alla sola frazione residuale. È urgente acquisire una visione strategica a livello politico ed economico, rinunciando alle pericolose illusioni che portano spesso ad un immediato consenso ma si rivelano poi la premessa o la concausa di ritardi, inefficienze ed emergenze ripetute.”

“Per rendere concreto anche in Sicilia un vero ciclo integrato dei rifiuti – conclude Caputo – è necessario ricorrere a buone pratiche, prima fra tutte quella di far comprendere ai cittadini che il “rifiuto” non è appunto un rifiuto da abbandonare ma una risorsa da valorizzare attraverso le tecnologie più moderne ed opportune.”

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