Dolce, salato, inebriatoRubricheSpettacoloTeatro

Si intitola “Raiju di Bellicza” – raggio di bellezza – ed è un verso estratto da una raccolta di inediti del poeta siciliano Antonio Veneziano (Monreale 1543 – Palermo 1593) che, dopo aver dato il titolo a un progetto teatrale di musica e parole che debutta a Catania il 25 giugno, diventerà la prossima etichetta da collezione (Etna Bianco DOC, 2021) delle cantine Al-Cantàra di Pucci Giuffrida, vigneron col pallino dell’arte e della letteratura.

Locandina spettacolo (grafica Simone Fasanaro)

Il primo appuntamento è per sabato 25 giugno, quando all’Istituto Ardizzone Gioeni (ore 21) debutterà “Raiju di Bellicza. L’ultimo volo di Antonio Veneziano”, melòlogo inedito con testi di Francesco Randazzo (autore di un volume sul poeta) affidati ad Alessandro Idonea e le musiche del M° Carmen Failla eseguite dall’ensemble Broken Consorts: Loredana Sollima (flauto), Rosaria Milici (violino), Raffaella Suriano (violoncello), Angela Minuta (arpa), Filippo Fasanaro (percussioni), Francesca Laganà (voce). Biglietti sul circuito Box Office QUI

E se non sorprende la dedica al poeta, consuetudine abituale per Al-Cantàra che ne ha fatto la cifra distintiva della sua produzione ispirata a scrittori siciliani, è certamente originale e imprevedibile l’episodio che ha portato Giuffrida sulle tracce di Veneziano. Considerato dagli studiosi il “Petrarca di Sicilia”, poeta – ma anche dongiovanni e avventuriero dalla vita rocambolesca e dal carattere ribelle che in punta di penna e in rima si faceva beffe dei potenti – Veneziano fu persino rapito dai pirati e tenuto prigioniero ad Algeri dove conobbe, stringendo con lui un’amicizia fraterna, il papà del Don Chisciotte, lo scrittore spagnolo Miguel Cervantes.

 “Tutto nasce tre anni fa – spiega Pucci Giuffrida – quando mi arriva finalmente fra le mani un manoscritto del tardo 500 che avevo acquistato a Roma nel corso di un’asta. Un’antologia con diversi autori siciliani e fra questi anche alcuni testi che, ad uno studio più attento, non solo vengono attribuiti con certezza al poeta palermitano Antonio Veneziano ma risultano anche inediti. In tutto una ventina di pagine, su oltre quattrocento, che decido di affidare a studiosi dell’Università di Palermo. Nel 2020 la pubblicazione sul “Bollettino del Centro di studi filologici e linguistici siciliani” a cura del filologo Francesco Carapezza e di Gianluca Vecchio, storico ed esperto di libri antichi, che cita appunto le ottave inedite di Veneziano presenti nel mio manoscritto e che aprono un nuovo fronte nella ricerca accademica su questo autore così importante e poco conosciuto. Più di recente l’idea di condividere la poetica di Veneziano con un progetto teatrale originale che includesse la musica e per il quale ho coinvolto Francesco Randazzo, autore del volume “I duellanti di Algeri” in cui racconta l’amicizia in carcere tra Veneziano e Cervantes; mentre la parte musicale è affidata a Carmen Failla, autrice di questo melòlogo che debutta il 25 giugno a Catania. Infine, nello stile di Al-Cantàra e dei suoi vini poetici, è in arrivo un Etna Bianco Doc da collezione, “Raiju di Bellicza”, da uve carricante della vendemmia 2021 in fase di imbottigliamento: un bianco da affinamento, dalla naturale longevità e che non teme il tempo. Sono 1399 etichette numerate e rifinite ad acquerello da Annachiara Di Pietro che sul retro riportano l’ottava da cui abbiamo estratto il verso del titolo. Con l’augurio che adesso Antonio Veneziano, poeta maledetto e ingiustamente caduto nell’oblio, possa essere conosciuto e apprezzato come merita”.

“Raiju di Bellicza. L’ultimo volo di Antonio Veneziano”

Nota dell’Autore, Francesco Randazzo

“I poeti maledetti emanano una fascinazione che passa attraverso le loro opere ma anche e forse soprattutto attraverso le loro vite, tormentate, combattute, destabilizzanti nel loro e nel nostro tempo. Antonio Veneziano (1543-1593), fu uno di loro. Giovane di brillante intelligenza, dalla natia Monreale, viene mandato a studiare a Palermo, poi a Messina, infine a Roma presso il Collegio dei Gesuiti. Coltissimo ma inquieto, grazie alla sua parte di eredità lasciatagli dallo zio arciprete, rinuncia alla carriera ecclesiastica per tornare a Monreale e cominciare quella che sarà la sua avventurosa e scapestrata vita. S’innamora della giovane nipote, che ne accetta i denari ma non corrisponde al sentimento di Veneziano; rapisce un’altra fanciulla, ha tresche amorose con varie nobildonne e popolane, nubili o sposate; è accusato, insieme ai fratelli di omicidio, inganna, truffa, litiga continuamente. Scrive trattati in latino, epistole, invettive, componimenti poetici d’amore o satirici in siciliano, contro nemici personali o più in generale contro il potere costituito. S’imbarca per la Spagna ma viene rapito dai pirati musulmani e portato in Algeri, dove rimarrà per qualche anno e dove conoscerà un altro illustre prigioniero, Miguel Cervantes il futuro autore del romanzo più famoso al mondo, il Don Chisciotte. I due diventano amici, ne sono testimoni poche lettere e alcuni componimenti scritti reciprocamente dopo la loro liberazione. Possiamo solo immaginare quale scintillare d’ingegno in conversazione i due abbiano creato nei loro incontri. Certo è che Veneziano compose la maggior parte della sua più nota opera poetica, la Celia, proprio in Algeri.

Tornato a Palermo, grazie al riscatto pagato dal Senato cittadino, Veneziano riprende la sua vita sregolata, rafforzando tante leggende intorno a lui, che è detto il “Petrarca di Sicilia”, ma conclude la sua vita prigioniero alla fortezza del Cassaro dove, in seguito all’esplosione della polveriera, trova la morte.

Il melologo “Raju di Bełłizza” parte proprio da qui, nel momento in cui tutto esplode e Veneziano nel trapasso, vola, rivede tutta la sua vita, si racconta un’ultima volta, regala al mondo la sua verità e le sue contraddizioni. Si viaggia così tra le sue inquiete avventure e le risonanze di lingue, suoni, melodie e canti del bacino del Mediterraneo, che esaltano la ricchezza sonora di un crogiuolo espressivo che è l’anima del poeta, della Sicilia e del mondo, giungendo fino a noi come un’eco che dal passato giunge fino al nostro presente e ad esso appartiene. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post