SpettacoloTeatro

Mercoledì 29 e giovedì 30 giugno, alle ore 21, al Cortile della Biblioteca Navarria-Crifò di Catania in via Naumachia 18, avrà luogo la performance conclusiva della Scuola-Laboratorio di recitazione del Teatro del Molo 2, creato e diretto da Gioacchino Palumbo.

Un appuntamento atteso, dopo due anni di forzato silenzio con il pubblico dal vivo, ma non con le attività di formazione e di ricerca che questo storico Laboratorio di Arte drammatica (oltre 40 anni di vita: un record europeo!) non ha mai smesso di praticare, anche on-line. Ed è stata, quella del maestro Palumbo, una pratica di resilienza e di passione che conduce oggi i suoi allievi a Fare memorie. È questo il titolo di uno spettacolo, da cui emergono due aspetti. In primo luogo, il “fare” che lega l’atto del memorizzare (così lo si intende nel gergo teatrale) non solo o non semplicemente all’azione della memoria ma più concretamente all’azione sulla memoria: si tratta dunque di agire la memoria, di viverla, crearla, rievocarla attraverso l’azione. Secondo aspetto, “le memorie”. Perché diverse sono le angolazioni e le sfumature attraverso cui il passato rievocato è declinato nella composizione di uno spettacolo che drammatizza pagine della cultura (poesia, prosa, teatro, cinema) del Novecento e poco più oltre.

Così, nel Prologo, la leggera e disarmante confidenzialità dei versi di Wislawa Szymborska (Vita difficile con la memoria), il più giovane tra i testi agiti dalla memoria, dialoga con la logica narrativa delle calviniane Cosmicomiche, dove presente e futuro sono solo combinatorie delle possibilità non fallite del passato. Seguono i paesaggi interiori e apocalittici in cui Beckett dà riso e parole e ricordi a due sopravvissuti, due relitti umani, vecchissimi e privi di gambe, costretti a vivere dentro due bidoni della spazzatura; e poi l’amore scandaloso di una donna francese per un ufficiale tedesco, il cui ricordo, sceneggiato da Marguerite Duras e diretto da Alain Resnais, nasce da un incontro con un uomo giapponese brevemente amato, e si perde nell’orrore dell’oblio; l’agnizione, dopo anni di lontananza e di esilio, di un’Elettra (riscritta da von Hofmannsthal) che stenta a riconoscere nell’uomo che ha davanti il fratello Oreste, il fanciullo che, ritornato di nascosto nella casa paterna per consumare la sua vendetta, è ora tanto dissimile, come lei per lui, dall’immagine che entrambi conservavano gelosamente nella loro memoria; infine l’esistenzialismo di Ionesco, che descrive la reazione disperata, scomposta e grottesca di un re millenario cui viene annunciata l’imminente scomparsa (il tramonto di un’epoca?), e che impone ai suoi sudditi l’edificazione della sua futura memoria, nessun’altra attività che il ricordarlo. Eccole declinate le memorie di Fare memorie: la memoria come unica possibilità di vita (Finale di partita), la memoria del dolore (Hiroshima mon amour), la memoria come condanna (Elektra), la memoria della memoria (Il re muore).

Ed eccoci all’epilogo. Non poteva che essere affidato ad alcune brevi e intense righe tratte dalla Ricerca del tempo perduto di Marcel Proust: non la pagina famosa della Madelaine ma una conclusiva del Tempo ritrovato, dove le vie carsiche che il tempo scava dentro di noi vengono riportate in superficie dalla salvifica memoria, ormai fatta scrittura, ormai trasformata in arte.

Lo spettacolo, diretto da Gioacchino Palumbo, è interpretato da Elena Alberti, Pietro Calì, Carmelo Castrogiovanni, Lisbeth De Felice, Mario Falanga, Paolo Mancarella, Antonino Santagati, Franca Scardilli, Agata Sciacca, Antonella Trovato.

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