Catania News

Vasta operazione antimafia della Polizia di Catania, coordinata dalla Dda, per disarticolare il clan di Lineri dell’associazione mafiosa Santapaola-Ercolano. Centinaia di agenti, coadiuvati da reparti speciali, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 21 di esponenti di un gruppo di Cosa nostra specializzato nelle richieste di pizzo ad imprenditori e commercianti. Sono circa venti le imprese liberate dal pizzo dopo anni di taglieggiamento. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di estorsione, tentata rapina, ricettazione, intestazione fittizia di beni, tutti reati aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza. Le indagini sono state avviate in seguito al tentativo di estorsione nei confronti di un noto ristoratore catanese che, nell’agosto 2019, era stato ripetutamente minacciato. All’imprenditore erano state anche recapitate due cartucce calibro 7.65. Gli investigatori avrebbero identificato i responsabili in Nunzio Mammino e Alessandro Di Stefano, che farebbero parte di una articolazione territoriale del clan Santapaola – Ercolano, denominata Squadra di Lineri, radicata nell’area nord di Catania e guidata storicamente da Giuseppe Pulvirenti detto “u Malpassotu” e dal genero Giuseppe Grazioso detto “Pippo”.

Le indagini hanno consentito di ricostruire l’organigramma della cosca, il cui vertice sarebbe stato individuato in Girolamo Rannesi, coadiuvato dai fratelli Salvatore e Giuseppe e legato da vincoli di parentela con Giuseppe Grazioso. Allo stesso modo, sarebbero stati identificati i gregari dell’organizzazione, che si occupavano della riscossione delle estorsioni, della commissione di rapine e di altre attività illecite. Gli investigatori hanno sequestrato anche la “carta delle estorsioni”, con l’elenco delle attività commerciali taglieggiate, mascherate attraverso l’indicazione che si trattava di numeri da giocare all’enalotto con l’evidente fine di depistare le indagini. In particolare sono state individuate una ventina di attività imprenditoriali che da anni versavano alla cosca ingenti somme di denaro. A detta degli inquirenti l’organizzazione incassava da ogni imprenditore in media la somma di 250 euro mensili, con un profitto annuale di circa 70mila euro. Il provvedimento restrittivo ha colpito anche i beni patrimoniali degli indagati, disponendo il sequestro di un’attività commerciale, intestata a prestanome ma di fatto riconducibile alla famiglia Rannesi, nonché autoveicoli nella disponibilità dei soggetti organici alla cosca.

“Colpisce – ha sottolineato il direttore centrale Anticrimine della Polizia, il prefetto Francesco Messinain questa indagine, che su 32 estorti, solo 16 abbiano ritenuto di contribuire con le loro denunce all’accertamento della verità da parte nostra. E’ inconcepibile che ancora oggi, nonostante l’efficacia e l’incisività dell’azione di contrasto espletata dallo Stato, esistano parti offese che si ostinano a non denunciare, addirittura dichiarando il falso”.

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