DanzaSpettacolo

Roberto Zappalà ha proposto dallo scorso 9 al 18 dicembre 2022, in prima siciliana, al Teatro Verga di Catania, per la stagione del Teatro Stabile, la sua nuova creazione, reduce dal successo del debutto nazionale, intitolata Kristo (quadri di dubbia saggezza). La regia, i linguaggi del corpo, le luci ed i costumi sono curati da Roberto Zappalà e particolarmente ricercati sono i testi, ovvero una selezione di autori eccellenti a cura e con i raccordi del drammaturgo Nello Calabrò, che da alcuni anni lavora con Roberto Zappalà e la sua Compagnia. Dopo i numerosi spettacoli di danza contemporanea della sua prestigiosa carriera ultratrentennale, stavolta Roberto Zappalà non ha concepito una coreografia ma si è indirizzato al teatro visivo con un approccio che arricchisce di nuovi stimoli e significati la sua produzione. “Kristo” è una coproduzione Teatro Stabile di Catania, Scenario Pubblico Centro di rilevante interesse nazionale, in collaborazione con MILANoLTRE Festival e con il sostegno di Ministero della Cultura e Regione Siciliana – Assessorato del Turismo, Sport e Spettacolo.

Protagonista, in una particolare dimensione di teatro visivo, un uomo che si crede, si immagina Cristo e nel corso della pièce il protagonista/performer (si alternano, con grande intensità, Salvatore Romania e Massimo Trombetta) attraverso l’autoironia, i dubbi, una certa smemoratezza ed inquietudine, con il corpo e la voce, evidenzia una certa forma schizofrenica, un disturbo della personalità.

Una scena – Foto Serena Nicoletti

Durante la pièce non si accenna alla storia di Gesù Cristo, ma bensì si mostrano allo spettatore delle visioni fatte di immagini, suoni e parole che lasciano galoppare l’immaginazione e hanno come punto centrale il corpo del Kristo/performer che si muove, deambula in una intrigante scena che rappresenta una casa/appartamento/palestra, attraverso quadri scenici che si susseguono con soluzioni innovative e coinvolgenti. Troviamo quindi l’irrequieto e misterioso protagonista, il Kristo immaginato da Zappalà, ad utilizzare e distruggere oggetti e l’intera pièce è sorretta dal corpo del performer e dai testi raccontati, recitati al pubblico. L’interprete infatti non recita, ma reagisce e le parole sono la conseguenza di ciò che il suo corpo materializza, fa vedere, in scena. Tutto si svolge in quadri scenici dove immagini e suoni sono accompagnati da parole diverse (tranne in un caso) da quelle dei Vangeli: sono parole, frasi di autori vari, che convergono nella voce e nel corpo del protagonista in scena e che, a tratti, confondono, intrigano, interrogano, il pubblico creando anche una sorta di voluto cortocircuito della parola. Si susseguono quindi citazioni da Kurt Vonnegut, Charles Simic, Wisława Szymborska, Stanisław Jerzy Lec, Michel Tournier, Quino, Gianfranco Ravasi, Olga Tokarczuk, Ryszard Kapuscinski, Richard Feynman, Amadou Hampâté Bâ, Leonardo Sciascia, Daniel Marguerat, Paolo Poli, Stephen Hawking, Jimmie Durham, Blake Edwards, Ron Padgett, Wystan Hugh Auden, Mario Savio, Milan Kundera, Fernand Deligny, Ernest Hemingway.

Un momento della pièce – Foto Serena Nicoletti

Ad inizio spettacolo si osserva il performer/Kristo inginocchiato in preghiera davanti a un sudario con la riproduzione del “Cristo morto” del Mantegna, successivamente è seduto su un water al centro della scena, usato e poi distrutto a colpi di bastone. Lo si ritrova poi a parlare rivolto a un gruppo di dodici sedie – che simboleggiano gli Apostoli -che sposta, dispone e ordina in fila allestendo una specie di Ultima Cena mentre cade una pioggia che si tinge di rosso come il sangue che sgorga dal Redentore in croce. La mente di questo umano e farneticante Kristo – che alla fine parla al telefono con l’idraulico Salvatore chiedendogli di riparare un guasto domestico – è popolata da undici donne vestite da suore con guanti rossi e fruste, immobili e ricoperte di divise o in abiti e parrucche coloratissime di prostitute che lo osservano o che lo accudiscono, spolverano la casa/palestra, puliscono il suo corpo per poi rivestirlo elegante, mentre prima lo avevano sagomato sopra a un manichino come un crocefisso. Questo umanissimo performer allunga anche le braccia aperte e il capo reclinato, recita i suoi Dieci Comandamenti quotidiani mentre si sposta da una sedia all’altra contorcendosi. Le donne in scena sono impersonate da Rebecca Bendinelli, Giulia Berretta, Sofia Bordieri, Andrea Rachele Bruno, Oriana Catania, Laura Finocchiaro, Paola Fontana, Simona Puglisi, Anaelle Spampinato, Paola Tosto, Alessandra Verona selezionate tramite un workshop che il regista tiene con pubblico promiscuo in ogni città dove viene proposto lo spettacolo. Musiche originali e tappeto sonoro sono stati realizzati dal giovane gruppo musicale catanese l’écume des jours.

Lavoro di fine intelligenza e costruzione, con una scelta dei testi, della gestualità e delle musiche davvero apprezzabile. Roberto Zappalà ancora una volta regala una produzione di particolare efficacia, parlando delle inquietudini, della schizofrenia che stanno oggi attraversando l’uomo e la società odierna. Una rappresentazione intrigante nel segno del teatrodanza che miscela il linguaggio del corpo con la recitazione e la visionarietà e che, sia pur con qualche perplessità, raccoglie i consensi del pubblico.

Roberto Zappala

Nel mio Kristo, opera che amplia il progetto Transiti Humanitatis, – spiega Roberto Zappalà si cerca di sottolineare come, specie in questo momento storico, l’umanità è ostaggio di una schizofrenia galoppante che sta contribuendo alla costruzione di una società dentro la quale non riesco più a rispecchiarmi in pieno. Si sta perdendo lo sguardo reciproco, la modestia dei gesti e la quotidianità dell’incontro. La schizofrenia è il comportamento salvifico di quell’umanità che non riesce più ad afferrare un certo tipo di Mondo ormai sfuggente, opaco e inquietante. Pur con tutto ciò rimango un ottimista inguaribile“.   

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