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La Sala Verga di Catania, per la stagione di prosa 2022/2023 del Teatro Stabile di Catania ha ospitato, dal 21 al 26 febbraio,la gradevole e leggera commedia “Il delitto di via dell’Orsina”, testo di Eugène Labiche, adattato e diretto da Andrée Ruth Shammah e con l’impianto scenografico a più livelli di Margherita Palli, le luci di Camilla Piccioni, i costumi di Nicoletta Ceccolini e le musiche di Alessandro Nidi. Prodotto da Teatro Franco Parenti e Fondazione Teatro della Toscana, l’atto unico vede come mattatori Massimo Dapporto ed Antonello Fassari nei panni dei due protagonisti, supportati da Susanna Marcomeni, Marco Balbi, Andrea Soffiantini, Christian Pradella e Luca Cesa Bianchi.

Massimo Dapporto e Antonello Fassari in scena

Si tratta di una divertente commedia degli equivoci del’800, con un’ambientazione negli anni ‘40 che propone, in circa 75 minuti, il contrasto tra aristocrazia e popolo, tra senilità e gioventù, facendo emergere una comune voglia di divertirsi senza pensieri o responsabilità. La vicenda vede due ex compagni di scuola reduci da una misteriosa rimpatriata di classe, ricca di goliardia e causa degli eccessi di alcol. Oscar Zancopè (Massimo Dapporto), il “somaro” della classe, oggi ricco uomo sposato con tutti gli agi dell’aristocrazia e Mistenghi (Antonello Fassari), detto il “secchione”, oggi cuoco che vive alla giornata, si risvegliano nello stesso letto, non ricordano che cosa hanno fatto la sera prima ed hanno le mani sporche di carbone. Rimasto ospite a pranzo da Zancopè, Mistenghi portan un po’ della sua romanità. Ad un certo punto Norina, la moglie di Zancopè, legge ad alta voce un giornale, dove è riportata la notizia della tragica uccisione di una donna la sera precedente e la descrizione dell’articolo, gli indizi della Polizia sembrano indicare come colpevoli proprio Zancopè e Mistenghi. I due allora, presi da sensi di colpa, cercano di nascondere le prove contro di loro, non sanno come affrontare la realtà e poi ci si mette pure un cugino acquisito a peggiorare la situazione e che ha visto i due amici in un locale. La rimpatriata pare si sia trasformata in un violento femminicidio, ma poi, invece, si scopre che il giornale che riporta la notizia è di vent’anni prima…

Ancora una scena dello spettacolo

Il lavoro, trasposto dalla Francia perbenista dell’Ottocento all’Italia pre-fascista e conformista del primo dopoguerra, è una satira sulla borghesia ed alterna malintesi ed equivoci a momenti di sospensione che rivelano una inquietudine, una ipocrisia e meschinità tipica dell’animo umano, senza distinzione di classe. La regista Andrée Ruth Shammah, che ha curato anche traduzione e adattamento del testo di Labiche, costruisce uno spettacolo a più livelli di lettura, affrontando con leggerezza temi profondi e attuali, come disorientamento e solitudine.

Spettacolo gradevole, accattivante, grazie all’elegante scena a siparietti e con cambi a vista, curata da Marghertia Palli, agli abiti disegnati da Nicoletta Ceccolini, alle musiche di Alessandro Nidi e alle luci di Camilla Piccioni. Sulla scena applausi per i due protagonisti, Massimo Dapporto e Antonello Fassari, abili a districarsi tra varietà e gag da rivista, supportati da Susanna Marcomeni (Norina), Marco Balbi (Potardo), Andrea Soffiantini (il vecchio servo Amedeo ), Christian Pradella (Giustino) e Luca Cesa Bianchi (l’Uomo-sagoma).

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