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Si è concluso alla Sala Futura di Catania, nell’ambito della stagione di prosa 2022/2023 dello “Stabile” etneo il “Progetto Sciascia” con il divertente e delizioso spettacolo – dall’11 al 14 maggio –“Un caso di coscienza” scritto da Leonardo Sciascia con la gradevolissima e scorrevole regia di Francesco Randazzo.  L’atto unico di circa 70 minuti, autoironico ed allegro, produzione del Teatro Stabile di Catania, si avvale di un impianto scenografico suggestivo e fantasioso, con i colorati costumi di Riccardo Cappello ed il gioco luci di Gaetano La Mela e mostra al pubblico una sorta di affollato magazzino-cantina, con sedie accatastate, sagome, pupi, una vecchia radio, un lampadario ed oggetti vari, dove si muovono, ballano, cantano, recitano, si travestono come dei pupi, i tre brillanti e convincenti protagonisti: l’elegante Marta Limoli ed i mobilissimi Franco Mirabella e Filippo Brazzaventre.

I tre interpreti in scena-Foto Antonio Parrinello

Con il supporto anche di brani musicali vintage, come “Nessuno mi può giudicare” di Caterina Caselli o “Pietre” di Antoine, i tre interpreti, con grande disinvoltura e con un apprezzabile straniamento, raccontano di una particolare e surreale inchiesta operata dal giovane avvocato Salvatore Vaccagnino tra gli abitanti di Maddà, un paesino di provincia, sul misterioso marito cornuto, di cui parla una signora nella lettera a una rivista femminile. L’avvocato, sicuro della fedeltà della propria moglie, mostra la rivista agli amici del circolo che raccoglie tutti i notabili del paese per provocarne la reazione e divertirsi alle loro spalle. Presto i signori coinvolti iniziano a formulare tra loro divertite e velenose ipotesi sull’identità dell’autrice della lettera ma sospettando, in privato, ognuno della propria consorte.

Lo spettacolo, diretto ed allestito con intelligenza e fantasia da Francesco Randazzo, risulta un divertissement particolarmente ironico e tagliente che parte proprio dal noto assunto pirandelliano de “Il berretto a sonagli”, da quel “Pupi siamo, signor Fifì” con la pretesa del rispetto del nostro pupo. Franco Mirabella, Marta Limoli e Filippo Brazzaventre sulla scena, aiutati dai fascinosi e colorati pupi (uno addirittura ha le fattezze dello stesso regista),  portano il pubblico nei singolari meandri dei pettegolezzi e dei pregiudizi paesani, tra la chiacchiera e il diffuso sospetto. Si racconta, quindi, di mascolinità di tutti i pupi maschi e della schiettezza e della maggiore sincerità delle donne che finiscono poi per tenere in pugno uomini, mariti, amanti, sbeffeggiandoli poi con sarcasmo e cinismo. Anche stavolta Leonardo Sciascia punta la sua attenzione sui vizi della piccola provincia siciliana, mettendo in risalto elementi quali l’esaltata mascolinità, la sottovalutazione femminile oltre al pregiudizio e alla presunzione che resistono ancor oggi e che possiamo sconfiggere solo con l’ironia e la risata.

Il saluto finale – Foto Dino Stornello

Spettacolo godibilissimo, ben strutturato e graffiante, con una prova superlativa dei tre interpreti, che ha convinto in pieno gli spettatori che, alla fine, hanno lungamente applaudito la rappresentazione.

Ricordiamo che “Un caso di coscienza” è stato anche un film del 1970 diretto da Giovanni Grimaldi, girato a Zafferana Etnea, con Lando Buzzanca, Antonella Lualdi, Turi Ferro e Saro Urzì. L’omonimo racconto di Leonardo Sciascia che è alla base del film è stato pubblicato in volume da Einaudi, insieme ad altre storie di ambiente siciliano, con il titolo “Il mare colore del vino”, testo pubblicato nel 1973. Una raccolta di racconti scritti da Sciascia tra il 1959 e il 1973 e usciti su giornali, riviste e antologie, tutti ambientati in Sicilia e con protagonisti siciliani.

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