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Quanto sono lontani scienza e caso? Agli antipodi, parrebbe: d’altra parte, l’aleatorietà è una componente del tutto estranea al mondo scientifico, che è tale proprio in quanto dominato da leggi e reazioni prevedibili e verificabili. Non tutti sarebbero però d’accordo, e nel corso degli anni si sono sprecati i tentativi di trovare metodi scientifici che, applicati a sistemi casuali, permettessero di predeterminarne gli esiti. È ovviamente difficile pensare a un contesto migliore di quello dei giochi da casinò allo scopo: un ambiente ludico nel quale mettere alla prova le teorizzazioni scientifiche. Non a caso vi si sono cimentati innumerevoli studiosi, privilegiando soprattutto la roulette: un passatempo il cui successo, giunto inalterato ai moderni tempi di streaming e smartphone, da sempre fa rima con casualità.

I primi comprovati approcci scientifici si rintracciano a partire dagli anni ’40. All’epoca i tavoli erano ormai standardizzati in dimensioni e meccanismi, ma pur sempre interamente meccanici: in quanto tali, potenzialmente dotati di caratteristiche uniche con possibili riflessi sul moto della pallina. Fu proprio questo quanto ipotizzato da due studenti universitari, Albert Hibbs e Roy Walford, che attraverso misurazioni cronometriche ripetute su singole roulette furono in grado di dimostrare come ogni macchina avesse più probabilità di far terminare la corsa della pallina su settore della ruota piuttosto che un altro. Uno studio reso però inapplicabile dal perfezionamento dei tavoli e dall’eliminazione delle più piccole imperfezioni.

Nel decennio successivo fu un’altra coppia di studenti ad approcciarsi alla roulette, applicandovi stavolta le leggi della fisica: Edward Thorp, destinato a diventare famoso per i suoi successivi studi sul blackjack, e Claude Shannon. I due studenti provarono che partendo dalla velocità della pallina e della ruota, cronometrate con numerose prove, e dal settore di partenza, fosse possibile prevedere la zona di arresto della pallina entro ragionevoli probabilità. A tal scopo, misero a punto un calcolatore indossabile che, se funzionava nella teoria, nella pratica rivelava una grossa lacuna: l’impossibilità di concludere i necessari calcoli in tempo utile per piazzare una puntata.

Un mero problema tecnologico dunque, in quanto tale destinato a essere superato con l’avanzare delle tecnologie come sempre accade. Alla fine degli anni ’70 l’ennesima coppia di studenti, composta da J. Doyne Farmer e Norman Packard, prese spunto degli studi dei loro predecessori: riprendendo le idee circa le leggi fisiche e il computer indossabile, decisero di intraprendere la stessa strada potendo però contare su tecnologie di vent’anni più moderne. In effetti, ottennero ottimi risultati: misero a punto un micro computer da alloggiare in una scarpa e da azionare col piede. Questo era collegato a elettrodi che erano in grado di trasmettere informazioni prestabilite vibrando: partendo dal settore iniziale nel quale la pallina iniziava il suo moto, il macchinario si rivelò in grado di approssimare piuttosto correttamente e in tempo utile la zona nella quale la pallina si sarebbe arrestata. Tuttavia, emerse ben presto un problema: il sudore che si creava all’interno della calzatura non andava d’accordo con i delicati componenti elettrici del micro computer, rendendolo in pochissimo tempo inutilizzabile.

Al giorno d’oggi, approcci scientifici simili sono ormai non più replicabili. Ospitata su siti specializzati che ne comprendono diverse varianti, la versione digitale della roulette elimina la possibilità di cimentarsi con analoghi esperimenti: la presenza di algoritmi deputati a garantire una perfetta casualità, e soprattutto l’assenza di qualsiasi minima imperfezione meccanica, sono caratteristiche specifiche della roulette online che rendono inutilizzabile qualsiasi studio in precedenza applicato con esiti soddisfacenti alla moderna versione dell’iconica ruota del casinò. Tuttavia, non mancano approcci che, sfruttando soprattutto la matematica, cerchino di dare un vantaggio al giocatore anche nella roulette in rete. È il caso dei sistemi che, tramite una puntata base come pari/dispari, prevedano che a ogni sconfitta si debba ripetere la stessa puntata raddoppiando la posta: in termini matematici, presto o tardi la puntata dovrà avverarsi, permettendo di non perdere nulla. Tuttavia le possibilità non sono esattamente pari tra le due alternative: la roulette prevede uno zero, addirittura un doppio zero nella versione americana, che fa pendere leggermente le probabilità a favore del banco.

La moderna roulette, insomma, sembra aver consegnato alla storia gli approcci scientifici a ruota e pallina; non è comunque riuscita a intaccarne il fascino, in una sfida tra scienza e caso solo all’apparenza scontata.

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