Il Palazzo della Cultura di Catania, nell’ambito della stagione 2023/2024 dello “Stabile” etneo, ha ospitato dall’11 al 21 giugno scorsi, nell’ambito della stagione 2023/2024 dello “Stabile” etneo, l’atto unico di Luigi Pirandello, “La Giara”, che costituisce un esempio di commistione degli elementi linguistico-formali del naturalismo utilizzati per sostenere la corrosiva dialettica umoristica. E’ una commedia del 1916 ripresa da Pirandello da una sua novella omonima, composta nel 1906, pubblicata nel 1909 sul Corriere della Sera ed edita nella raccolta Novelle per un anno nel 1917. In circa ottanta minuti, la pièce adattata e diretta da Giuseppe Dipasquale, che cura anche la scena, risulta una commedia gradevole, fondata sul paradosso della ragione e, in una collocazione popolare e campestre, solleva il tema del principio del torto e del giusto rispetto all’affermazione della verità.
Al centro della coproduzione Teatro Stabile di Catania e Teatro della Città-Centro di produzione teatrale, il fresco novantenne Tuccio Musumeci, assoluto protagonista della scena teatrale italiana e che ha dedicato la sua vita interamente al teatro, alla televisione e al cinema dove continua ad ottenere consensi ed a fare divertire il pubblico.
Su una scena di chiara impostazione popolare e campestre e con i costumi colorati di Dora Argento, il protagonista è don Lollò Zirafa (un Angelo Tosto ben calibrato nel suo ruolo), proprietario terriero spilorcio e litigioso pronto a fare causa a chiunque provi a danneggiare i suoi possedimenti. Ordinata una grossa giara da quattro once, portata in processione e custodita al centro della scena come una reliquia, ad un certo punto viene informato dai contadini che si è spaccata esattamente a metà e quindi, dietro suggerimento, invita a ripararla l’artigiano del paese Zi’ Dima Licasi (reso ottimamente da Tuccio Musumeci). Questi, inventore di un prestigioso mastice, nel ripararla rimane intrappolato nella giara perché don Lollò insiste per fargli applicare dei punti di rafforzamento dall’artigiano giudicati inutili. Tra i due nasce quindi una contesa poiché, per far uscire Zi’ Dima la giara dovrà essere rotta e, mentre don Lollò vorrebbe che fosse ripagata, Zi’ Dima insiste per essere la vittima delle pretese dell’avaro proprietario terriero. Quando l’artigiano decide di restare nella giara e organizza una festa con i contadini del luogo, don Lollò perde le staffe, spinge la giara giù per una scarpata, rompendola e concedendo la vittoria al conciabrocche Zi’ Dima.
Lo spettacolo è un divertente affresco contadino, una delle più interessanti novelle dell’Agrigentino dove si confronta la saggezza, l’ottusità di don Lollò, legato alla sua roba, al potere e la fantasia, l’astuzia di Zi Dima, il conciabrocche. I due modi di vedere ed affrontare la vita, tra contadini e contadine, muli, avvocati, codici e lo sguardo rassicurante della Luna, si confrontano per una “Giara” arcana, come un totem, emblema del potere contadino. Con la regia di Giuseppe Dipasquale il lavoro si avvale dei movimenti coreografici di Giorgia Torrisi Lo Giudice, delle percussioni dal vivo di Pietro Scalzo e di surreali elementi scenici (la giara, l’albero a sinistra dello sfondo, i muretti ed i vialetti stretti).
Lo scorrevole spettacolo è apprezzato dal pubblico ed in scena, con le musiche di Matteo Musumeci, raccolgono i consensi degli spettatori – oltre ai già citati Angelo Tosto e Tuccio Musumeci (il brusco don Lollò Zirafa e il furbo e divertente Zi Dima Licasi) – Filippo Brazzaventre (l’avvocato Scimè), Pietro Casano, Luciano Fioretto (i contadini), Claudio Musumeci (il compare dei muli), Vincenzo Volo (‘mpari Pè), le contadine Lucia Portale, Ramona Polizzi, Federica Guerrieri e il piccolo Vincenzo Barrile (Nuciareddu).
“Una Giara, – spiega il regista Giuseppe Dipasquale– che è per noi l’occasione per interrogare nuovamente l’autore siciliano: sulla vita, sulla coscienza del vivere e sul desiderio panico di legarsi alla natura,…vivere per vivere, senza saper di vivere come una pietra, come una pianta…’”.