Girolamo di Stridone (347- 420) nel suo De viris illustribus, scritto a Betlemme nel 392, così presenta il Metropolita di Salamina: <<Epifanio, vescovo di Salamina di Cipro compose dei libri Contro tutti gli eretici, e numerose altre opere, che sono molto lette sia dai dotti per il loro contenuto, sia dai meno provveduti per la loro forma. Egli è ancora in vita e, giunto ormai all’estrema vecchiaia, sta preparando diverse opere>> (Cap. CXIV).
Epifanio, che nacque intorno al 315 in un paesetto vicino ad Eleuteropoli, città della Giudea, forse da genitori cristiani (Cronaca di Seert, PO s, 301), ancora giovane intraprese un lungo viaggio in Egitto, la patria dell’ascetismo e del monachesimo, verso il quale si sentiva fortemente inclinato. Tornato in patria, infatti, fondò intorno al 335 un monastero nei dintorni della sua città e qui, ricevuti gli Ordini Sacri, visse nella pratica ascetica del cristianesimo e nello studio fino al 367, quando fu eletto vescovo di Costanza, l’antica Salamina, nell’isola di Cipro. In questa sede episcopale, che servì con ardente zelo, rifulse per la santità della sua vita, il sevizio verso i poveri e per l’amore con cui si adoperò a diffondere il monachesimo e a combattere le eresie, raggiungendo così un tale prestigio che l’imperatore Valente (328-378) non osò mai disturbarlo durante i moti e le persecuzioni che si susseguirono in quel tempo.
L’influsso antiocheno si rivela in Epifanio nel gusto per l’erudizione e l’avversione all’esegesi spirituale di Origene di Alessandria (183-253 ca.), fino a scorgervi la fonte di tutte le eresie, il che non gli vieterà nell’opera Sulle dodici gemme (PG 43, 293-304), di ravvivare reconditi significati nelle pietre preziose che ornavano il pettorale del sommo sacerdote giudaico. L’opera ci è pervenuta completa nella traduzione georgiana; abbiamo anche dei frammenti in altri libri orientali e una grossa parte in traduzione latina, che fu poi aggiunta alla Collectio Avellana, che raccoglie documenti risalenti al periodo tra il 368 e il 552, oggi conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana (Vat. lat. 4961), il manoscritto considerato migliore dai filologi è il Vat. lat. 378.
Ma, a differenza degli antiocheni e di quasi tutti gli scrittori contemporanei, Epifanio diffida della speculazione teologica e combatte accanitamente l’uso della cultura profana da parte dei cristiani. Egli, che è un lettore avido di apprendere molte cose, secondo Girolamo di Stridone, conosce cinque lingue: greca, siriaca, ebraica, copta e, in certa misura. anche la latina. Epifanio si è dimostrato un fedele servitore della Chiesa, che ha combattuto il culto delle immagini e ancor più la dottrina origienistica, associandosi anche ai nemici di Giovanni Crisostomo (347-420), salvo poi a ritornare con piena realtà sui suoi passi quando riconobbe l’errore commesso verso il Patriarca di Costantinopoli.
Le opere di Epifanio sono di grande interesse come fonti per la storia del dogma e per i testi che riportano alcune informazioni pervenute a noi solo per questa via.
L’attività letteraria e teologica di Epifanio fu interamente a servizio dei suoi ideali principali: la diffusione del monachesimo e la difesa della purezza della fede. La sua teologia è contrassegnata da un carattere schiettamente realistico e da un sincero e profondo attaccamento alla tradizione, ma la sua avversione astiosa è contro ogni espressione speculativa derivata da grettezza e da animosità. Egli è il vero testimone dell’insegnamento ecclesiastico del suo tempo, preoccupato fino allo scrupolo della purezza del deposito della fede. E lo stile rispecchia l’uomo che, accanto ai dettami della retorica, utilizza i vocaboli e i costrutti del linguaggio popolare.
Epifanio, in antitesi alla Grande Catechesi di Gregorio di Nissa (PG 45,9-116), nel 374 scrisse l’Ancoratus (‘Αγκυρωτός [λόγος], PG 43,11-236), il cristiano ancorato alla vera fede. L’opera è una esposizione sintetica della dottrina cristiana, fondata esclusivamente sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione, specialmente intorno alla Trinità, con ampi sviluppi polemici contro le varie correnti eretiche, ariane e macedoniane e le superstizioni pagane. Poiché nell’Ancoratus sono citate 80 eresie, gli archimandriti della Celesiria, Acacio e Paolo, chiesero ad Epifanio di esporre le dottrine di ciascuna eresia. Egli fece questo lavoro in tre libri, suddividendolo in sette tomi di un’opera di gran mole intitolata Panarion (PG 41,155-1200), cioè il cesto o la borsa del medico che contiene i rimedi contro i veleni delle eresie; l’opera è citata comunemente con il titolo di Haereses. Fra le eresie, Epifanio annovera, come aveva fatto già Ippolito di Roma (170 ca.-235 ca.), anche le scuole filosofiche pagane e le sette giudaiche. All’esposizione storica e dottrinale Epifanio fa seguire anche la confutazione. Le fonti a cui ha attinto il vescovo di Salamina sono: per le eresie antiche Ippolito di Roma e Ireneo di Lione (130-202), mentre per quelle più recenti altri scritti ed anche informazioni orali. La grande opera di Epifanio si conclude con un’ampia esposizione della fede. Per la sua ampiezza il Paranion non fu tutto utilizzato nella stessa misura e, poco dopo la sua pubblicazione fu fatto un estratto dal titolo Recapitulatio, che consiste principalmente nella trascrizione del titolo dei capitoli, forse non per mano dello stesso Epifanio.
Abbiamo pure due lettere di Epifanio, che ci sono giunte in versione latina fatta da Girolamo, relative alla controversia origeniana: l’una al vescovo Giovanni di Gerusalemme (PG 43, 379-392) ed un’altra a Girolamo stesso (PG 43, 391-392). Nella lettera a Giovanni Epifanio disapprova ancora una volta il culto delle immagini, che sempre aveva combattuto strenuamente
Di Epifanio abbiamo anche altri tre scritti opposti al culto delle immagini, ed altri frammenti che ci sono stati conservati in atti di concili, considerati autentici. Essi sono un breve trattato contro la fabbricazione di immagini e di santi, considerata idolatria, una lettera all’imperatore Teodosio (347-395) con interessanti dati iconografici ed infine un suo Testamento in cui scongiura ancora una volta la sua comunità di Salamina di non fare uso di immagini, né di Cristo, né dei santi.
In altri tre scritti opposti al culto delle immagini, considerati apocrifi, ma attribuiti a Epifanio, c’è la recensione greca del Physiologus (Physiologus), una piccola opera redatta ad Alessandria d’Egitto, probabilmente in ambiente gnostico, tra il II e il III secolo. Questo manuale del simbolismo cristiano della natura ci è pervenuto in molte redazioni e fu molto diffuso nel Medioevo, insieme ad alcuni racconti leggendari sui profeti e sugli apostoli.
Il vescovo Epifanio, sulla fine terrena della Madre di Dio, scrive nel Panarion: <<Il caso di Maria è stato oggetto di una disposizione divina, e bisogna considerarlo come una eccezione alla regola comune in cui sono sottoposti tutti coloro che vogliono vivere secondo Dio. Del resto, dopo che Giovanni, secondo la raccomandazione di Gesù, la prese in casa sua, essa non rimase presso di lui. Se qualcuno ritiene che io sia in errore, esamini le Scritture. Non troverà notizia della morte di Maria, e neppure un accenno al fatto che sia morta o che non sia morta, che sia stata sepolta o che non sia stata sepolta. Giovanni ha compiuto un viaggio i Asia, ma non dice assolutamente di aver condotto con sé la Santa Vergine. La Scrittura ha mantenuto il più completo silenzio (sulla fine di Maria), a causa della grandezza del prodigio, per non sbalordire eccessivamente lo spirito degli uomini. Da parte mia non oso parlarne; ciò che penso lo serbo alla mia mente, e taccio. Forse abbiamo trovato alcune tracce di questa santa e beata creatura, dalle quali risulta che è impossibile scoprire che Maria è morta. Da un lato, infatti, Simeone dice di lei: <<Anche a te una spada trafiggerà l’anima, perché siano svelati i pensieri di molti cuori>> (Lc 2,35). Dall’altro lato, l’Apocalisse di Giovanni dice che il drago si avventò contro la donna che aveva parorito il figlio maschio, ma alla donna furono date le ali della grande aquila per volare nel deserto, perché il drago non potesse raggiungerla (Ap 12,13ss). E’ possibile che questo si sia realizzato in Maria. Tuttavia non posso affermarlo in maniera assoluta, e non dico che sia immortale; ma neppure affermo che è morta. La Scrittura si è innalzata al di sopra dello spirito umano e ha lasciato questo punto nell’incertezza, per rispetto nei confronti di quella Vergine incomparabile, e per stroncare sul nascere qualsiasi pensiero basso e carnale su di lei. E’ morta? Non lo sappiamo. In ogni caso, se anche è stata sepolta, non ha mai avuto rapporti con un uomo. Lungi da noi una simile bestemmia! Non potrebbe che farsi un nome nel campo della follia chi volesse lanciare contro di lei un sospetto calunnioso, e aprire la bocca per esprimere su di lei un pensiero perverso. Invece di lodare, magnificare e venerare la santa Vergine e il suo corpo degno di ogni onore, chi potrebbe voler riversare su di lei volgari ingiurie?>> (Panarion, 78,11: PG 42,718).
Epifanio di Salamina morì nel 403, mentre tornava via mare da Calcedonia, dove si stava tendo il Sinodo della Quercia, alla sua Chiesa di Costanza a Cipro.
Il Martirologio Romano del 12 maggio, giorno in cui la Chiesa Cattolica e tulle le Chiese che ammettono il culto dei santi, fanno memoria del Santo Vescovo Epifanio, così scrive: <<A Salamina sull’isola di Cipro, sant’Epifanio, vescovo, che, insigne per l’ampiezza di erudizione e la conoscenza della letteratura sacra, rifulse anche per la santità di vita, lo zelo per la fede cattolica, la generosità verso i poveri e il dono dei miracoli>>.
Diac. Dott. Sebastiano Mangano
già Cultore di Letteratura Cristiana Antica nella Facoltà di Lettere dell’Università di Catania.