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E’ sicuramente un attore brillante e rigoroso, un regista intuitivo e raffinato e qualcuno lo ha definito come uno gli artisti più interessanti e rappresentativi della sua generazione. Stiamo parlando di Maximilian Nisi, nato nel 1970, nativo di Faenza e torinese d’adozione. Diplomatosi nel 1993 alla Scuola del Teatro d’Europa diretta da Giorgio Strehler, nel 1995 ha seguito il Corso di Perfezionamento per Attori al Teatro di Roma, diretto da Luca Ronconi in collaborazione con Peter Stein, Franco Quadri e Federico Tiezzi. Ha studiato inoltre con Marcel Marceau, Carolyn Carlson e Micha Van Hoecke. Tantissime le sue interpretazioni in tv e sul grande schermo.

Maximilian Nisi – Ph. Mauro Veggiato

Dal 2024 è direttore artistico del Festival Teatrale di Borgio Verezzi, in provincia di Savona. Lo abbiamo di recente applaudito ed incontrato al “Brancati” di Catania alla fine dello spettacolo “Un Sogno a Istanbul”, rilettura drammaturgica di Alberto Bassetti del romanzo “La cotogna di Istanbul” di Paolo Rumiz, dove interpretava un passionale e rigoroso Max, accanto alla “signora del teatro italiano” Maddalena Crippa. Con Maximilian Nisi ci siamo subito intesi, come due vecchi amici che si incontrano dopo tanti anni, abbiamo chiacchierato del suo percorso artistico, dei suoi maestri, del teatro, delle sue passioni e dei suoi progetti.

Maximilian Nisi e Maddalena Crippa – Foto Barbara Rigon

Dove finisce Maximilian, il teatro, la poesia, l’estro e l’immaginazione e dove inizia la realtà, la vita, il giorno vissuto?

“Il teatro è incatenato alla mia vita. Col tempo è diventato una magnifica ossessione. È fascino, dannazione. Ha creato dipendenza e ha reso necessaria ogni mia fuga. Soltanto in un teatro mi sento a casa”. 

Quando e come hai scelto, hai capito, che volevi fare l’attore? Parlaci del tuo percorso artistico, dei tuoi primi passi, delle tue passioni..

“È capitato. Una folgorazione. Un provino condiviso per una scuola importante, l’ammissione e a seguire tutto il resto.  Passi fatti in fretta, quasi di corsa, con sollecitudine; attraversato da qualcosa che ancora oggi mi spinge a non mollare”.

Quali sono i testi o i personaggi che preferisci leggere, assimilare, dirigere ed interpretare?

“Le mie scelte lavorative dipendono quasi unicamente dai personaggi che mi vengono proposti. Quando sento distanza tra me e un personaggio, necessità di studio e di lavoro mi sento stimolato e accetto la scrittura”. 

Quanti dei sogni di adolescente hai potuto realizzare negli anni e come reputi oggi il tuo rapporto con un mondo troppo disumanizzato?

“Non ho memoria della mia adolescenza, i sogni realizzati sono quelli che avevo da bambino. Il mio rapporto con un mondo disumanizzato è di profonda insofferenza. Non riesco a tollerare il paradosso: parole importanti e propositi nobili il più delle volte anticamere del nulla”.

Maximilian in una delle sue interpretazioni

Nella tua carriera, nella tua vita, hai affrontato tanti settori (teatro, regia, cinema, tv), ma in quali ti sei sentito più realizzato, più vivo?

“Solo il lavoro in teatro è vivo. Il dialogo che si instaura con il pubblico ogni sera può essere magico e non sarà mai routine. È una ricerca continua, un viaggio intrigante che va fatto solo in compagnia di chi ci può capire. Una strada imboccata con il cuore, non per convenienza o vanità”.

La tua esperienza a Milano con Giorgio Strehler e poi quella a Roma con Luca Ronconi. Cosa ti hanno dato, cosa ti hanno fatto capire, quali ricordi ti hanno lasciato dentro e quanto ti sono servite nel tuo cammino di attore?

“Sono stati gli anni della gioventù e della formazione. Di quel periodo ho ricordi bellissimi, ancora vividi. Provo infinita nostalgia per quel Teatro che non esiste più e tenerezza per il ragazzo che ero allora. Strehler e Ronconi sono stati fari, guide preziose che mi hanno dato moltissimo. È stato un grande privilegio averli conosciuti, anche se a volte penso che senza il loro esempio, la mia vita, oggi, sarebbe molto più semplice”.

In scena con Milena Vukotic- Ph. Claudio Ammendola

Cos’è per te il palcoscenico e cosa rappresentano la vita, l’amicizia e l’amore?

“Il palcoscenico è la mia vita e contiene quasi tutti i sentimenti. L’amore è ciò che dà senso ad ogni cosa. Un mondo senza amore sarebbe come un mondo senza musica: insopportabile. Quanto all’amicizia credo che sia il sentimento più difficile da creare e da mantenere. È un atto di fiducia che detesta l’uso delle maschere”.

Un tuo giudizio sul pubblico e sui giovani…

“Il pubblico oggi fatica a rigenerarsi perché i giovani hanno poco interesse per il teatro. La causa è da ricercare nell’educazione che ricevono. La famiglia, la scuola, la chiesa hanno smesso di dar loro stimoli in tal senso. Il teatro è stato presente nelle nostre vite dall’asilo all’università, oggi non è più così e sinceramente credo che la sua assenza non sia un bene”. 

Quanto possono incidere oggi, secondo te, la poesia, il teatro, nella vita di ognuno di noi e quanto la possono arricchire o migliorare?

“Tutte le forme d’arte aiutano a vivere e ci rendono migliori. Con più arte e più cultura il mondo sarebbe migliore di quello che è. So che nelle scuole sono previste delle ore di educazione civica per rendere gli studenti cittadini migliori, ma credo che sarebbe sufficiente insegnare la storia dell’arte, la poesia, la musica, la letteratura con la passione di un tempo per nobilitare i loro animi”. 

Cosa ha rappresentato per te e come hai affrontato la lunga sosta, la brusca interruzione del mondo dello spettacolo e l’incognita di una misteriosa pandemia?

“Devo dire che, a parte la preoccupazione per qualcosa che non conoscevo, non sono stato male. Non ho mai avuto la necessità di vivere in gruppo. Amo la socialità ma non ne sono schiavo. Durante il lockdown mi sono concesso cose che oggi sarebbero impensabili”.

Maximilian in scena

La crisi della cultura in Italia. Quali potrebbero essere, secondo te, gli interventi per rilanciare l’intero comparto e per dare nuova linfa agli artisti?

“Incentivare la promozione della cultura. Quel meraviglioso lavoro che fino agli anni ’90 riempiva i cinema, i teatri, le mostre d’arte, le conferenze non viene più svolto. Della promozione non se ne occupa più nessuno o semplicemente nessuno è più in grado di farla realmente. Le cose facili, quelle che si vendono da sole, affascinano un po’ tutti, scelte non per qualità ma per comodità”. 

In scena ti fai apprezzare spesso in ruoli drammatici, seri, ma sei molto credibile anche in ruoli brillanti. Quali corde senti più tue?

“Un buon attore deve calarsi in una situazione drammaturgica e non deve far altro che prendere una posizione rispetto a questa senza tradire la natura del personaggio che interpreta. È la situazione ad essere brillante o drammatica, non l’attore. I personaggi più divertenti sono quelli interpretati da attori, ritenuti drammatici, che cercano di destreggiarsi in situazioni comiche senza ammiccamenti. Personalmente non ho preferenze di genere. L’ importante è cercare di far sempre del buon teatro”. 

Sei rimasto legato durante la tua attività ad un testo, ad un personaggio che hai interpretato o diretto?

“Mai. I testi, i personaggi si amano intensamente e poi si abbandonano. Nessuna memoria, almeno a livello conscio. Rimane solo il piacere o il dispiacere di quell’incontro”.

Ancora Maximilian- Foto Azzurra Primavera

Chi è nella vita di tutti giorni Maximilian Nisi, come concilia le sue passioni, il suo lavoro, con la famiglia, il tempo libero ed i propri spazi segreti?

“Sono pieno di contraddizioni, mi reputo meno interessante dei personaggi che porto in scena. Sono malinconico, schivo, troppo empatico, scostante. Vorrei avere una vita più semplice. Più vita e meno teatro”.

La tua più grande soddisfazione, i tuoi prossimi impegni ed un tuo sogno nel cassetto..

“La mia più grande soddisfazione è ancora nel cassetto, accanto al sogno dal quale dipende. Mi piacerebbe riuscire a fare qualcosa di utile per il Festival di Borgio Verezzi, di cui sono direttore artistico da circa un anno. Vorrei ripristinare degli equilibri, riportare qualità, serietà, eleganza. Creare un pubblico nuovo che possa innamorarsi del teatro, in modo totale, esattamente come è accaduto a me, in quello stesso luogo, tanti anni fa”. 

Ed alla fine di una cordiale ed interessantissima chiacchierata, ci siamo salutati con affetto, dandoci appuntamento ancora a teatro, al più presto, concordando che l’incontro, lo scambio di opinioni, il raccontarsi, il dialogo, la parola, stanno sempre al centro di tutto. Parlare ci avvicina e tutto il resto è solo buio. Buon lavoro ed a presto caro Maximilian.

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