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Le lancette della cronometro finale hanno visto trionfare gli olandesi, Jos Van Emden, ha conquistato il successo nell’ultima tappa e Tom Dumoulin è diventato il primo tulipano a finire in rosa in cento edizioni del Giro.

L’olandese Jos Van Emden festeggia il successo nella cronometro

Venti giorni di corsa avevano lasciato tante domande alla crono finale sui 29,3 km da Monza a Milano. In effetti i dubbi più grossi erano relativi ai gradini più bassi del podio. La crono è una specialità troppo sopraffina nella quale difficilmente le differenze fra chi è uno specialista conclamato e chi non lo è può essere ribaltata. Per questa elementare ragione il pronostico era a senso unico.

Poco probabile dunque l’ arzigogolare di argomentazioni per tenere in piedi delle ipotesi difficilmente realizzabili. Dumoulin le ha subito spazzate, svolgendo il compito che la crono gli poneva alla media di quasi 53 km /h e chiudendola al secondo posto a 15’’ dal connazionale Van Emden. Nibali e Quintana, rispettivamente 13^ a 1’09’’ e 27^ a 1’39’’, si sono battuti bene ma si ha ragione di credere fossero più che consapevoli che le loro possibilità di successo finale erano definitivamente sfumate dopo l’ottima difesa dell’olandese a Foza. Ultima salita che mestamente aveva concluso le difficoltà altimetriche di questo Giro. Sotto tono le prove degli altri protagonisti delle ultime giornate Pinot e Zakarin. Pozzovivo, invece, in linea con le sue possibilità.

Dunque si diceva della vittoria finale di Dumoulin, si è trattato di un successo conseguito grazie allo strapotere sui rivali soprattutto nelle prove contro il tempo, controllando poi in modo molto efficace le loro azioni in salita. Una considerazione del tutto personale sulle prove a cronometro mi porta a dire che con troppa leggerezza vengono inserite nei tracciati dei GT, spesso senza alcuna valutazione su ciò che concretamente si propone per controbilanciarle. Le crono sono degli assegni in bianco consegnati agli specialisti, lo stesso non si potrà mai dire per le tappe di montagna dove spesso subentrano tante dinamiche che sfuggono alle logiche di corsa. Lo squilibrio è tanto più netto quanto meno sono ben congegniate le tappe di montagna.

Anche il Giro non è sfuggito a questa logica e lo si era intuito sin dall’inizio, 70 km contro il tempo potevano squilibrarlo. Dubbio emerso immediatamente sin dalla sua svelata ed esternato su questa pagina, che altro non è che un passatempo virtuale di un semplice appassionato.

Tuttavia queste considerazioni personali nulla tolgono al successo di Dumoulin, ampiamente meritato per tutto l’arco delle tre settimane. Eccellente sul Blockhaus, ha sbaragliato il campo nella crono del Sagrantino. Poi il capolavoro di Oropa, dove ha tirato dal cilindro una delle migliori prestazioni di sempre su una salita al 6% di pendenza. La fase finale lo ha visto impegnato in una difesa con qua e là qualche tribolazione, un intoppo intestinale nella tappa di Bormio, unica tappa dura di livello assoluto, una crisetta non sfruttata a dovere dagli avversari a Piancavallo, una faticaccia nella tappa del Monte Grappa gestita comunque da campione. Dumoulin ha inoltre corso in pratica senza aiuto dei compagni, trovando per strada qualche aiutino che in alcuni momenti si è rivelato indispensabile. Dalle mie parti si dice chi è ricco di amici è scarso di guai. In ogni caso la storia del Giro è ricca di amicizie trasversali ed anche i suoi avversari si son dati da fare.

Quintana e i suoi della Movistar sono partiti benissimo aggredendo la prima salita affrontata, Il Blockhaus, come se dovessero fare a pezzettini avversari e Giro. Poi è iniziato un calo, prima del capitano poi anche della squadra. Il primo, salvo poche eccezioni, è in pratica rimasto sempre a ruota. La squadra alla fine non è riuscita a produrre quel lavoro ai fianchi indispensabile per demolire il sorprendente nemico. Malgrado ciò Quintana chiude secondo a 31’’, segno di un grande talento non sempre buttato sulla strada.

Nibali merita un capitolo a parte. Sostenuto in pratica dal solo Pellizotti ed in qualche circostanza da Visconti, ha fatto tutto quello che era nelle sue possibilità. Il messinese ha mosso benissimo le poche pedine di cui disponeva, in prima persona ha poi sprecato poco e nulla (e questa è una novità) muovendosi sempre a ragion veduta.
Dove ha perso i 40’’ che lo condannano al terzo posto? Difficile dirlo, ad occhio e croce direi a Piancavallo quando la mancanza di un uomo al suo fianco dell’efficacia di Scarponi e anche di un po’ di gambe hanno tenuto a galla un Dumoulin attaccato al tubo dell’ossigeno per tutta la salita finale.

Pinot, molto corsaro e poco campione, ha corso colpevolmente non pensando alla vittoria finale. Peccato, aveva gli uomini ed il fiato per far esplodere la corsa. Finisce quarto a 1’17’’
Zakarin, altro protagonista che ha corso in modo strano. Solo alla fine ha capito che poteva dire la sua ad alta voce. Prima tanti piccoli graffi che difficilmente portano grandi soddisfazioni. Quinto a 1’56’’, a mio modo di vedere, come Pinot chiude con qualche rimpianto.
Pozzovivo, ha impostato sin dall’inizio uno spartito e non l’ha mai abbandonato, per nessuna ragione. La sua tattica mirava ad un buon piazzamento finale e credo possa definirsi soddisfatto del sesto posto a 3’11’’dalla maglia rosa. Su questo tracciato difficile chiedergli di più.

Il Giro numero Cento è finito così.

Turi Barbagallo (Il salotto del Ciclismo)

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