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È stata la riapertura delle scuole a settembre dopo l’emergenza Covid e l’avvio,  più in generale, del sistema Istruzione il tema scelto per la prima iniziativa a Catania della “Scuola del Popolo”,  il progetto nato da un’idea della Camera del lavoro di Oristano e portato avanti in città dalla CGIL e la FLC, in collaborazione con SPI e Auser  CT, con il coinvolgimento della SLC.

Il dibattito si è tenuto, nella serata di martedì 21 luglio, nel Chiostro della Camera del lavoro, moderato da Antonella Distefano, coordinatrice del progetto,  alla presenza di Giacomo Rota, segretario generale della Cgil di Catania, Tino Renda segretario generale della FLC Cgil di Catania, Rosaria Leonardi, segretaria confederale della Cgil di Catania, il dirigente scolastico Franco Pignataro, l’assessore all’ Istruzione del Comune Barbara Mirabella. Sono intervenuti in collegamento web, Ivo Vacca, coordinatore nazionale della Scuola Del Popolo e Alessandro Rapezzi, della segreteria nazionale della FLC Cgil. 

“Abbiamo scelto di parlare della riapertura delle lezioni in presenza ed in piena sicurezza – ha esordito Antonella Distefano – dato il risultato della Didattica A Distanza, fallimentare per le fasce più deboli e certo non adatta ad una situazione prolungata oltre lo stato di emergenza”.

Il segretario generale della Cgil, Giacomo Rota, ha ricordato come le difficili condizioni della scuola siano da inquadrare anche rispetto all’attuale crisi economica del territorio peggiorate in questa fase post Covid.  “Durante il lockdown solo il 45% delle famiglie catanesi ha avuto accesso alla connessione web e agli strumenti digitali. Ciò è accaduto per problemi di disagio economico o di scarsa connettività nella periferie o nelle provincie più lontane. Anche per questo penso che non solo la misura della didattica a distanza sia da considerarsi assurda per un corretto rapporto con gli studenti, ma ancora di più sarebbe assurdo  contrattualizzare questa forma nei contratti. Un’ipotesi che non ci vede d’accordo”.

 “Abbiamo da tempo avviato un ragionamento con il comune di Catania – ha dichiarato Tino Renda – partendo dall’esigenza di garantire il distanziamento sociale e la sicurezza degli alunni e del personale scolastico. Oggi si parla dei parametri, si susseguono una serie di richieste formulate a chi gestisce le scuole che non possono lasciar fuori le questioni di prevedere gli organici adeguati e di garantire il diritto allo studio. I feedback che arrivano dai delegati, dalle Rsu, dai sondaggi ci fanno sollevare il dubbio che non si potrà assicurare quanto ci siamo prefissati: il dimezzamento delle classi, il ripensare agli spazi adeguati, le nuove regole comportamentali. I finanziamenti stanziati non sono pochi, ma bisogna lavorare bene per ripensare alla scuola di domani”.

“Il confronto concreto tra chi, in questa fase di ripartenza, dovrà gestire il personale scolastico, la sicurezza degli edifici e tutta la parte relativa agli spazi di contenimento e il Comune è un percorso che deve diventare un modello permanente per un tavolo di compartecipazione alla Cosa Pubblica – ha sottolineato l’assessora Barbara Mirabella –    Stiamo lavorando assieme ai dirigenti scolastici, abbiamo incontrato il provveditore agli Studi i Catania, abbiamo raccolto i dati, non troppo confortanti, delle aule convertibili e immediatamente disponibili. Stiamo agendo  affinché si possano riaprire le scuole, ma mancano circa 40  giorni, concentrando la nostra azione su tre punti centrali: il benessere dei ragazzi, riducendo al minimo i doppi  turni e le attività  stressanti, la sicurezza dei luoghi di lavoro  e di  studio, l’attenzione alle famiglie”.

 A raccontare il lavoro di coordinamento sindacale a sostegno di una nuova contrattazione sociale tra istituzioni e scuola catanese, è stata la segretaria confederale della Cgil, Rosaria Leonardi: “Il lavoro sindacale durante il lockdown  è stato forse poco visibile. Eppure a Catania, in quei mesi, abbiamo sviluppato una piattaforma che ha preso spunto da quella nazionale, con l’obiettivo di inserire tutte le tematiche più importanti. In quel documento troviamo gli sforzi dei docenti nei giorni più neri della crisi, alcuni di loro si sono persino spinti ad organizzare collegamenti Wi-Fi nei condomini dei quartieri più difficili , e ovviamente abbiamo inserito proposte concrete. Tra queste, c’è  una visione di una ‘scuola del futuro’. Pensiamo infatti che questa tragica pandemia possa almeno diventare un’occasione per spendere al meglio e con trasparenza i fondi che stanno  arrivando. E questo è un aspetto fondamentale”.

Prospettive che si stagliano sul più ampio progetto “Scuola del Popolo”, che ruota attorno a tre punti cardine:  fornire nuove opportunità di formazione a pensionati, donne non lavoratrici, giovani anche stranieri e lavoratori, e a chiunque volesse usufruire di percorsi di formazione e socializzazione nuovi e gratificanti; Coinvolgere docenti e personale dello spettacolo  in percorsi formativi da sviluppare in vari moduli e con varie classi di studenti.; Aggiungere, alle già tante attività della CGIL, ulteriori momenti di apertura sedi provinciali perché la CGIL ritorni ad essere sempre di più ciò che era all’origine: luogo di aggregazione sociale oltre che di tutela dei diritti di tutti.

 “In un momento in cui il problema dell’istruzione e della conoscenza diventa fondamentale per il rilancio dei territori, soprattutto per quelli in crisi, assistiamo ad un progressivo abbandono da parte dello Stato“, ha spiegato Ivo Vacca. “I tagli alla Scuola pubblica, la crisi economica e la grande difficoltà nel trovare il lavoro hanno spesso lasciato un deserto di tipo culturale e valoriale sul territorio”, ha aggiunto Alessandro Rapezzi, della segreteria nazionale della FLC Cgil. 

La proposta è quella di un’attività politica che offra risposte alla domanda di supporto culturale per chi si trova in difficoltà e a tutti coloro che per vari motivi sono stati esclusi dai circuiti dell’istruzione:  anziani, neet, disoccupati o espulsi dai settori produttivi obsoleti”.

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