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Ad 88 anni suonati lo si ritrovava questa estate la sera seduto dinnanzi all’arena “Corsaro”, a due passi dalla centralissima via Etnea, ad accogliere gli spettatori tornati timidamente al cinema dopo il primo lockdown  dovuto alla terribile pandemia che ancora continua a sconvolgere il mondo intero, con il suo carico d’infetti e di decessi ormai giunti oltre il milione. Lui è Lodovico Gallina, gestore catanese di sale cinematografiche, venuto su dal nulla,  che ancora poco più che uno scricciolo  riesce a penetrare nel difficile mondo dell’esercizio cinematografico, in principio grazie al cinema “Minerva” frequentando – come il piccolo Salvatore del mitico “Nuovo Cinema Paradiso” di Tornatore – la cabina di proiezione e subito dopo divenuto fattorino di una Casa di distribuzione.

Passato ad operatore cinematografico con lo scorrere degli anni eccolo rispuntare come gestore di sale, la cui prima esperienza lo vede nelle nuove vesti di conduttore (dal maggio del 1961) dell’arena “Modernissimo”, sita nel quartiere catanese di Cibali, uno di quei tanti luoghi del cinema sprofondati nel sontuoso passato cinematografico del capoluogo etneo, da sempre città capo-zona allora ricchissima di sale. Gallina, privo di studi regolari, “self made man”, diventa programmatore. Oltre al “Modernissimo” nel suo ricco carnet di gestore appaiono, in rapida successione, ancora il “Marisa” (sempre a Cibali), il cinema “Astoria” (oggi sala del Teatro Stabile di Catania), l’ “Esperia”, il “Mirone” (ancora in esercizio con il nome di “King”), l’ “Apollo” (nel popolare quartiere di San Cristoforo) e per un paio d’anni l’arena “Scalia” di Barriera del Bosco, il “Monachini” (accanto al chiassoso e pittoresco mercato di piazza del Carmelo). E ancora il “Trinacria” di Misterbianco, la cui gestione oggi è in mano al figlio, ma che lui continua sistematicamente a frequentare e dove cinque anni fa la sezione regionale dell’Anec ha festeggiato il suo 83° compleanno.

Tuttavia la mitica arena rimasta più d’ogni altra nell’immaginario collettivo del pubblico catanese resta senz’altro la sala “Miramare”, altra sua lunga gestione, con i gechi che inevitabilmente ogni sera s’arrampicavano sulle schermo, la “semenza”, le gassose, le bibite gelate, una tradizione che ancor oggi vive nelle sole tre arene rimaste in città. Si entrava da via Messina, ubicata sulla collinetta che s’affaccia sulla baia di San Giovanni Li Cuti  e subito s’incocciava il mare di fronte, inoltrandosi nel viottolo che conduceva alla sala, tra un profluvio di odori mediterranei. Si vedevano i peplum (gli storici mitologici), i grandi divi hollywoodiani e appena si usciva in strada, satolli d’immagini, subito il caldo soffocante tornava ad aggredire gli spettatori. La lebbra cementizia alla fine ebbe la meglio su quell’oasi di frescura e zanzare e nel 2002 quel terreno, divenuto edificabile, si preparò ad ospitare il solito casermone nell’indifferenza dei pubblici poteri. Finì così, come già tante altre arene (il “Delle Rose”, il “Cosentino” poi “Canalicchio”, lo “Scalia”, il “Centrale”, l’ “Ideal”…) la lunga stagione del “Miramare”, ormai solo sbiadito ricordo, eco lontana d’irripetibili estati. Ma dall’alto dei suoi 88 anni Lodovico Gallina è tutt’altro che la sopravvivenza d’un glorioso passato cinematografico e continua a concepire progetti d’apertura di sale già chiuse da anni, sognando di riesumare un age d’or impossibile da ripetere, come la sua vecchia Catania disseminata di cinema di quartiere, oggi quasi tutti chiusi e soppiantati dalle multisale e dai multiplex che ne circondano il perimetro invadendo i territori limitrofi.

Franco La Magna

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