Cultura

Il santo padre Francesco, con la Lettera apostolica “Patris corde” Con cuore di Padre), ricorda il 150.mo anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale Patrono della Chiesa universale. Fu il Beato Pio IX, con il decreto Quemadmodum Deus, firmato l’8 dicembre 1870, a volere questo titolo per San Giuseppe. Per celebrare tale ricorrenza, il sommo pontefice Francesco ha indetto, dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021, uno speciale “Anno” dedicato al padre putativo di Gesù.

San Giuseppe e il Bambino Gesù
 Guido Reni 1635 – Museo dell’Hermitage, San Pietroburgo

Vangeli canonici e la dottrina cristiana affermano che il vero padre di Gesù è Dio stesso: Maria lo concepì miracolosamente per intervento dello Spirito Santo. Giuseppe, messo al corrente di quanto era accaduto da una visione avuta in sogno, accettò di sposarla e di riconoscere legalmente Gesù come proprio figlio. Perciò la tradizione cristiana lo chiama “padre putativo di Gesù”, cioè colui che era creduto suo padre, ritenuto autentico anche se non lo era: <<Gesù quando cominciò il suo ministero aveva circa trent’anni ed era figlio, come si credeva, di Giuseppe, figlio di Eli…>> (Lc 3,23).

In Matteo Gesù <<è il figlio del carpentiere>> Giuseppe (Mt 13,55), la cui professione viene nominata quando si dice che Gesù era figlio di un τέκτων, cioè di un artigiano.

Le notizie dei Vangeli canonici su san Giuseppe sono molto scarne. Parlano di lui Matteo e Luca: essi ci dicono che Giuseppe era un discendente della casa di Davide ed abitava nella piccola città di Nazaret. Le versioni dei due evangelisti divergono nell’elencare la genealogia di Gesù, compreso chi fosse il padre di Giuseppe. Nella genealogia ascendente di Luca: <<Gesù quando incominciò il suo ministero aveva circa trent’anni ed era figlio, come si credeva, di Giuseppe, figlio di Eli>> (Lc3,23-38).

Nella genealogia discendente di Matteo: <<Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo>> (1,1-17). Di Giuseppe parla anche Giovanni nel suo Vangelo, limitandosi però a citarlo come padre riconosciuto di Gesù: <<Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret>> (Gv 1, 45). Dopo il discorso nella sinagoga di Cafarnao, l’evangelista racconta che <<i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?>>  (Gv 6, 41–42).

La vicenda di Maria e di Giuseppe ha inizio nei Vangeli canonici con l’episodio dell’Annunciazione: <<Nel sesto mese l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe, la vergine si chiamava Maria (Lc 1,26-27).

La fuga in Egitto Giotto – cappella degli Scrovegni 1303/1305 ca.- Padova

Giuseppe, lo sposo di Maria, divenuta protagonista del Mistero dell’Incarnazione, è presentato come il discendente di Davide. La vergine Maria concepì un Figlio per opera dello Spirito Santo,<<che sarà chiamato Figlio dell’Altissimo>>. L’angelo, a conferma dell’evento straordinario, le disse pure che anche la cugina Elisabetta <<nella sua vecchiaia>> aspettava un figlio. Maria si recò subito dalla parente e al suo ritorno, essendo già al terzo mese, erano visibili i segni della gravidanza (Cfr. Lc 1,26-56). In queste circostanze <<Giuseppe suo sposo che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di allontanarla in segreto>> (Mt 1,18-19).

L’uomo non sapeva come comportarsi di fronte alla miracolosa maternità della moglie: certamente cercava una risposta all’inquietante interrogativo, ma soprattutto cercava una via di uscita da una situazione difficile. Ecco però che gli apparve in sogno un angelo che gli disse: <<Giuseppe figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli salverà il suo popolo dai suoi peccati>> (Mt 1,20-21). Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo e prese con sé la sua sposa, accettandone il mistero della maternità e le successive responsabilità.

Secondo il racconto dell’evangelista Luca, qualche mese dopo Giuseppe si recò insieme a Maria nella città di Nazaret in Galilea, e poi a Betlemme in Giudea, a causa del censimento di “tutta la terra” voluto da Cesare Augusto. <<Questo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio>> (Lc 2,1-3). Anche Giuseppe doveva registrarsi nella sua città d’origine, insieme alla sposa; mentre i due si trovavano a Betlemme <<si compirono per lei i giorni del parto. (Maria) diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia,  perché non vi era posto per loro nell’albergo>> (Lc 2,6-7).

Qui Giuseppe fu testimone dell’adorazione del piccolo Gesù da parte dei pastori della regione che di notte, mentre vegliavano facendo la guardia al loro gregge, furono avvertiti da un angelo del Signore e si recarono alla grotta (Lc 2,8-9). Più tardi Giuseppe accolse anche i Magi, venuti dal lontano Oriente, secondo l’indicazione degli astri e, in particolare, di una stella. I Magi, <<entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre e, prostratisi, lo adorarono>> offrendo <<in dono oro, incenso e mirra>> (Mt 2,1-12). 

L’adorazione dei pastori, Michelangelo Merisi da Caravaggio – 1609-   Museo Regionale, Messina

Giuseppe non è citato né visto ma certamente era presente all’avvenimento. Dopo otto giorni dalla nascita, secondo la legge di Mosè, avvenne la circoncisione del bambino, a cui Giuseppe impose il nome Gesù. Quaranta giorni dopo lui e Maria portarono il neonato a Gerusalemme per la presentazione al Tempio e lì assistettero alla profetica esultazione del vecchio Simeone che predisse un futuro glorioso per il bambino, segno di contraddizione e gloria del suo popolo Israele (Lc 2,25-35). Dopo la presentazione al tempio, l’evangelista Luca racconta che fecero ritorno in Galilea nella città di Nazaret (Lc 2,39-40).

La “Famiglia” rimase a Betlemme per un periodo non ben determinato, sembra da un minimo di 40 giorni (Lc 2,22.39) ad un massimo di due anni (M2,16), dopo di che, secondo Matteo, Giuseppe, avvertito in sogno da un angelo, con la sposa Maria e il figlio Gesù, fuggì in Egitto a causa della persecuzione scatenata dal re Erode che, avendo udito il racconto dei magi, voleva liberarsi di quel “nascituro re dei Giudei“, massacrando tutti i bambini di Betlemme dai due anni in giù (Mt 2,13-18).

Dopo un periodo di esilio non ben determinato, ricevuto in sogno l’ordine di partire, poiché Erode era morto, Giuseppe  tornò con la famiglia a Nazaret, non sostando a Betlemme perché  <<era re della Giudea Archelao al posto di suo padre Erode>>. Luca non menziona il soggiorno della “Famiglia” in Egitto, ma concorda sul ritorno a Nazaret, dove Gesù visse fino all’inizio della sua vita pubblica (Cfr. Mt 2,19-23).  I Vangeli canonici riassumono in poche parole il lungo periodo della fanciullezza di Gesù, durante la quale egli, attraverso una vita apparentemente normale, si preparava alla sua missione. Un solo momento è sottratto a questa “normalità” ed è descritto dal solo Luca. Gesù, a dodici anni, probabilmente in occasione della sua Bar Mitzvah, cioè l’iniziazione religiosa degli ebrei, partì come pellegrino insieme ai genitori verso Gerusalemme per la celebrazione della  Pasqua.

Trascorsi però i giorni della festa, mentre la “Famiglia” riprendeva la via del ritorno, Gesù rimase a Gerusalemme, senza che Maria e Giuseppe se ne accorgessero. Passato un giorno si resero conto della sua scomparsa e iniziarono a cercarlo, trovandolo dopo tre giorni nel Tempio, seduto a discutere con i dottori. Maria gli domandò: <<Figlio, perché hai fatto così? Ecco tuo padre ed io, angosciati ti cercavamo“. La risposta di Gesù “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? Ma essi non compresero le sue parole>> (Lc 2,41-50). Tornato a Nazaret, <<Gesù, sottomesso ai genitori, cresceva in sapienza, età, età e grazia davanti a Dio e agli uomini>> (Lc 2,51-52).

Gesù tra i Dottori Tintoretto – 1542 – Milano, Museo del Duomo

Quando Gesù iniziò la sua vita pubblica, molto probabilmente Giuseppe era già morto. Infatti, non è mai più menzionato dai Vangeli canonici dopo il passo di Luca. Maria è presente da sola alla crocifissione di Gesù, cosa che non sarebbe avvenuta se Giuseppe fosse stato vivo. Inoltre, quando Gesù è in croce, affida Maria a Giovanni,   <<il discepolo che egli amava>>, che <<da quel momento la prese nella sua casa>> (Gv 19, 25-27), questo non sarebbe stato necessario se Giuseppe fosse stato in vita.

Mentre i Vangeli canonici non dicono nulla sulla vita e la morte di Giuseppe, notizie di lui si trovano nei Vangeli apocrifi. Secondo la Storia di Giuseppe il falegname, che è un testo apocrifo pervenutoci in copto e in arabo ma redatto inizialmente in greco probabilmente nel VI sec. o nei secoli immediatamente successivi, l’anonimo autore  descrive dettagliatamente il trapasso di Giuseppe che aveva 111 anni quando morì. Avvertito da un angelo della prossima morte, Giuseppe  si reca a Gerusalemme e al suo ritorno viene colpito dalla malattia che l’avrebbe portato alla fine. Stremato nel suo letto, sconvolto dai tormenti, è travagliato nella mente e solo la consolazione di Gesù riesce a rasserenarlo.

Circondato dall’affetto  della sposa, la Vergine Maria, Giuseppe viene liberato dalla visione della morte e dell’Oltretomba, scacciate da Gesù stesso, mentre la sua anima viene raccolta dagli arcangeli e portata in paradiso. Il suo corpo viene poi sepolto con tutti gli onori alla presenza dell’intera Nazaret. Ancora oggi non sappiamo dove si trovi la tomba di Giuseppe, ma nelle cronache degli antichi pellegrini che visitarono la Palestina si trovano alcune indicazioni circa il suo sepolcro. Due riguardano Nazaret e altre due Gerusalemme, nella valle del Cedron. Non esistono, però, argomenti consistenti a riguardo.

Gli apocrifi neotestamentari, il cui numero secondo Ireneo di Lione (130-202) è quasi incalcolabile (Adv. haer, I,20), vennero composti a partire dal II sec. per assecondare la pia curiosità dei fedeli  e delle sette  gnostiche che avevano il desiderio di conoscere e di approfondire misticamente le visioni del padre di Gesù e le parole dell’angelo durante i sogni ed anche di considerare l’esistenza di Giuseppe in rapporto ad alcuni brani profetici del­l’Antico Testamento.

Nessuno degli scritti apocrifi però è stato accettato come divinamente ispirato dalla Chiesa, in primo luogo per la tardività di tali scritti e in secondo luogo per le vistose contraddizioni presenti in essi rispetto ai Vangeli canonici. La loro importanza, invece, è più specificatamente storico-teologica e più genericamente storico-culturale, perché essi esprimono la religiosità, la spiritualità, la teologia delle persone o dei gruppi ne sono storicamente gli autori. Essi perciò ci mettono di fronte ad una religiosità che non è semplicemente quella dei testi neotestamentari che non ha ricevuto dagli studiosi l’attenzione che meritava.  Tali scritti, che hanno influito anche nella liturgia, hanno ispirato artisti, poeti, scrittori e pittori cristiani di varie epoche.

San Giuseppe, Simulacro  lignea di autore ignoto del 1738 – Catenanuova Chiesa Madre

Il Protovangelo di Giacomo è un testo apocrifo composto nel 150 ca. con lo scopo di difendere la verginità di Maria e di giustificare la presenza dei fratelli di Gesù nei Vangeli. La Chiesa ortodossa accoglie questa tradizione, come è ben mostrato nei mosaici del XIII/XIV sec. nella chiesa di San Salvatore in Chora di  Istanbul, ispirati dagli apocrifi,  mentre la Chiesa cattolica rifiuta questa interpretazione e sostiene che si trattasse di cugini o altri parenti stretti. Seguendo ancora quanto raccontano gli apocrifi, Giuseppe, già in età avanzata, <<gettata l’ascia>> si unì agli altri <<vedovi del popolo>>, richiamati da alcuni banditori provenienti da Gerusalemme. Il sacerdote Zaccaria aveva infatti ordinato che venissero convocati per dare in sposa la giovanissima Maria, futura madre di Gesù, che era vissuta per nove anni nel Tempio.

Per indicazione divina, questi vedovi dovevano portare all’altare il loro bastone e Dio stesso poi ne avrebbe dato il segno, scegliendo uno di essi. Zaccaria, entrato nel Tempio, dopo la preghiera prese i bastoni e li restituì ai legittimi proprietari: l’ultimo era quello di Giuseppe che era in fiore e da esso uscì una colomba che si posò sul suo capo. Il sacerdote allora gli disse: <<Tu sei stato eletto a ricevere in custodia la vergine del Signore>>. Giuseppe allora si schermì dicendo a Zaccaria: <<Ho figli e sono vecchio, mentre lei è una ragazza. Non vorrei diventare oggetto di scherno per i figli di Israele>>, ma il sacerdote lo ammonì a non disubbidire alla volontà di Dio. Allora Giuseppe, intimorito, prese Maria in custodia e le disse: <<Ti ho ricevuta dal tempio del Signore e ora ti lascio in casa mia. Me ne vado a eseguire le mie costruzioni e dopo tornerò da te: il Signore ti custodirà>> (Prot. Giac. 8,2-3; 9,1-3).

Già nelle prime pagine del Protovangelo   viene raccontato il fidanzamento di Maria, che era dodicenne, con Giuseppe. Maria viene soltanto <<affidata alla custodia di Giu­seppe>> (Prot. Giac. 9,3) non per vivere in futuro relazioni matrimoniali. Giuseppe era rimasto vedovo del precedente matrimonio con sei figli, quattro maschi (Giuda, Giuseppe, Giacomo e Simeone) e due femmine (Lisia e Lidia) che erano considerati <<fra­telli di Gesù>>. Non si parla dell’età di Giuseppe, ma viene presentato come un uomo vecchio, però ancora in grado di lavorare, così egli lascia Maria a casa e si allontana <<per costruire costruzioni>>, cioè per lavorare alla costruzione di edifici.

Segue il racconto molto romanzato della doppia Annun­ciazione a Nazaret, prima alla fontana e poi alla casa di Maria (Prot. Giac. 11,1-3). Dopo sei mesi di lavori di costruzione, Giuseppe torna a casa e vedendo Maria, è spaventato dalla sua misteriosa gravidanza. Ma l’angelo gli appare spiegandogli il mistero e obbligandolo a <<guardare a Maria>>. Secondo questo  Protovangelo  Giuseppe discende dalla famiglia di David e, come tale, è originario di Betlemme, la città di Davide. Così egli parte con lei per Betlemme, dove il bambino nascerà. Lì, una donna di nome Salomè viene a visitare Maria e con­stata la sua verginità anche dopo il parto. Segue la narrazione dell’adorazione dei Magi e di altri eventi legati alla natività, ma non si nomina Giuseppe, che nel vangelo più volte è chiamato <<servo obbediente degli ordini del­l’Altissimo>> e <<fedele custode di Maria>>.

Per raccontare l’infanzia di Gesù furono scritti vari testi apocrifi ed anche altri racconti che possono apparire inventate, ma ben accolte dalla devozione popolare nei secoli seguenti. Per esempio, nel cosiddetto Vangelo dell’infanzia di Tommaso, si hanno numerose menzioni del <<padre del Sal­vatore che con molta fatica e pazienza si è dedicato all’educazione del bambino Gesù>>.

Questo Vangelo dell’infanzia, che nella sua forma attuale risale al IV secolo, racconta i presunti miracoli compiuti da Gesù fra i 5 e i 10 anni. Giuseppe pensò bene di mandare Gesù a scuola: <<Giuseppe vedendo che il senno e  età del ragazzo maturavanodecise  che non dovesse restare ignorante delle lettere e, condottolo da un secondo maestro, glielo affidò. Il maestro disse a Giuseppe: “Gli insegnerò prima le lettere greche e poi quelle ebraiche“. Il maestro, infatti, conosceva la bravura del ragazzo e aveva paura di lui. Ciononostante scrisse l’alfabeto e si occupava a lungo di lui con cura; ma lui non rispondeva. Gesù gli disse: “Se veramente sei il maestro e sai bene le letteredimmi il valore dell’Alfa e io ti dirò quello della Beta“. Ma il maestro si sdegnò e lo picchiò sulla testa: il ragazzo si sentì male e lo maledisse. Subito quello svenne e cadde bocconi a terra>> (Vang. Tom. 14,1-3).

Sposalizio della Vergine
Giovanni Francesco Barbieri: detto il Guercino
Pinecoteca san Domenico – Fano

All’età di otto anni, Gesù comincia a lavorare con Giuseppe per diventare, come lui, un falegname: <<Gesù aiuta il padre che era falegname, e, in quel tempo, faceva aratri e gioghi. Una persona ricca gli ordinò di fare un letto. Ma una delle assi, quella detta trasversale, era troppo corta e Giuseppe non sapeva che fare. Il ragazzo Gesù disse allora a suo padre Giuseppe: “Metti per terra le due assi e pareggiale da una delle parti”. Giuseppe fece come gli aveva detto il ragazzo: Gesù si pose dall’altra parte, afferrò l’asse più corta e la tirò a sè rendendola uguale all’altra. A tale vista, suo padre Giuseppe rimase stupito: abbracciò il ragazzo e lo baciò esclamando: “Me felice, perché Dio mi ha dato questo ragazzo!”>> (Vang. Tom. 13,1-2).

In questo Vangelo apocrifo dell’infanzia vengono riportati i miracoli di Gesù, ripresi probabilmente da quelli compiuti in Egitto, e tra questi la meravigliosa guarigione di uno dei figli di Giuseppe mortalmente ferito da un serpente velenoso. In questo apocrifo Giuseppe appare come uomo onesto e apprezzato per la sua vicinanza alla famiglia e ai propri figli.       

Girolamo (347-420), che concluse la sua vita terrena a Betlemme, accanto alla grotta della Natività, smentirà con forza l’idea di un Giuseppe vecchio e già con figli, reputando che il “padre” non fosse sposato prima di scegliere Maria e che fosse ancora giovane. Nell’esposizione delle sue idee dice: Giuseppe <<contrasse matri­monio con Maria: questa era sui 14 o 15 anni, lui sui 18 o 20 anni. Queste le età solite per il matrimonio presso gli ebrei… Giuseppe e Maria vivono assieme, sotto il medesimo tetto. I giorni passano, e per Maria si avvicina il tempo del parto>>.

Gli scritti dei Padri della Chiesa, che furono i primi teologi cristiani, ebbero lo scopo prin­cipale di liberare la figura di Giuseppe dalle varie devozioni ed eresie scaturite dagli apocrifi e arrivare così, attraverso lo studio dei Vangeli canonici,  ad un accurato esame della genealogia di Gesù, del matrimonio di Giu­seppe con Maria e della costituzione della “Sacra Fami­glia”. Questi tre momenti essenziali ritornano in tutte le loro ricerche; talvolta essi aggiungono anche riflessioni cristologiche, per poter interpretare certe ipotesi che riguardano la legge del matrimonio, la giustizia di Giuseppe, il valore dei suoi sogni ma non arrivano mai a poter presentare un suo profilo biografico.

Il primo autore cristiano che ricorda Giuseppe è Giustino di Nablus, il filosofo martirizzato a Roma nel 165 che, nel suo “Dialogo con l’ebreo Trifone”, dice: <<Giunti a Betlemme i magi venuti dall’Arabia, adorarono il bambino e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra, poi con una rivelazione, dopo che ebbero adorato il bambino a Betlemme, fu loro ordinato da non tornare da Erode. Giuseppe, sposo promesso di Maria, voleva in un primo tempo ripudiare la sua promessa sposa, ritenendo che fosse rimasta incinta in seguito ad un rapporto con un uomo. Ma in sogno gli fu ordinato di non ripudiare la sua sposa, avendogli detto l’angelo a lui apparso che ciò che lei portava nel grembo veniva dallo Spirito sant). Pieno di timore, Giuseppe non la ripudiò, ma, fattosi in quei giorni per la prima volta in Giudea un censimento sotto Quirino, salì da Nazaret, dove abitava, a Betlemme, di dove era originario, per farsi registrare. Egli infatti apparteneva alla tribù di Giuda, che abitava quella regione, A lui e a Maria fu anche ordinato di andare in Egitto e di restarvi con il bambino fino a che fosse loro rivelato di fare ritorno in Giudea. A Betlemme, comunque, nacque il Bambino. Poiché Giuseppe non sapeva dove alloggiare in quel villaggio, riparò in una grotta nelle vicinanze. E mentre erano là, Maria diede alla luce il Cristo e lo depose in una mangiatoia. Lì giunsero e lo trovarono i magi. Venuti dall’Arabia Dunque i magi venuti dall’Arabia non fecero ritorno da Erode, com’egli aveva chiesto loro di fare, e si allontanarono per un’altra via, secondo quanto loro ordinato, alla volta del loro paese, e Giuseppe d’altra parte si diresse con Maria e il bambino verso l’Egitto così com’era stato loro rivelato. Erode allora, dato che non conosceva il bambino che i magi erano venuti ad adorare, ordinò di eliminare senza meno tutti bambini di Betlemme>> (Dialogo con l’ebreo Trifone, 78,2, 3, 4, 5, 7).

Il Transito di San Giuseppe, Tela di Michele Attanasio 1885 – Chiesa di San Giuseppe al Transito – Catania

Il presbitero alessandrino Origene (184-253), in un’omelia ha voluto mettere in luce che <<Giuseppe era giusto e la sua ver­gine era senza macchia. La sua intenzione di lasciarla si spiega per il fatto di aver riconosciuto in lei la forza di un miracolo e di un mistero grandioso. Per avvicinarsi a esso, egli si ritenne indegno>>. L’alessandrino diceva ancora che: <<Giuseppe capiva che Gesù gli era superiore pur essendo sottomesso a lui in tutto e, conoscendo la superiorità del suo inferiore, Giuseppe gli comandava con timore e misura. Che ciascuno rifletta su questo: spesso un uomo di minor valore è posto al di sopra di gente migliore di lui e a volte succede che l’inferiore ha più valore di colui che sembra comandargli. Quando chi ha ricevuto una dignità comprende questo non si gonfierà di orgoglio a motivo del suo rango più elevato, ma saprà che il suo inferiore può essere migliore di lui, così come Gesù è stato sottomesso a Giuseppe>> (Omelia su Luca XX,5, S.C. p. 287).

Grandi santi e teologi di diverse epoche si sono mostrati convinti che Giuseppe sia stato assunto in Cielo al tempo della Risurrezione di Cristo. Così il santo vescovo Francesco di Sales (1567 – 1622) in un suo sermone afferma: «Non dobbiamo per nulla dubitare che questo santo glorioso abbia un enorme credito nel Cielo, presso Colui che l’ha favorito a tal punto da elevarlo accanto a Sé in corpo e anima. Cosa che è confermata dal fatto che non abbiamo reliquie del suo corpo sulla terra. Così che mi sembra che nessuno possa dubitare di questa verità. Come avrebbe potuto rifiutare questa grazia a Giuseppe, Colui che gli era stato obbediente tutto il tempo della sua vita?».

A tal proposito, il santo papa Giovanni XXIII, nel maggio del 1960, in occasione dell’omelia per la canonizzazione del card. Gregorio Barbarigo, ha mostrato la sua prudente adesione a quest’antica «pia credenza» secondo cui Giuseppe, come anche Giovanni Battista, sarebbe risorto in corpo e anima e salito con Gesù in Cielo all’Ascensione. Il riferimento biblico sarebbe in Matteo 27,52 «…e i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E, uscendo dai sepolcri, entrarono nella Città santa e apparvero a molti…».

Diac. Dott. Sebastiano Mangano

già Cultore di Letteratura Cristiana Antica nell’Università di Catania

              

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