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“Negli ultimi 40 anni abbiamo assistito ad un incremento delle diseguaglianze economiche e sociali nel nostro Paese. Adesso per ridurle, per ribilanciare i “poteri” occorre un cambiamento che possiamo raggiungere solo con un nuovo compromesso fra le diverse parti della società”. È la sfida che lo statistico e economista Fabrizio Barca ha lanciato alle studentesse e studenti, docenti e cittadini che ieri pomeriggio hanno partecipato all’incontro nell’aula conferenze del Polo didattico del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania.
Un seminario che ha preso spunto dalla presentazione del libro di Fabrizio Barca dal titolo “Disuguaglianze, conflitto, sviluppo – La pandemia, la sinistra e il partito che non c’è”, edito da Donzelli.
“Esiste una correlazione fortissima tra l’interruzione di un fenomeno storico che è la riduzione delle diseguaglianze, un fenomeno straordinario registrato nell’Occidente tra il 1915 e il 1980 – ha detto in apertura l’ex presidente del Comitato Ocse Politiche territoriali e ministro per la Coesione territoriale nel governo Monti –. Improvvisamente le diseguaglianze smettono di ridursi e anzi aumentano quelle di ricchezza. Tutto ciò è legato al passo indietro della politica e dei partiti dall’inizio negli anni ’80 con un trasferimento delle decisioni alla tecnica. Vi è la rinunzia dei partiti, ormai diventata incapacità del “saper fare”, a rappresentare e a ascoltare le aspirazioni e a discutere con i cittadini e soprattutto a non prendere scelte su temi molto importanti per la società di oggi. Penso, ad esempio, al fatto che dobbiamo riprendere a confrontarci sulle scelte energetiche e sull’istruzione del nostro Paese. È paradossale che all’aumento dell’istruzione di massa, ad una partecipazione più attiva della società, frutto anche della cultura liberista che ha soppiantato quella del trentennio post bellico, adesso assistiamo nuovamente ad un nuovo distacco tra i cittadini e la politica”.

L’economista Fabrizio Barca

“È necessario un cambiamento e per realizzarlo tutti dobbiamo concorrere per quell’auspicato  salto di qualità nella strategia dell’Ue mirando assieme alla giustizia per l’attuale e per le future generazioni” ha spiegato dirigente di ricerca in Banca d’Italia e di politica pubblica nel ministero dell’Economia e delle Finanze dopo gli interventi della direttrice del dipartimento di Scienze politiche, Pinella Di Gregorio, della presidentessa  dell’Associazione Memoria e Futuro Adriana Laudani e dei docenti Teresa Consoli e Carlo Pennisi dell’ateneo catanese.
“Occorre un nuovo soggetto politico che va ricercato in alleanze che possano mescolare linguaggi diversi e soprattutto una nuova visione del futuro desiderato – ha aggiunto Barca. Nuove alleanze, dunque, che possano elaborare proposte, sperimentare metodi di confronto e diffondere conoscenza oltre a favorire quel confronto acceso, informato, aperto e ragionato per raggiungere accordi e per svolgere quella funzione di intermediazione con chi in democrazia esercita il potere al fine di raggiungere i risultati. Un’alleanza che pone sullo stesso piano la conoscenza della ricerca e dell’accademia con le conoscenze delle organizzazioni di cittadinanza attiva col fine di disegnare politiche pubbliche e azioni collettive che possano ridurre le disuguaglianze e accrescere la giustizia sociale. Dobbiamo concentrarci sulle differenti disuguaglianze economiche, sociali e di riconoscimento e nel dettaglio a quelle legate al controllo e accesso alla ricchezza, a quelle legate al reddito e all’accesso, qualità e remunerazione del lavoro, a quelle relative all’accesso e alla qualità dei servizi essenziali come istruzione, mobilità e salute e, infine, nella partecipazione alle decisioni”.
A margine del seminario Fabrizio Barca si è soffermato anche sul Pnrr e sulla crisi ucraina.
“Il Pnrr deve essere risolutivo soprattutto per il Sud, anche se secondo me non è stato disegnato bene in quanto manca di una visione d’insieme. Al Sud i soldi arrivano gocciolando e l’unica chance è quella della tecnica dell’imbuto, ovvero se i territori sono organizzati acchiappano l’imbuto e trasformano le gocce in un fiume”ha sostenuto l’ex ministro.
“In merito alla crisi ucraina credo che al momento stiamo assistendo ad una Unione Europea piuttosto debole, unita nell’immobilismo, perché nessuno si è mosso dal proprio divano – ha detto in conclusione -. Stiamo fornendo armi per prolungare l’agonia degli ucraini senza svolgere una funzione di mediazione che l’Onu adesso non può più svolgere. Puntiamo in una destabilizzazione della Russia, se avvenisse bene, altrimenti assisteremo altri morti”.

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