Quotidianamente siamo bombardati da termini che si riferiscono a nuove tecnologie e innovazioni, e spesso la nostra mente li registra e li recepisce, senza tuttavia comprendere appieno ciò a cui si riferiscano: la realtà aumentata (AR) viene, infatti, spesso confusa e sovrapposta alla realtà virtuale (VR), nonostante si tratti di due concetti ben diversi. Anzi, potremmo dire sostanzialmente opposti. La realtà virtuale si raggiunge indossando oggetti – un casco, occhiali, visori, etc – che hanno il preciso obiettivo di farci travalicare un confine fisico ed effettivo con la realtà vera e propria, per proiettarci in un mondo completamente diverso, costituito da immagini fittizie.
Al contrario, la realtà aumentata non è altro che un’estensione di quanto stiamo veramente vivendo e di quello abbiamo effettivamente davanti agli occhi in un preciso momento e non si prefigge in alcun modo di occultare qualcosa: al contrario, ha il preciso fine di integrare quello che stiamo sperimentando, mediante la proiezione di immagini in una ristretta area o su un display. Anche in questo caso, si può fruire di oggetti simili a quelli citati in precedenza, i quali però non precluderanno la nostra visuale, bensì la amplieranno, fornendoci ulteriori dati e informazioni, altrimenti a noi inaccessibili in quel preciso momento.
Per trovare modelli di realtà aumentata, non occorre andare molto lontano dal nostro quotidiano, ne sono infatti una esemplificazione diverse applicazioni che utilizziamo giornalmente, o comunque molto spesso. Forse quella che spicca su tutte nella memoria collettiva, anche perché risalente a qualche anno fa, è l’app di gioco Pokémon Go: l’imperterrita ricerca di simpatici esserini animati che si nascondono in giro per le strade dei nostri comuni, dietro a un albero del parco, e in una miriade di altri posti ancora, catturabili attraverso una rapida inquadratura dello smartphone. Questa app è una perfetta illustrazione della sovrapposizione che produce la realtà aumentata; e, a pensarci bene, nel campo del gioco digitale, l’AR può davvero fare la differenza e offrire un’importante opportunità di svolta nell’esperienza ricreativa, probabilmente riscuotendo ancor più successo nei settori di gioco che originariamente erano fruibili esclusivamente dal vivo, ma che sono stati oggetto di progressivo e consistente esodo verso il mondo del web: si pensi a come si sono evolute le piattaforme di casinò online che potranno in futuro, grazie all’AR, garantire ai propri utenti un’esperienza ancora più vicina a quanto si provava nella rete fisica di gioco.
Ma non è solo nel gioco che l’AR offre il proprio contributo: potremmo trovarci al centro di un meraviglioso anfiteatro naturale di roccia nel bel cuore delle Dolomiti, ma sprovvisti di cartina, dunque impossibilitati a distinguere le diverse vette all’orizzonte e, in quel caso, la realtà aumentata ci verrebbe incontro, mediante un’app in grado di sfoderare i nomi di tutte le cime a noi visibili, solo attraverso una rapida inquadratura del nostro smartphone. Se siamo troppo pigri per dedicarci all’escursionismo, possiamo banalmente trovare l’AR nei milioni di filtri, ormai finanche abusati, inizialmente promossi da Snapchat.
Ma anche salendo in auto possiamo trovare esempi di AR: la visuale a 360° del veicolo dall’alto che viene riprodotta grazie alle diverse telecamere installate e che ci offre un punto di vista altrimenti irraggiungibile; la proiezione di segnali stradali sul cruscotto o di altre informazioni sul parabrezza.
Insomma, i campi in cui l’AR può rendersi davvero utile sono moltissimi e spaziano dalla medicina, all’archeologia, al militare, all’aeronautica, al gioco; come per ogni altro avanzamento tecnologico, è però dirimente che venga sviluppata in modo coscienzioso ed equilibrato, in modo che l’utente non venga sovraccaricato di dati che non è in grado di gestire o che lo indurrebbero a fare eccessivo affidamento sul sistema, perdendo il contatto con l’ambiente circostante.