Gli studenti fuori sede iscritti all’Università di Catania sono 1938 ma i posti letto assegnati con il bando 2022/2023 sono soltanto 680. Non ce ne sono altri disponibili. Il dato diventa ancora più allarmante se si considera che sono 2731 gli studenti che hanno fatto richiesta di accedere agli alloggi universitari (tra questi ci sono anche coloro che risiedono in comuni molto lontani dal capoluogo etneo). I dati divulgati stamattina dall’UDU, l’Unione degli universitari della provincia di Catania, provengono dall’Ersu (Ente regionale per il diritto allo studio), e rimandano a una realtà che non garantisce il diritto di accesso alla formazione universitaria a tutti gli iscritti, indipendentemente dal reddito. Laurearsi costa molti soldi a causa delle tasse d’iscrizione e dei libri di testo, ma per coloro che non risiedono nella città in cui si trova l’Ateneo, il costo si moltiplica vertiginosamente.
Per questo stamattina, insieme a Damiano Licciardello, responsabile dell’Udu di Catania, anche il Sunia, il sindacato provinciale degli inquilini rappresentato da Agata Palazzolo, e la Cgil, con la sua segretaria confederale Rosaria Leonardi (nella foto sopra) hanno chiesto alle istituzioni di risolvere il dannosissimo gap ai danni delle famiglie a basso reddito. I tre sindacati chiedono un confronto con l’Ateneo, l’Ersu e il Comune di Catania.
Spiega Damiano Licciardello: “Appena il 36 % degli studenti fuorisede può usufruire di un alloggio universitario e se consideriamo il numero reale dei richiedenti, la percentuale si abbassa ulteriormente. Questo spinge gli studenti a ricercare alloggi privati che non sempre garantiscono il rispetto delle norme di sicurezza e di igiene. Catania inoltre non offre un servizio di trasporti degno di una città universitaria e ciò rappresenta un ulteriore limite. Per questo, insieme a CGIL e SUNIA, stiamo proponendo su tutto il territorio nazionale la compilazione di un questionario che ci permetterà di restituire una fotografia completa delle soluzioni abitative degli studenti fuori sede entro il prossimo autunno. L’obiettivo sarà individuarne le criticità e proporre soluzioni”.
Il questionario viene divulgato dal sindacato degli universitari catanesi attraverso i social media dell’UDU. Gli utenti sono invitati a compilare un questionario.
Agata Palazzolo sottolinea che “in Italia le spese da sostenere per gli studi, sono le terze più alte d’Europa, e incidono moltissimo sul portafoglio familiare. A pagarne il costo sociale più alto sono gli studenti delle famiglie meno facoltose. L’alloggio incide sul budget sino all’80%. Accade dunque che molti si avventurano in case dalle condizioni igieniche e di sicurezza davvero precarie e con costi energetici elevati, spesso pagando l’affitto in nero o sottoscrivendo contratti che non tengono conto di clausole importanti. Ecco perché la soluzione di un alloggio garantito dall’Università sarebbe la soluzione più democratica, soprattutto in una città economicamente instabile come la nostra.La mancanza di alloggi in affitto a canoni sostenibili non è solo un problema dei tanti studenti fuori sede ma anche di tantissime famiglie che non riescono a locare un alloggio. Il Sunia ritiene indispensabile, da un lato, che vengano invogliati i proprietari a scegliere il canale concordato eliminando la cedolare secca al 21% per i contratti liberi al fine di ottenere una calmierazione dei canoni e dall’altro, che venga istituito un fondo di garanzia attraverso finanziamenti pubblici, per quei locatori che affittano i loro alloggi a canoni calmierati a studenti e famiglie con condizioni economiche medio basse”.
La Cgil di Catania, per bocca di Rosaria Leonardi ricorda che per far fronte al caro affitti, sono stati messi a disposizione dal governo fondi del PNRR per 660 milioni di euro Missione M4C1; fondi che dovrebbero servire a trasformare caserme ed immobili in disuso in nuove residenze per studenti. Ma serve che venga confermata a livello legislativo l’immediata operatività delle misure.
Poi dovranno essere emessi i bandi e a quel punto bisognerà cercare di raggiungere l’obiettivo nazionale, ossia triplicare il numero di posti da 40.000 a 100.000 entro il 2026 per gli studenti fuori sede.
“Ma intanto – prosegue Leonardi –come si gestirà l’emergenza alloggi con l’aumento degli affitti? E che fine ha fatto quella idea di “campus universitari” di cui si parlava a Catania fino a qualche anno fa e per la quale avevamo individuato allocazione e alloggi al centro storico, in sostituzione dei vecchi ospedali chiusi e abbandonati? È necessario che i nostri rappresentanti istituzionali comprendano che l’Istruzione universitaria, la ricerca, la valorizzazione delle competenze e la formazione professionale, devono assumere sempre più rilevanza per il superamento della crisi economica e per lo sviluppo del nostro territorio. Investire sui giovani, sul capitale umano deve diventare prioritario”.