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Lo spettacolo “Alcibiade”, prodotto dal Centro Magma in collaborazione con le associazioni Terre Forti e Darshan e sotto gli auspici della Regione Siciliana, Assessorato Turismo, Sport e Spettacolo, debutterà alla Sala Magma di Catania (via Adua n. 3) venerdì 24 Maggio alle ore 21; al momento, sono previste repliche nei giorni di sabato 25 (ore 21) e domenica 26 (ore 18,30). Ingresso: Euro 10,00 – Ridotto (studenti, ultrasessantacinquenni e convenzionati) euro 8,00 – Info e prenotazioni: 095 444312 – 3333337848 – 3475768457 – mail@centromagma.it – Fb: Sala Magma.

Le musiche sono state appositamente composte ed eseguite da “Oi Dipnoi” (Valerio Cairone, Marco Carnemolla e Mario Gulisano) e contengono anche le sonorità vocali di Lucia Nicotra e Donatella Marù (la quale collabora alla messa in scena in molteplici ruoli). Al lavoro “collettivo” ha partecipato anche Orazio Indelicato; la produzione video è di Simona Brancè mentre fotografo ufficiale è Simone Nicotra.

Antonio Caruso in “Alcibiade”

Quale più stimolante “materia” per una azione teatrale! Il resto è, infatti, riservato all’azione, all’«hic et nunc» (qui e adesso) di un certo modo di intendere il teatro. Se, poi, si ha la ventura che un testo scritto – in versi, come sa fare Lui – da Renato Pennisi incontri due sodali “storici” come Antonio Caruso (attore) e Salvo Nicotra (regista), allora l’avventura non può che prendere corpo, e vivificarsi nel solco che da un quarto di secolo contraddistingue la loro creatività e quella del Centro Magma che la propone.

Così Pennisi: “Il fantasma di Alcibiade si è aggirato nei miei pensieri per molti anni. Dovevo in qualche modo dare corpo a un giocatore, a un personaggio che doveva sentirsi un predestinato. Alcibiade, infatti, ha giocato con uomini e donne, con la religione, con la sua città e con il suo tempo muovendo popoli e nazioni come su una scacchiera. Ha giudicato l’umanità guardandola dall’alto, ha messo a frutto le sue qualità, la bellezza, il denaro, la capacità oratoria, la sua cultura, la sua scaltrezza, per diventare il motore e l’essenza stessa della Storia, persino inconsapevole di cosa fosse il tradimento. Alcibiade non aveva un progetto politico, l’agire doveva essere un finale di partita con un esito positivo. Sempre. Dovevo raccontare quest’uomo come lo avvertivo, come lo immaginavo. Fino all’epilogo da esiliato, fino al confrontarsi con la solitudine e la morte”.

Nella messa in scena il testo è affrontato tenendo conto di diversi piani di lettura (da quello narrativo-storico a quello allusivo di uomini e cose di ogni tempo e luogo); purtuttavia, con la profonda consapevolezza che la trasfigurazione teatrale si spinge sino agli interstizi più reconditi dell’umano, avvalendosi di tutte le componenti che interagiscono. A cominciare dai suoni, dalle parole (come significato e come suono esse stesse), dai colori e persino dai materiali spesso “impropriamente” utilizzati, dai gesti che un gruppo di persone (autore del testo, regista, attore, musicisti, ecc.) hanno vissuto assieme tra di loro e che si propongono di rivivere assieme a quanti interverranno.

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