Catania News

Stanotte maxi operazione antimafia dei Carabinieri nel territorio etneo con oltre 500 militari dell’Arma che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 109 indagati su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia. Arresti sono in corso in Italia e all’estero. Al centro delle indagini, coordinate dalla Dda della Procura, lo storico clan Laudani.  I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, spaccio e traffico di stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi.

Le indagini dell’inchiesta “Viceré” contro il clan Laudani, noti come “’Mussi di ficurinia”, hanno consentito di ricostruire l’organigramma della cosca. La famiglia è considerata una delle più ramificate e pericolose consorterie criminali operante nel Catanese, caratterizzata da una autonomia criminale orgogliosamente rivendicata anche nei confronti di Cosa nostra catanese, con la quale, peraltro, non ha disdegnato di stringere alleanze partecipando alle più sanguinose faide degli anni Ottanta e Novanta, con saldi legami anche con la ‘Ndrangheta reggina.

Carabinieri del comando provinciale di Catania ritengono di avere individuato capi e gregari, accertando numerose estorsioni praticate in modo capillare e soffocante ai danni di imprese e attività commerciali del territorio e riscontrando un diffuso condizionamento illecito dell’economia locale esercitato anche con attentati alle attività produttive e aggressioni agli imprenditori. Ma nonostante gli sforzi degli investigatori, nessun decisivo contributo alle indagini è emerso dalle dichiarazioni delle vittime che, a riprova del profondo stato di assoggettamento, o hanno negato di essere sottoposte al pagamento del ‘pizzo’ o si sono limitate ad ammettere il solo fatto storico dell’estorsione, non fornendo alcun elemento utile per l’identificazione dei responsabili.

Le indagini hanno anche permesso di evidenziare il ruolo centrale ricoperto da tre donne all’interno all’organizzazione. Donne in grado di dirigere le attività criminali della cosca seguendo le direttive impartite dai vertici della famiglia. Si sarebbero occupate anche della gestione della cassa comune e del sostentamento economico delle famiglie degli affiliati detenuti.

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