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Mercoledì 20 luglio, il Collegio dei commissari europei discuterà il futuro di tutta l’industria manifatturiera europea a fronte della richiesta  della Cina di ottenere lo stato di economia di mercato (MES, Market Economy Status).  

“Ciò che la Cina vuole dall’UE è la “licenza di fare dumping” ed essere trattata come una vera e propria economia di mercato in qualsiasi indagine antidumping dell’UE. Vi è il serio rischio che la Commissione europea proponga de facto di concedere tale licenza, intenzionalmente o meno. In ogni caso, le conseguenze sarebbero le stesse, a prescindere dalle misure aggiuntive messe in atto. Si lascerebbe campo libero a un attacco senza precedenti contro tutte le industrie manifatturiere dell’Unione Europea, con il risultato che verrebbero messi a rischio milioni di posti di lavoro”, ha affermato Milan Nitzschke, portavoce di AEGIS Europa, in rappresentanza di 30 associazioni manifatturiere europee.

“Non si tratta solo di eccessiva capacità nel settore dell’acciaio, ma in tutte le categorie di prodotto e di tecnologia, dalla A di alluminio, alla Z di zero emissioni. Ciò avrà un impatto sull’intera economia, dai settori delle PMI ai settori con imprese che operano su larga scala”, ha avvertito Nitzschke.

All’interno dell’UE ci sono 5 criteri precisi che definiscono un’economia di mercato. Tali criteri sono indiscussi ed esistevano da prima che la Cina aderisse all’OMC, 15 anni fa. Ad oggi la Cina ha soddisfatto soltanto 1 dei 5 criteri dell’UE.

“Per qualsiasi proposta riguardante le metodologie di calcolo in campo di misure antidumping, è essenziale fare riferimento ai 5 criteri stabiliti dall’UE per definire le economie di mercato. Altrimenti le misure antidumping dell’UE risulterebbero suscettibili a contestazioni. Di conseguenza, gli investimenti nell’UE sarebbero soggetti a una nube di incertezza”, ha avvertito Nitzschke.

L’infondata richiesta della Cina di essere trattata come una vera e propria  economia di mercato potrebbe effettivamente indebolire le misure antidumping dell’UE nei confronti delle importazioni dalla Cina. Inoltre, non si terrebbe conto del fatto che i prezzi delle esportazioni cinesi , finanziati dallo Stato, sono ben al di sotto dei prezzi e dei costi di mercato internazionali.

“Per fare un paragone con lo sport, è come se, alle Olimpiadi, venissero aumentati i controlli antidroga su tutti gli atleti tranne che sugli atleti cinesi, a cui verrebbe solo richiesto di mostrare un certificato medico rilasciato dalle autorità cinesi”, ha concluso Nitzschke.

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