Cultura

Catania sembra fatalmente destinata a perdere completamente la memoria storica del suo passato anche a causa della recente revisione della toponomastica del centro cittadino.

Cancellare certi nomi ricchi di storia costituisce un atto che, inesorabilmente, smantella il ricordo dei nomi di siti e località, spesso unico segno superstite della storia della sua identità stratificatasi lungo i secoli.

Anche se la nuova intitolazione di vecchie strade e piazze viene assegnata a degnissimi ed illustri concittadini contemporanei, ciò non toglie il vulnus inferto alla travagliata storia della città. Recentemente è stato cambiato il nome di piazza Spirito Santo, che si riferiva non all’attuale chiesa parrocchiale ortodossa italo-greca intitolata al vescovo bizantino San Leone il Taumaturgo dopo essersi insediata nell’ex chiesa confraternale San Cristoforo Minore salvata oltre 60 anni fa dallo sventramento del San Berillo, ma alla scomparsa chiesa confraternale dello Spirito Santo che sorgeva fino al 1952 – cioè prima che iniziassero le demolizioni di gran parte delle case del quartiere- e venne abbattuta per far posto a un nuovo edificio per deposito di tessuti a sua volta, pochi anni dopo, distrutto dal piccone del “risanamento”.

L’antica chiesa dello Spirito Santello intus civitatem aveva ereditato il nome di una precedente del sec. XV che doveva sorgere, con l’omonimo lazzaretto, nei pressi dell’ex chiesa Santi Antnio ed Euplio in via Abate Francesco Ferrara. Lì, nel giugno 1576, sostò la processione straordinaria delle reliquie di Sant’Agata per chiedere la cessazione della peste come prodigiosamente avvenne. Da quel drammatico episodio ebbe origine la festa del Patrocinio di S. Agata.

In questi giorni è stata annunciata un’altra “importante novità”: la piazza Santa Maria dell’Ogninella sarà intitolata allo scultore Emilio Greco. Nulla quaestio per la lodevole iniziativa, ma molta amarezza nel sapere che sta per scomparire un altro nome legato all’omonima bellissima chiesa delle Sette Cantoniere, costruita dall’architetto Giambattista Vaccarini, canonico della Cattedrale. Triste sorte all’Ogninella dal momento che nel passato aveva perso l’intitolazione dell’attuale via Euplio Reina, celebre e dotto chirurgo catanese, che in origine si chiamava vico Gioeni dal palazzo che sorge in piazza Università.

La chiesa di piazza Ogninella, dopo il terremoto del 1693, fu intitolata a Santa Maria dell’Ogninella che il 5 settembre 1755 dal Senato civico (il massimo consesso municipale), presieduto dal nobile Francesco Buglio patrizio (sindaco) della città, sarebbe stata eletta compatrona di Catania.

Racconta in latino il dotto abate Vito Amico in “Catania illustrata” (1741) che, in seguito al terremoto dell’11 gennaio 1693, sotto i ruderi delle mura di Porta S. Orsola fu scoperta “la parete con dipinta l’immagine sicuramente detta <Santa Maria da Ongia> e, trascorso soltanto un anno, la parete con l’affresco della Madonna fu traslocata in una nuova elegantissima chiesa”, “magnifica e splendidissima a vedersi” come è scritto in un atto rogato dal notaio comunale Giambattista Spilio. Guglielmo Policastro in “Catania prima del terremoto del 1693” avanza l’ipotesi che la chiesetta “S. Maria Nova seu di Lognina intus civitatem” fu distrutta, ma la parete con l’immagine (cinquecentesca) della Madonna, rimasta integra, fu chiusa in un’edicola (cona) molto venerata.

La congregazione S. Maria sotto il titolo dell’Ogninella (Gran Signora Maria di Lognanella) nacque nel 1711 (anno della ricostruzione della chiesa, su progetto del Vaccarini, sui ruderi della precedente cappelletta su un terreno donato dalle famiglie Gioeni al giudice Burgio) ed era composta da dottori in legge, medicina, teologia, procuratori, notai e sacerdoti. L’Amico tenta di chiarirne la controversa denominazione riferendosi ad “Ongia”, il nome dell’approdo (a 4200 metri dalle mura della città), alla destra dell’Etna, dove Ulisse, secondo quanto si ricaverebbe dal libro IX dell’Odissea, sarebbe sbarcato.

Lì sorgeva la celebre chiesa di S. Maria da Ongia consacrata intorno al 1560, dove la festa della B. V. Maria era celebrata l’8 settembre. Una chiesa con lo stesso nome “da Ongia” esisteva vicino alle mura urbiche; in una sua parete era dipinta una devotissima immagine della Madre di Dio che, divenuta veneratissima dal popolo, fu spostata sull’altare maggiore di una nuova ed elegantissima chiesa. Pietro Carrera ritiene che il nome di Lognina proviene da Ongia, stimata per “Dea dagli Antichi; <poscia la lingua del volgo da Ongia in Onghia e l’Ognina con la lettera “l” apostrofata…indi togliendovi l’apostrofo Lognina la chiamò>.

La celebrazione della festa della Madonna Ogninella ricorre l’8 settembre; un tempo era considerata “senatoria” perché comportava la partecipazione in pompa magna del Senato civico.

E’ bene ricordare che piazza Ogninella è legata all’eroico gesto compiuto da Peppa la Cannunera, il 31 maggio 1860, allorché la “Bulignanina” installò nell’atrio di palazzo Tornabene un cannone che il 6 aprile 1849 era stato nascosto di rivoltosi in un pozzo di casa Dottore.

Aperto all’improvviso il portone, la donna, accesa la miccia, scaricò una cannonata contro i napoletani che colti di sorpresa tra le vie della Loggetta e Mancini, ripararono dietro le barricate tra l’Università e il Municipio lasciando su via Ogninella diversi caduti e un pezzo d’artiglieria. La Cannoniera continuò da sola a sfidare due squadroni di lancieri e da piazza San Placido beffò la cavalleria nemica sparando al momento giusto.

Un’altra chiesa intitolata a S. Maria dell’Ogninella sorgeva nel sito che oggi fa angolo tra via Caronda e via Sisto e si trovava ad operare pastoralmente tra le chiese S. Maria della Mercede e S. Caterina al Rinazzo.

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