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Venerdì 3 si celebra la memoria liturgica del martire S. Biagio, al quale è intitolata la chiesa S. Agata alla Fornace, da dove ha inizio la processione per l’offerta della cera a S. Agata. La ricorrenza ha anche lo scopo di ricordare la Chiesa gloriosa d’Armenia, di cui il popolare vescovo di Sebaste è l’unico testimone nella liturgia romana.

  La condanna alla decapitazione, nel 316, coronò il martirio del santo, la cui venerazione, comune all’Oriente e all’Occidente, attesta che antiche tradizioni sono all’origine del culto alimentato dalla fama dei miracoli.

  Alla conclusione di ogni celebrazione eucaristica del mattino e della sera, il rettore mons. prof. Leone Calambrogio benedirà i fedeli accostando al collo di ogni orante due candele, a ricordo del prodigio avvenuto nella prigione in cui era rinchiuso il martire: venne a trovarlo una madre che lo implorava di liberare suo figlio strozzato da una spina di pesce rimastagli in gola; il che avvenne attraverso un segno di croce e una preghiera. I devoti poi potranno baciare la reliquia di s. Biagio posta sull’altare a lui dedicato.

   La pratica di offrire un cero in sua memoria, sollecitata dallo stesso martire a una madre che lo aveva soccorso in carcere portandogli del cibo e una candela, ha, nel conteso della festa della Candelora celebrata il giorno precedente, il preminente significato di invocare Biagio come uno dei <santi ausiliatori>, specialmente contro il mal di gola. Anche il nome ha influito in Germania, dai secoli XV-XVI, a farlo invocare per le emorragie e le ulcere (blase: vescica).

  Lo stesso giorno si celebra anche la memoria di s. Ansgario o Anscario o Angerio (Oscar), apostolo della Danimarca, monaco benedettino e vescovo di Amburgo. Il primo abate-vescovo di S. Agata e signore feudale di Catania, nominato da Ruggero il normanno nel 1091, fu il monaco benedettino di S. Eufemia in Calabria il bretone Angerio: il culto di s. Angerio nell’Italia meridionale fu portato dai benedettini del nord Europa.

   La chiesa S. Biagio nel 1459 si trovava in contrada Triscini (via Manzoni angolo di S. Giuliano) ed era stata costruita con le elemosine dei fedeli diventando sacramentale nel 1637. Distrutta dal terremoto del 1693, il vescovo Andrea Riggio ne trasferì il titolo in S. Agata alla Fornace fuori le mura, che fu la prima chiesa ad essere ricostruita nella zona denominata “Sant’Euplio” dove si era concentrata la popolazione superstite.

  Durante la ricostruzione del Duomo distrutto dal sisma, funzionò di fatto da cattedrale. Già sede della confraternita dei cocchieri, nel 1711, fu istituita la Congregazione dei preti secolari sotto il titolo di Maria Santissima dei Sette Dolori.

  Sull’attico della facciata dominano le statue di S. Biagio, S. Agata e S. Andrea. All’interno si trovano la pala d’altare del martirio di S. Biagio e la cappella del martirio di S. Agata.

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