Cultura

Gerusalemme – Chiesa del Santo Sepolcro o della Risurrezione

La Pentecoste – che è una delle feste più antiche del calendario cristianosi celebra in tutte le liturgie cristiane cinquanta giorni dopo la Pasqua. Ne trattano il cartaginese  Tertulliano (155 ca.-230 ca – In De baptismo, 19; In De idolatria, 14) e l’alessandrino Origene (185-254 – In Contra Celsum, VIII,22) come festa celebrata annualmente; dal IV secolo fa parte del patrimonio teologico/liturgico delle diverse Chiese. La pellegrina Egeria  – che visitò la Terra Santa tra la Pasqua del 381 e la Pasqua 384 – ricorda  nella sua opera le celebrazioni per la Pentecoste a Gerusalemme: <<Nel cinquantesimo giorno dopo Pasqua, che è domenica e che richiede dal popolo un faticoso impegno, si compiono tutte le cerimonie abituali, iniziando dal canto del primo gallo. La vigilia si fa all’Anastasis , perché il vescovo legga  quel passo del Vangelo che si legge sempre la domenica concernente la risurrezione del Signore; poi nel medesimo luogo si svolgono gli uffici consueti, come durante l’anno>> (Itinerarium Egeriae, 43,1).

L’edicola del Santo Sepolcro restaurato ed inaugurato il 22 marzo 2017

<<Venuto il mattino, il popolo si riunisce nella chiesa maggiore, il Martyrium, e anche là si fa ogni cosa secondo la consuetudine: i sacerdoti predicano, poi predica il vescovo: tutto avviene seguendo la regola, si offre l’oblazione al modo solito, come è abitudine di domenica. Tuttavia quel giorno il congedo è anticipato di modo che abbia luogo prima dell’ora terza. Dopo il congedo al Martyrium tutti, senza eccezioni, scortano il vescovo a Sion, con inni, in maniera però da essere in quel luogo esattamente all’ora terza>> (Itinerarium Egeriae, 43,2).

La Basilica e l’edicola del Santo Sepolcro in una raffigurazione del 1149

<<Giunti là e letto il brano degli Atti degli Apostoli che narra la  discesa dello Spirito, per cui genti d’ogni lingua capivano ciò che era detto, poi si fa la funzione nel modo consueto. I presbiteri leggono il passo di cui si è detto negli Atti degli Apostoli perché esattamente quello è il luogo di Sion – ai nostri giorni c’è un’altra chiesa – dove un tempo dopo la passione del Signore si era radunata una grande folla con gli Apostoli allorquando avvenne ciò di cui sopra abbiamo parlato. L’ufficio prosegue poi regolarmente, si fa l’offerta anche lì e al momento di congedare il popolo l’arcidiacono eleva la sua voce e dice: <<Oggi, subito dopo l’ora sesta, facciamo in modo di essere presenti tutti sull’Eleona, all’Imbomon>> (Itinerarium Egeriae, 43,3).

<<Tutto il popolo rientra allora alle proprie case, ciascuno si riposa un poco e, subito dopo aver mangiato, sale al Monte degli Ulivi, cioè l’Eleona, come può, tanto che nessun cristiano rimane in città e manca di andare>> (43,4)

<<Non appena dunque si giunge sul Monte degli Ulivi, ossia l’Eleona, si va innanzitutto all’Imbomon, il luogo in cui il Signore ascese al cielo. Quivi il vescovo, i sacerdoti e tutto il popolo siedono, si fanno le letture, si alternano inni e si dicono antifone adatte al giorno e al luogo; anche le preghiere alternate hanno sempre un riferimento conveniente al luogo e al giorno. Si legge il passo del Vangelo che racconta l’ascensione del Signore, si legge ancora il passo degli Atti degli Apostoli dove si parla dell’ascensione al cielo del Signore, dopo la sua risurrezione>> (Itinerarium Egeriae, 43,5).

Il Cenacolo sul Monte Sion

<<Quando si è compito ciò, si benedicono i catecumeni, poi i fedeli, e circa all’ora nona si discende di là e al canto di inni si giunge a quell’altra chiesa, che sorge pure sull’Eleona, nella quale vi è la grotta dove il Signore sedeva per isctruire gli Apostoli. Quando vi si arriva è ormai quasi passata la decima ora; si fa il lucernale, si recita una preghiera, si benedicono i catecumeni e i fedeli. Poi si discende di là con inni: tutti, senza eccezione, insieme al vescovo, dicendo inni e antifone intonanti al giorno. Così, adagio, adagio, si arriva al Martyrium>> (Itinerarium Egeriae, 43,6).

Il giardino del Getsemani

<<Quando si giunge alla porta della città è già notte, e vengono portate le candele in chiesa, almeno duecento,  per la gente. Dalla porta fino alla chiesa maggiore, cioè il Martyrium, c’è abbastanza strada da fare e si arriva circa alla seconda ora della notte, poiché si percorre l’intera strada andando adagio adagio a motivo della gente, in modo che il cammino non la affatichi. Aperte le grandi porte, che sono dalla parte del mercato, tutto il popolo entra nel Martyrium insieme al vescovo, con inni. Dopo l’entrata in chiesa si dicono inni, si fa una preghiera, si benedicono i catecumeni e poi i fedeli, quindi di nuovo, partendo di là, si va all’Anastasis con inni>> (Itinerarium Egeriae, 43,7).

<<Allo stesso modo, quando si arriva all’Anastasis, si dicono inni e antifone, si fa una preghiera, si benedicono i catecumeni, poi i fedeli; le stesse cose avvengono alla Croce. Di là poi tutto il popolo cristiano, nessuno escluso, con inni, accompagna ancora il vescovo a Sion>> (43,8).

Gerusalemme – Monte degli Ulivi – La cappella dell’Ascensione

<<Quando vi è giunto, si fanno letture appropriate, si dicono salmi e antifone, si recita una preghiera, si benedicono i catecumeni e i fedeli e ha luogo il congedo. Dopo il congedo tutti si stringono intorno al vescovo e alla sua mano; poi ciascuno ritorna alla propria casa verso mezzanotte.

Come si vede in questo giorno ci si affatica moltissimo, poiché fin dal canto del primo gallo si è celebrata la vigilia all’Anastasis e da quel momento per tutto il giorno non c’è stata alcuna interruzione: inoltre tutte le celebrazioni si prolungano, tanto che è mezzanotte quando la gente rientra a casa dopo che c’è stato il congedo a Sion>> (Itinerarium Egeriae, 43,9)

La Grotta al Getsemani dove insegnava Gesù

Il diacono Romano il Melode, che nacque nel 490 nella città di Homs, in Siria – oggi martoriata dalla guerra – ha un kontakion di 18 strofe, che segue quasi senza soluzione di continuità quello per la festa dell’Ascensione del Signore. La strofa del proemio di questo inno, Romano mette in parallelo da una parte la confusione delle lingue e dei popoli a Babele (Gen 11,5-7), e dall’altra l’unità e l’unisono creatisi tra gli uomini e i popoli dopo il dono dello Spirito Santo: «Quando discese a confondere le lingue, l’Altissimo divise le genti; quando distribuì le lingue di fuoco, convocò tutti all’unità. E noi glorifichiamo ad una sola voce il santissimo Spirito».

Chiesa del Santo Sepolcro – Pietra dell’Unzione

Le due prime strofe del testo di Romano sono una accorata preghiera indirizzata a Cristo dalla bocca della Chiesa nell’attesa del dono dello Spirito. Cristo è invocato come colui che consola, che assiste la comunità dei fedeli, come lui stesso ha loro promesso dopo la sua Ascensione: «Non mi separo da voi. Io sono con voi e nessuno sarà contro di voi”; è una preghiera a colui che è sempre presente nella vita dei discepoli: “…non allontanarti dalle anime nostre. Avvicinati a noi, avvicinati tu che sei ovunque! Come sei rimasto per sempre insieme ai tuoi apostoli…». Asceso in cielo, il Signore continua sempre presente nelle anime degli apostoli, dei battezzati: «…dopo essere assunto lassù, tu continui ad abbracciare il mondo di quaggiù. Neppure un luogo è privo di te, o Infinito… poiché sei tu a sorreggere l’universo riempiendo ogni cosa…”. Queste due strofe sono di invocazione allo Spirito Santo: «Re celeste, Paraclito, Spirito della verità, tu che ovunque sei e tutto riempi, tesoro dei beni e datore di vita, vieni ed abita in mezzo a noi, purificaci da ogni macchia e salva, o buono, le anime nostre».

Gerusalemme – Chiesa del Santo Sepolcro – Il Calvario

Il kontakion continua con altre cinque strofe che mettono in rilievo la figura di Pietro tra gli apostoli. È lui che li raduna e che dirige la loro preghiera; Romano lo presenta come il primo tra gli apostoli, come il pastore in mezzo agli agnelli: «…tra i discepoli Cefa, come primo nel rango ad essi parlò…; Pietro li fece alzare per la preghiera…, e insieme a lui si radunarono come agnelli intorno al pastore…». L’esortazione di Pietro ha un’indicazione chiara all’alzarsi e inginocchiarsi: «Pietro li fece alzare per la preghiera e in mezzo a loro parlò dicendo: «Preghiamo, inginocchiamoci, supplichiamo: facciamo di questa camera una chiesa… Cantiamo e imploriamo rivolti a Dio…». Romano vede la preghiera degli apostoli quasi come un documento firmato e sigillato che sale fino a Cristo Signore che, accogliendola, manda sui discepoli lo Spirito Santo; inoltre l’autore sottolinea come lo Spirito Santo discende su di essi per decisione e volontà proprie, indipendentemente dal Figlio. Si tratta di una strofa che ha ancora un sapore anti ariano, collegato sicuramente alla professione di fede del concilio di Costantinopoli del 381: «Completate le loro suppliche, subito le firmarono, le sigillarono con la fede e le inviarono lassù. Il Maestro le lesse e disse: «Discendi, consolatore sovrano, non per mio ordine ma per tua volontà: ti aspettano ormai i discepoli che io ho radunato per te e per il Padre…».

Romano il Melode
Icona della Bielorussia (1649)

La discesa dello Spirito Santo Romano la descrive in altre cinque strofe, facendo una parafrasi del testo di At 2,1ss. Il luogo dove si trovano i discepoli riuniti, scosso dal vento tempestoso, l’autore lo paragona a una barca scossa dalla tempesta nel mare e la accosta alla pericope di Mt 8,23ss dove si narra la tempesta nel mare di Galilea, calmata dal Signore: «…vi fu un suono all’improvviso come di vento forte risonante dal cielo, riempì tutta la stanza di fuoco… Gli eletti, perciò, vedendo la stanza scossa come una barca, esclamarono: «Signore, fa’ cessare la tempesta e manda il santissimo Spirito». Inoltre Romano sottolinea come le lingue di fuoco mandate dal cielo non bruciano i discepoli, bensì illuminano la loro mente: «Lingue di fuoco li lambirono e andarono a posarsi sulle teste degli eletti, senza bruciare i capelli ma illuminando le menti: le aveva mandate per lavare e purificare il santissimo Spirito>>. Ed è ancora Pietro che prende la parola in mezzo ai discepoli per introdurli nel significato del prodigio che si compie in mezzo a loro e per esortarli ad un atteggiamento di fiducia e non di paura, anche se la sua comprensione supera la loro intelligenza: <<Pietro disse: «Fratelli, rispettiamo ciò che vediamo senza porre domande! Nessuno dica: che cosa è questo che vediamo?, poiché quello che si stà compiendo supera l’intelligenza e sopravanza la comprensione».

Chiesa e abbazia della Dormizione della Vergine sul Monte Sion

Il fuoco mandato dall’alto non brucia né consuma coloro su cui riposa, come un tempo i tre fanciulli nella fornace di Babilonia: «Non abbiate paura, i carboni non bruciano! Non spaventatevi: questo fuoco non consuma!… ricordate che una volta il fuoco accolse i tre fanciulli e non bruciò i loro corpi…». La discesa dello Spirito Santo sui discepoli si manifesta nel dono delle lingue, nella loro capacità di farsi eloquenti a tutte le nazioni: «Ripieni all’improvviso dello Spirito, tutti incominciarono a parlare agli ascoltatori nel modo in cui questi potevano udirli…». La molteplicità delle lingue, pero, non toglie la semplicità e la chiarezza della parola degli apostoli nell’annunciare l’unico Dio: «Quelli che prima cucivano le reti ora disfano e vanificano le trame dei retori con la loro più semplice parola. Essi proferiscono un solo Verbo in luogo di molti, essi proclamano un solo Dio… Essi adorano l’Uno in quanto unico, il Padre incomprensibile, il Figlio consustanziale e indivisibile e, uguale ad essi, il santissimo Spirito». La strofa conclusiva, di straordinaria bellezza, è un canto all’annuncio della buona novella che i discepoli proclamano, e che Romano riassume nell’intera economia della salvezza adoperata dal Signore Gesù Cristo: «Celebriamo, fratelli, le lingue dei discepoli perché non con un discorso elegante ma con la potenza divina hanno catturato noi tutti. Hanno preso la croce di lui come canna, hanno usato le parole come filo ed hanno catturato il mondo. Hanno avuto il Verbo come amo appuntito, la carne del Signore dell’’universo è diventata come un’esca, che non conduce alla morte, ma trae alla vita quelli che tributano venerazione e gloria al Santissimo Spirito». Il diacono Romano – che morì a Costantinopoli nel 556 – è venerato dalla Chiesa Cattolica e Ortodossa, che ne celebrano la memoria il 1° ottobre.

Diac. Sebastiano Mangano

 

 

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