Cultura

Basilica di San Pietro in Vaticano – Roma

Di Aurelio Prudenzio Clemente, il più rappresentativo poeta cristiano di lingua latina, che nacque nel 348 a Callagurris ((Hispania Tarraconensis: odierna Calahorra) poco si conosce della sua vita, e quel poco lo sappiamo attraverso le sue opere.

Egli, secondo la tradizione romana, studiò retorica e diritto, seguendo poi un percorso professionale come avvocato e vicarius della provincia. Verso i cinquant’anni, spinto dal fervore religioso, tardivamente recuperato, si dedicò alla poesia religiosa, didascalica e morale: un’attività letteraria che si concentra in pochi anni tra il 401 e il 405.  Il Peristephanon, che pare sia stato concepito dal poeta spagnolo dopo un viaggio a Roma, probabilmente in conseguenza della lettura degli epitaffi di Damaso, comprende vari componimenti in onore dei martiri dove sottolinea il dramma interiore vissuto da questi eroici cristiani.

I santi Pietro e Paolo
Vetro dorato – IV sec.
Museo Sacro – Biblioteca Apostolica Vaticana

La fantasia descritta da Prudenzio è pari al suo virtuosismo e ogni componimento sperimenta nuovi sistemi narrativi. Un carme, il XII del Peristephefanon, composto da strofe presenti solo in Orazio, mostra in forma di mimo, due pellegrini che si incontrano a Roma: mentre uno chiede i motivi di una festa tanto grande, l’altro risponde che è il giorno della celebrazione di Pietro e Paolo. Di questi due grandi martiri, Pietro e Paolo, l’uno vescovo di Roma e capo della Chiesa universale, l’altro evangelizzatore dei pagani e dell’Urbe stessa, Prudenzio accoglie la data del loro martirio, avvenuta il 29 giugno, ma ad un anno di distanza: Pietro fu martirizzato per primo e crocifisso a testa in giù, mentre l’anno dopo, alla stessa data, Paolo fu decapitato. In quest’inno l’autore esprime tutta la sua devozione ai due grandi apostoli, descrivendo i luoghi e i rituali ritratti con pietas e arte, legati al loro martirio. Trovandosi a Roma il 29 giugno, Prudenzio chiede a chi gli stava accanto perché tanta <<gente, più del solito, si raduna per manifestare la sua gioia: «Dimmi: amico, che succede? Per tutta Roma si corre e si esulta» (1,1). Questo è lo scenario che si propone alla vista e all’immaginazione di questo pellegrino illustre, recatosi da Calagurris a Roma per le celebrazioni del dies natalis di Pietro e di Paolo.

Decollazione di San Paolo, Taddeo Zuccari – 1558–1559 chiesa di San Marcello al Corso, Roma

Ritornato in patria da Roma, dopo la visita ad limina Petri et Pauli, rievoca in versi la straordinaria esperienza descrivendo le liturgie, la processione dal Vaticano alla via Ostiense e, soprattutto, le due basiliche apostoliche che, nel loro imponente e suggestivo impatto memoriale, diventano tema dominante della sua ispirazione: «Per noi è di nuovo la festa del trionfo degli apostoli, il giorno glorificato dal sangue sparso da Pietro e da Paolo. Lo stesso giorno – giusto a un anno di distanza, però – li ha visti coronati di alloro per la loro morte magnifica>> (2-3). Secondo la tradizione a cui si rifà Prudenzio, Pietro fu martirizzato nel 67 e Paolo nel 68. La regione destra (il Vaticano) ha raccolto e custodisce Pietro in una splendida dimora dove biancheggia l’olivo e mormora un corso d’acqua: <<La palude del Tevere, bagnata dal fiume vicino, sa che il suo prato è stato consacrato da due vittorie: essa è stata infatti testimone della croce e del gladio, che hanno fatto scorrere due volte nella stessa erba una copiosa pioggia di sangue. La prima sentenza, pronunciata secondo le leggi di Nerone, si portò Pietro: in base agli ordini egli doveva pendere da un legno molto alto; ma egli aveva ritegno a emulare l’onore di morire in piedi, imitando la gloria di un maestro tanto grande (Cristo Gesù); così chiese con insistenza di essere appeso a testa in giù e con i piedi in alto, in modo che il suo cervello fosse rivolto nella parte bassa del palo. Fu conficcato dunque (così); le mani sotto le piante dei piedi verso la cima, più grande nell’anima quanto più umile nella posizione. Egli sapeva che di solito è dalla terra che si va prima in cielo, così al momento di rendere lo spirito volle avere lo sguardo rivolto a terra. Quando la liscia ruota dell’anno ebbe percorso l’orbita del cerchio e il sole sorgendo ebbe riportato lo stesso giorno, Nerone vomitò (evomit) il suo acceso furore nella gola di Paolo, ordinando di colpire il dottore dei pagani. Lui stesso aveva annunciato che la sua fine sarebbe arrivata presto: “E’ ora di presentarsi a Cristo: ho già cominciato a morire”, disse. E subito è portato via, affidato al boia e immolato con la spada. Il profeta non si era sbagliato: né sul giorno né sull’ora>> (4-14).

Sepulcrum Sancti Pauli Apostoli

È «il sacro Tevere» che «separa le ossa dei due, scorrendo fra i loro santi sepolcri, posti il primo (di Pietro) su una riva e il secondo (di Paolo) sull’altra» (15). Una metafora creativa e coinvolgente che riconosce nel sacro fiume un ruolo nel contempo distintivo e unitivo: all’alveo, che separa e distingue, fanno da contrappunto le acque che, bagnando le due sponde, riconducono a unità il sacrificio supremo della coppia apostolica. Qui Prudenzio inizia la bellissima rappresentazione della tomba di Pietro e del luogo circostante, un piccolo paradiso dall’aria agreste e incontaminata: <<La regione destra ha raccolto e custodisce Pietro in una splendida dimora, dove fiancheggia l’olivo e mormora un corso d’acqua- infatti la sorgente sgorgata dal ciglio di una roccia ha prodotto un fonte perenne, che rende fertile l’albero di cui si ricava l’olio; poi l’acqua corre fra i marmi preziosi e lungo il pendio che rende scivoloso, finché si riversa in un laghetto verdeggiante. Dentro, nei pressi della tomba, c’è un angolo dove l’acqua con una fragorosa cascata si getta in uno stagno gelido e profondo.  Sopra ci sono pitture multicolori che si rispecchiano nelle sue onde trasparenti; i muschi rinviano la luce (dall’acqua), e l’oro che vi si riflette assume una tinta verdastra; l’acqua azzurra trasmette il suo colore alla porpora sovrastante, sicché diresti che è il soffitto ad agitarsi tra i flutti. Il pastore stesso (Pietro) abbevera lì con l’onda ghiacciata della fresca sorgente le sue pecorelle, che vede assetate dell’acqua di Cristo>>  (16-22). <<Sul lato opposto, dove il fiume bagna i campi della riva sinistra, la via Ostiense conserva la tomba di Paolo. Regale è lo sfarzo del luogo: un valoroso principe, ha consacrato l’edificio e lo ha decorato tutto intorno senza badare a spese (fu Teodosio ad iniziare nel 386 il maestoso tempio, portato a termine dal figlio Onorio (384-423) sulla piccola chiesa che Costantino aveva fatto erigere)». Ha ricoperto le travi con sottili lamine (d’oro) perché all’interno tutta la luce fosse dorata, come quella del mattino quando sorge il sole. Sotto i soffitti dai biondi riflessi ha posto delle colonne di Palo (il marmo dell’isola di Paro, nell’arcipelago egeo delle Cicladi) e li ha ordinati su quattro file.

sepolcro di San Pietro in Vaticano – Roma

Poi sopra le volte delle arcate ha fatto correre dei mosaici di vetro, magnifici e vari: sembrano fiori che rallegrano i prati d’inverno. Ecco due ornamenti della fede (Pietro e Paolo), che il sommo Padre ha messo l’uno accanto all’altro, affidando alla città togata (Roma) il compito di venerarli. Guarda, il popolo di Romolo si riversa su due strade diverse (verso nord e oltre Tevere per raggiungere il sepolcro di Pietro, sud e lungo la via Ostiense per portarsi alla tomba di Paolo): lo stesso giorno si assiste al gran fermento di due feste. Quanto a noi, affrettiamoci a passo svelto verso entrambe, e intoniamo inni per l’una e per l’altra; andremo dall’altra parte del fiume, dove ci porta la via del ponte Adriano (ponte Sant’Angelo per andare verso il Vaticano); poi passeremo sulla riva sinistra (per raggiungere la via Ostiense verso il sepolcro di Paolo). Il pontefice, dopo aver vegliato tutta la notte, celebra prima i riti sacri oltre Tevere (San Pietro); poi viene qui e rinnova le preghiere (la Basilica Ostiense). Ma ti basti di avere imparato tutto questo a Roma. Quando tornerai in patria, ricordati di onorare nello stesso modo questo giorno doppiamente festivo>> (23-33).

Basilica di San Paolo Fuori le Mura – Roma

La poetica fusione degli aspetti della natura con le vicende umane e sovrumane – scrive Emanuele Rapisarda in Oikoumene del 1964 – dà un’immagine paradigmatica della sorte, immutabile nel tempo, della Chiesa di Cristo, mentre l’atmosfera del paradiso comunica la gioia e la gratitudine per la speranza dell’eterna letizia che le tombe degli apostoli suscitarono nel poeta. Prudenzio, che morì dopo il 405, fu definito <<il Virgilio e l’Orazio dei Cristiani>>, e questa definizione dette origine ad una convinzioni che vedeva nei cristiani degli innovatori nei contenuti, ma conservatori nella forma. La critica recente, in realtà, ha compreso che Prudenzio è un tipico rappresentante dell’età tardo antica, la quale, sia in ambito pagano che in ambito cristiano “reinventava” i classici”, proponendosi di emularli: Jaques Fontaine, nella sua Letteratura tardoantica del 2004, ribadisce la difficoltà di giudicare un’epoca  come quella tardo antica e paragona l’arte dell’età teodosiana a quella della Spagna barocca, e fa rilevare che nel XVII secolo, nel pieno del trionfo della Controriforma, lo spagnolo Prudenzio era il poeta più letto e amato.

Diac. Sebastiano Mangano

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