Cultura

Il tempo di Quaresima deve aiutarci a riflettere su due aspetti determinanti della vita cristiana: la misericordia e sulla beneficenza. Le pagine evangeliche sono sempre una grande catechesi che dovrebbe portarci ad aprire il cuore di fronte al dono di Dio. Sarà Gregorio di Nissa, nell’Omelia prima per l’amore per i poveri, sulla misericordia e sulla beneficenza a verso il nostro prossimo.

Gregorio di Nissa, nato intorno al 335 a Cesarea di Cappadocia, fratello minore di Basilio il Grande, era un uomo di carattere meditativo, con grandi capacità di riflessione e di vivace intelligenza, aperta alla cultura del suo tempo. Si è rivelato, così, un pensatore originale e profondo nella storia del cristianesimo. La sua formazione cristiana fu curata particolarmente dal fratello Basilio – da lui definito «padre e maestro» (Ep. 13,4) – e dalla sorella Macrina.  Compì gli studi, apprezzando particolarmente la filosofia e la retorica. In un primo tempo si dedicò all’insegnamento e si sposò con la virtuosa Teosebia.  Poi anch’egli, come il fratello e la sorella, si dedicò interamente alla vita ascetica. Più tardi, nel 372, su proposta di Basilio, metropolita di Cesarea, Gregorio venne eletto vescovo della piccola città di Nissa. Gregorio si dimostrò pastore zelante, così da attirarsi la stima della comunità. Accusato di malversazioni economiche dagli avversari eretici presso il governatore del Ponto, Demostene, dovette per breve tempo abbandonare la sua sede episcopale, ma poi, alla morte dell’imperatore Valente, nel 378 vi rientrò trionfalmente (cfr. Ep. 6) e continuò ad impegnarsi nella lotta contro gli ariani per difendere la vera fede. Soprattutto dopo la morte di Basilio (+379), quasi raccogliendone l’eredità spirituale, cooperò al trionfo dell’ortodossia. Partecipò a vari sinodi; cercò di dirimere i contrasti tra le Chiese; prese parte attiva alla riorganizzazione ecclesiastica e, come «colonna dell’ortodossia», fu un protagonista del Concilio di Costantinopoli del 381, che definì la divinità dello Spirito Santo. Ebbe vari incarichi ufficiali da parte dell’imperatore Teodosio, pronunciò importanti omelie e discorsi funebri, soprattutto per la morte della figlia di Teodosio Pulcheria Teodosia (379-385) e della madre di lei, l’imperatrice Elia Flavia Flaccilla (+386), e si dedicò a comporre diverse opere teologiche. Nel 394 partecipò ancora a un sinodo tenutosi a Costantinopoli. Non è conosciuta la data della sua morte.

Gregorio esprime con chiarezza la finalità dei suoi studi, lo scopo supremo a cui mira nel suo lavoro di teologo: non impiegare la vita in cose vane, ma trovare la luce che consenta di discernere ciò che è veramente utile (cfr. Om. sull’Ecclesiaste, 1). Egli, nell’Omelia prima per l’amore per i poveri, riguardo la misericordia e la beneficenza, scrive: <<Per quanto ogni parola della Scrittura ci educhi a divenire simili al nostro Signore e Creatore, nella misura in cui è possibile a un essere mortale imitare Dio sommamente beato, noi tuttavia facciamo sempre tornare ogni cosa a nostro personale vantaggio e quello che non tratteniamo per le necessità della nostra vita lo riponiamo in serbo per i nostri eredi… non si fa nessun conto degli sventurati, non ci si dà minimamente pensiero, con un briciolo d’amore, dei poveri. Gente incapace di misericordia! Se qualcuno vede un altro privo di pane, che manca perfino della razione di cibo indispensabile alla vita, non corre subito in suo aiuto con generosità, non gli tende la salvezza, ma lo sta a guardare da lontano, come si guarda un albero dai rami fiorenti, che avvizzisce miseramente per mancanza di acqua. E tutto questo avviene quando egli personalmente possiede dei beni materiali sovrabbondanti e quando sarebbe in grado di far rifluire, a vantaggio di molti, il soccorso delle sue ricchezze. Il flusso di una sorgente irriga molte distese campestri che le si aprono attorno: allo stesso modo, l’agiatezza economica di una casa potrebbe essere sufficiente per salvare folle di poveri: a patto però che non si sia preoccupati soltanto di sé o si rifiuti di mettere in comune i propri beni, come pietre che, cadute nello sbocco di una sorgente, ne ostruiscono il fluire delle acque. Non viviamo soltanto secondo la carne: viviamo un po’ anche per Dio… La misericordia e la beneficenza sono opere gradite a Dio. Quando tali virtù abitano in un uomo, lo divinizzano; imprimono in lui la somiglianza perfetta del bene, perché sia immagine dell’Essenza prima, santa e superiore a ogni intelligenza … Perciò voi tutti, che siete stati creati esseri ragionevoli e possedete l’intelligenza, maestra e interprete delle realtà divine, non lasciatevi sedurre dalle realtà effimere. Cercate di acquistarvi ciò che non delude mai chi ne entra in possesso. Segnatevi dei limiti nell’uso dei beni della vita. Non tutto è vostro: fatene parte con i poveri, i prediletti di Dio. Tutto è di Dio, il nostro Padre comune. E noi siamo fratelli, perché abbiamo la stessa origine. Per dei fratelli, la cosa migliore e più equa è avere in sorte la loro eredità secondo parti uguali. Ma se, in una suddivisione ingiusta, uno o due usurpano la porzione migliore, gli altri, almeno, ne ricevano una parte. Se qualcuno poi volesse assolutamente essere padrone di tutto, escludendo i fratelli anche dalla terza o quinta parte, questi sarebbe un crudele tiranno, un barbaro intrattabile, una bestia insaziabile … Serviti perciò dei beni materiali, ma non abusarne>> (Omelia prima sull’amore per i poveri: PG 46,464-465).

L’insegnamento di Gregorio di Nissa rimane sempre valido: il santo vescovo ci invita non solo a parlare di Dio, ma a portare Dio nei nostri cuori e a testimoniarlo con l’impegno della preghiera e vivendo nello spirito dell’amore e della misericordia verso tutti i nostri fratelli.

Diac. Sebastiano Mangano

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