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Un testo ed uno spettacolo estremamente penetrante, attuale, che riesce a far pensare al dramma di una madre che vede morire la figlia, al suo dolore, ai suoi ricordi ed all’impossibilità a rassegnarsi alla sua assenza. Con una scenografia essenziale (una stanza con un letto, un mazzo di fiori, un mobiletto con uno specchio, un vecchio bambolotto), due appassionate interpreti, un calzante tappeto sonoro che accompagna i momenti salienti della storia ed una regia scorrevole e di assoluto rigore, Antonella Caldarella, attrice, autrice e regista catanese, ha proposto alla Sala Roots di Catania, in via Giuseppe Borrello 73, a chiusura della rassegna “Underground rivers” – Flussi teatrali nel sottosuolo cittadino, organizzata da Teatro Argentum Potabile, la novità assoluta “Madri di guerra”. La regia è della stessa Antonella Caldarella, la scena è di Emanuele Salamanca, le musiche di Andrea Cable ed i costumi di Noa Prealoni, protagoniste Daniela Fisichella e Valeria La Bua.

Le due interpreti in scena (Ph. Dino Stornello)

L’autrice e regista Antonella Caldarella costruisce il testo ispirandosi alla vicenda dolorosa della morte, nel 2001, della giovane giornalista Maria Grazia Cutuli, inviata del “Corriere della Sera” a Kabul, intrecciando a questo fatto estremamente grave, il forte ed inseparabile rapporto tra madre e figlia che resiste oltre il tempo, la morte, il ricordo, i rimpianti, il dramma della assenza e ricordando proprio quelle madri di guerra che lottano ogni giorno contro le ingiustizie, i massacri inutili, le sofferenze, le separazioni in tutte le guerre del mondo.

La vicenda si svolge in un ambiente quasi asettico, surreale, che è la stanza della figlia, dove due donne parlano, ma in realtà la madre, vestita di nero, parla da sola, evoca la figlia  in quanto non può accettare la sua scomparsa, la sua assenza. Vengono fuori così dialoghi e monologhi che si alternano a brevi silenzi ed in cui si sottolinea l’amore, il rapporto speciale che lega proprio una madre con la figlia e che niente può spezzare, nemmeno la morte così improvvisa e dolorosa. Raccontando dettagli, riflettendo, lasciandosi andare a ricordi di gioventù, disperandosi o sorridendo, le due donne provano a interrogarsi su cosa è necessario fare per andare avanti. Si interrogano sul perchè accadono determinate cose, se è giusto morire così giovani per raccontare la verità e come può una madre accettare che la propria figlia muoia, inseguendo solamente la sua vita, i suoi sogni, scoprendo il mondo e le tragedie di tante madri di guerra.

Valeria La Bua e Daniela Fisichella (Ph. Cristina Iacona)

In scena, nel difficile e sofferto ruolo della madre, si cimenta – con pathos e disinvoltura – Daniela Fisichella che con la sua forte presenza scenica, con i suoi diversi stati d’animo, comunica al pubblico tutto l’amore, tutta la rabbia ed il dolore di una mamma, di un genitore, che non può rassegnarsi alla morte, alla mancanza della figlia pur riconoscendo che lei doveva, come tanti altri giovani e figli, seguire la propria strada, quella che sognava già da piccola, difendendo le proprie idee e la propria indipendenza. Nei panni della giovane figlia – con tanto di abito bianco – troviamo invece, Valeria La Bua che, con padronanza e passione, racconta il percorso di una ragazza con le idee chiare e che, durante il suo lavoro, quello che amava tanto, ha trovato la morte sopravvivendo, rimanendo per sempre, però, nel cuore della madre.

Le  interpreti di “Madri di guerra” (Ph. Cristina Iacona)

Lo spettacolo, estremante concentrato e di notevole impatto, in circa 60 minuti, regala una serata di riflessioni e di emozioni, sottolineando un rapporto davvero forte, intaccabile ed eterno: quello tra madri e figli che oltrepassa ogni tempo, ogni dolore ed annulla anche la morte. La pièce,  inoltre, che si avvale delle azzeccate musiche di Andrea Cable, della scena di Emanuela Salamanca e dei costumi di Noa Prealoni, fa riflettere anche sui nostri giorni forse troppo vuoti di veri sentimenti, di purezza e determinazione, di libertà e giustizia, mentre in qualche parte del mondo giovani autentici e generosi o madri di guerra muoiono o vedono morire i loro cari, i loro figli, per difendere i veri ideali di indipendenza, di solidarietà e di sopravvivenza. Pièce e testo, quindi, di grande intensità quello scritto e diretto, con mano felice, da Antonella Caldarella abile a tirar fuori il meglio dalla sua squadra e dalle due interpteti. Ed il pubblico, alla fine, ha capito, ha apprezzato ed ha applaudito a lungo lo spettacolo.

“Il testo – spiega alla fine l’autrice Antonella Caldarella – è nato tanti anni fa, aspettavo mio figlio quando rimasi molto colpita dalla morte della giovane Maria Grazia Cutuli, la giornalista italiana assassinata in Afghanistan nel 2001. Non facevo che pensare alla sua storia ed a sua madre, così decisi di scrivere un testo che parlasse di due donne e della guerra. Mi sono documentata su internet, su chi fosse Maria Grazia, ma su sua madre invece non avevo dubbi, sapevo chi era Agata. Maria Grazia Cutuli è morta per qualcosa in cui credeva e raccontare serve a far nascere il desiderio di vivere per credere e avere speranza”.

Antonella Caldarella

“Non è la storia di una giovane donna morta per la verità – continua l’autrice –, ma mi ha dato l’ispirazione per raccontare di una madre e di una figlia e del rapporto che li lega. Un legame forte, speciale, indissolubile che inizia prima della vita e continua dopo la morte, ma si parla anche dei conflitti che viviamo ogni giorno nel nostro quotidiano, nella nostra casa, nei nostri rapporti, nella nostra terra che ci costringe ad emigrare, si parla delle donne e del loro ruolo di madri, difficile e affascinante, ma anche del ruolo di figli, audaci e liberi. E’ uno spettacolo intimo e profondo, è un teatro necessario, poiché in questo momento di alterazione della realtà, dove non si comprende più cosa è vero e cosa è virtuale, è necessario far conoscere storie di eroi veri che combattono guerre vere, , perché credono veramente in qualcosa”.

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