Cultura

San Cristoforo Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino o il Prete genovese (Genova, 1581 – Venezia, 2 agosto 1644)

Le notizie sulla vita e il martirio di san Cristoforo sono incerte. Secondo il testo più antico degli Atti latini dell’VIII sec. Cristoforo, che prima del battesimo si chiamava Reprobo, era oriundo cananeo. Egli, sotto il governo di un certo re Dagno, si recò a Samon in Licia dove convertì molte persone al cristianesimo. Quando venne scoperto che era cristiano, ed essendosi rifiutato di offrire sacrifici agli dèi, fu incarcerato. Durante la detenzione convertì due donne, Niceta e Aquilina, che erano state mandate per indurlo al peccato e all’apostasia. Queste due donne, appena uscite dal carcere vennero condannate al martirio perché avevano profanato i simulacri degli dèi. Cristoforo, condotto davanti al re venne torturato con le frecce lanciate dai soldati, rimanendo però miracolosamente illeso, anzi una freccia andò fuori il bersaglio e accecò il re. Cristoforo allora predisse al re che sarebbe guarito se dopo la sua morte, ormai imminente, avesse toccato l’occhio ferito con il suo sangue. La cosa si avverò, Dagno si convertì e promulgò un editto a favore dei cristiani. Questo racconto, che certamente potrebbe essere favola agiografica, ha spinto qualche critico a dubitare dell’esistenza del martire. Questo dubbio però è sfatato dalle testimonianze del culto di san Cristoforo che si trovano già nel V sec. In una iscrizione del 452, scoperta ad Haidar-Pacha, a Nicomedia, si parla di una basilica dedicata a san Cristoforo in Bitinia. In un’altra testimonianza del 536 è attestato che tra i firmatari del II concilio di Costantinopoli ci fu un certo Fotino di un monastero S. Cristoforo non meglio identificato. S. Gregorio Magno (+604), infine, parla di un monastero eretto in onore di questo martire a Taormina in Sicilia[1].

Nel medioevo la venerazione di san Cristoforo era molto diffusa: in suo onore sorsero chiese e monasteri con congregazioni religiose che avevano la missione di aiutare i pellegrini, specialmente quelli che dovevano attraversare le Alpi. La fantasia popolare ha lavorato molto nel creare leggende sulla personalità di san Cristoforo. Secondo i sinassari dell’Oriente, Cristoforo era un guerriero barbaro pieno di vigoria e di forza, mentre in Occidente le leggende hanno avuto inizio dall’etimologia del nome e dall’iconografia del martire. Cristoforo, che era un gigante al servizio del re, un giorno scoprì che il diavolo era più forte del suo sovrano, allora lasciò questo per servire quello, ma ben presto si accorse che Gesù Cristo era più forte del demonio, quindi decise di mettersi al suo servizio. Cristoforo, che ebbe la ventura di incontrare un eremita che lo iniziò alla vita cristiana, non fu attratto né dal digiuno, che era incapace di praticare, né dalla preghiera, che era una esperienza a lui sconosciuta, ma dalla prospettiva dell’amore e del servizio per il prossimo. Per essere accetto al suo nuovo Signore, fissa la sua dimora presso le rive di un fiume e aiuta i passeggeri nella traversata. Una notte venne svegliato da un bambino che voleva passare il fiume, Cristoforo allora lo prese sulle spalle ed entrò nell’acqua ma, man mano che avanzava nel fiume, il peso del bambino aumentava sempre di più e a stento poté raggiungere la riva. Meravigliato di ciò allora domandò al bambino come mai pesasse tanto e questi gli rispose che era Gesù Cristo, il creatore del mondo. In seguito questa leggenda, evidentemente costruita sull’etimologia del nome Christophorus, cioè colui che porta Cristo, è registrata per la prima volta dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze (+1293), che la mutuò dall’iconografia del martire come espressione concreta di quella interpretazione. Sulle facciate delle chiese medievali si usava mettere l’immagine di san Cristoforo poiché si credeva che chi l’avesse guardata sarebbe stato in quel giorno preservato dalla morte improvvisa e da ogni altro male; a ciò l’uso di rendere l’immagine molto visibile e quindi di proporzioni gigantesche. Cristoforo, che in seguito abbandonò il suo posto sulla riva del fiume e si recò in Licia, secondo il Martirologio Geronimiano venne martirizzato il 25 luglio 250, durante la persecuzione di Decio, con la decapitazione nella città di Samon. La Chiesa Ordinariato Militare in Italia ne celebra la memoria il 27 luglio.

Breve pontificio del 4 novembre 1954 che proclama San Cristoforo martire Celeste Patrono del Servizio Tecnico della Motorizzazione e del Servizio Automobilistico dell’Esercito Italiano

 

PIO XII

A perpetua memoria

 

Quanto maggiori ed imprevisti sono i pericoli della vita, tanto più intensamente l’animo dei fedeli invoca il supremo aiuto, “essendo Dio la nostra provvidenza”, come dice l’Apostolo S. Paolo.
Non fa quindi meraviglia se gli automobilisti del nostro tempo, pur provveduti di utilissimi automezzi, si affidano alla divina protezione per mezzo di quei Santi, la cui vita sembri aver qualche attinenza con l’arte automobilistica. Fra questi è da annoverare San Cristoforo il quale, catecumeno prima e poi martire di Cristo, uomo di corporatura quasi gigantesca, mosso da amore di Dio e degli uomini, era solito trasportare al di là di un impetuoso fiume della Licia, senza compenso e non senza proprio pericolo, i viandanti ed i pellegrini, finché, secondo un’antica tradizione, in una tempestosa notte, avrebbe avuto da Dio il singolare privilegio di portare sulle proprie spalle al di là del fiume lo stesso Gesù Cristo (apparsogli) in forma di bambino. Perché non si perdesse il ricordo di un così strepitoso evento, gli fu dato, quando fu battezzato, il nome di “Cristoforo” (cioè portatore di Cristo) e poi, subìto il martirio, venne con questo nome assai venerato attraverso i secoli in Oriente e poi in Europa. Anche l’azione del loro e nell’antichissima Basilica romana di S. Clemente esiste, testimonio di così viva devozione verso di lui, un grande e pregevole affresco rappresentante San Cristoforo. E gli autieri militari italiani, fin dalla fondazione del Corpo, si rivolsero a San Cristoforo con grande fiducia e diedero evidenti prove di devozione verso di lui.

Quelli che prestarono servizio a Bologna si recavano ogni anno nel piccolo paese di Monte Maggiore, per venerare l’immagine di San Cristoforo, dipinta nella Chiesa parrocchiale ivi esistente ed a lui dedicata. Anche nelle lontane regioni dell’Africa, in Somalia, i militari italiani appartenenti allo stesso Corpo costituirono, nel 1936, una bella Chiesa in onore di San Cristoforo. Per tutte queste ragioni e affinché tanto ardore di pietà verso quel Santo non venga meno, ma anzi aumenti, il Venerabile Fratello Enrico (Arrigo) Pintonello, Arcivescovo titolare di Teodosiopoli, in Arcadia, Ordinario Militare per l’Italia, benignamente accogliendo gli ardenti voti del Generale Ispettore della Motorizzazione, degli Ufficiali superiori, dei Capitani, dei Tenenti, dei Marescialli e dei militari, addetti tutti al Servizio Automobilistico, supplicò Noi che ci degnassimo di confermare e solennemente dichiarare Celeste Patrono dei predetti militari San Cristoforo. E Noi, perché la pietà verso Dio o i suoi Santi possa incitare sempre più anche i soldati a ideali più alti e perché (essa) valga ad allontanare da loro le disgrazie ed i pericoli della strada, ritenemmo giusto accogliere le suddette suppliche. Sentito, quindi, il parere della Sacra Congregazione dei Riti, in forza delle presenti Lettere e in modo perpetuo (mossi) da certa conoscenza e da matura Nostra deliberazione e dalla pienezza della Nostra Apostolica podestà, confermiamo e stabiliamo San Cristoforo Martire, Celeste Patrono presso Dio della Divisione Servizio Automobilistico dell’Esercito Italiano, annettendovi tutti e singoli gli onori ed i privilegi spettanti di rito ai principali Patroni di Ceti e Categorie. Non ostando alcuna delle disposizioni contrarie. Questo Noi promulghiamo e stabiliamo, decretando che le presenti Lettere siano e rimangano sempre stabili, valide ed efficaci; che acquistino ed ottengano i loro effetti pieni ed integri; valgano pienissimamente, ora e in futuro, per coloro ai quali sono rivolte e potranno essere rivolte; che così si debba secondo le regole giudicare e definire; che da oggi sarà inutile e vano, se accadesse che fosse tentata qualche decisione in contrario circa queste Nostre (decisioni), da chiunque, con qualsiasi autorità, coscientemente o ignorantemente.

Dato da Castel Gandolfo, sotto l’anello del Pescatore, il giorno IV del mese di novembre dell’anno MCMLIV, decimo sesto del Pontificato Nostro .

Per speciale disposizione di Sua Santità in vece del Signor Cardinale Segretario di Stato

 Gildo Brugnola

Cancelliere dei Brevi Apostolici

 

Pio XII, affidando gli Autieri alla protezione di san Cristoforo, li ha volutamente accostare ai pellegrini della strada e agli antichi cristiani che chiedevano al Santo forza, difesa e sicurezza.

PREGHIERA DELL’AUTIERE

Dio onnipotente ed eterno, Signore dello spazio e della vita, ascolta la preghiera devota e fiduciosa degli Autieri d’Italia. Proteggi e benedici il servizio che rendiamo ai fratelli e donaci la capacità di usare i nostri mezzi anche per soccorrere e salvare i bisognosi.

Infondi in noi, o Signore, l’amore per la Patria e la Libertà.

Per intercessione di San Cristoforo, nostro celeste Patrono, sostienici nell’adempimento del Dovere per essere d’esempio a tutti i cittadini.

Il sacrificio degli Autieri Caduti per la Patria guidi il nostro operare verso il tuo regno di giustizia e di pace. Amen.

(Con l’approvazione ecclesiastica dell’Ordinario Militare Mons. Giuseppe Mani – Roma, 8 marzo 1997)

Diac. Sebastiano Mangano


[1] Gregorio Magno, Ep. IX,76: Il pontefice ordina a Secondino, vescovo di Taormina, di non permettere che il monastero di san Cristoforo subisca noie per la metà dei beni legati rispettivamente da Dolcino alla Chiesa di Locri e al medesimo monastero. 598 – novembre-dicembre.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post