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Il Miraggio dell’Investimento con Cedola

Daniele Cottino, sul web conosciuto come Giacomo Saver

E’ opinione diffusa, tra gli investitori, che sia possibile costruire un portafoglio in grado di generare un reddito periodico in assenza di rischio. Secondo questa credenza un “giardinetto” di obbligazioni opportunamente diversificate sarebbe in grado di offrire un reddito automatico che, mese dopo mese, trimestre dopo trimestre, si deposita sul conto corrente.

Il ribasso dei tassi di interesse ha spinto gli investitori in cerca di frutti periodici elevati, verso le obbligazioni ad alto rendimento. Il risultato? Portafogli che “nel nome della cedola” hanno reso troppo poco in relazione ai rischi corsi.

Da Dove Arrivano le Cedole?

Fino alla fine dello scorso millennio, le cedole erano rettangoli di carta pre-forati che venivano annessi al certificato rappresentativo di un titolo.

Le cedole attaccate ad un’obbligazione rappresentavano gli interessi posticipati che il titolo pagava. Le cedole annesse ad un titolo azionario rappresentavano il diritto ad incassare il dividendo, ossia una quota parte dell’utile realizzato dalla società in un certo anno.

Sebbene oggi le cedole cartacee non esistano più, né sia necessario presentare in banca il talloncino per incassarne l’importo, l’idea secondo cui la cedola rappresenta un “guadagno che arriva senza sforzi” alletta molti risparmiatori.

La ragione per cui l’investitore è affezionato alle somme che arrivano sul conto corrente è la stessa che spinge gli italiani all’investimento immobiliare. Anche se spesso non ne abbiamo bisogno, il sapere che sul conto sono arrivati dei soldi ci rassicura in merito al fatto che quelle somme non saranno più toccate né esposte al benché minimo rischio.

L’Identikit del Cacciatore di Cedole

Sulla base della mia esperienza è possibile tracciare un profilo dell’investitore che pone la remunerazione periodica dei suoi investimenti al primo posto tra i suoi obiettivi di investimento. Di solito il “Cacciatore di Cedole” è un uomo sulla cinquantina, libero professionista o imprenditore con poco tempo a disposizione per seguire il proprio portafoglio finanziario.

Questi cerca di separare il capitale (che deve restare “al sicuro”) dalla remunerazione offerta. In questo caso l’investitore mira ad ottenere un frutto periodico dal suo denaro senza, per questo, dover seguire personalmente l’andamento dei mercati finanziari.

Per questa ragione il Cacciatore di Cedole predilige le obbligazioni. Nel suo inconscio sa bene che alla scadenza il titolo rimborserà il capitale, a meno che l’emittente non dichiari bancarotta. Per tutto il periodo che va dall’acquisto del titolo alla sua naturale scadenza l’investitore sa di poter dormire sonni tranquilli. Sarà la banca ad occuparsi dell’incasso dei proventi, e a lui non resta che vederli arrivare sul conto corrente.

Il problema sta nel fatto che l’investitore descritto è ancora abituato alle ricche cedole pagate negli anni scorsi da molti bond pubblici e privati e non si adatta al nuovo scenario economico di rendimenti bassi.

Confondendo la cedola con il guadagno effettivo del titolo e ricercando costantemente obbligazioni in grado di offrire rendimenti elevati, il “Cacciatore di Cedole” presto o tardi finisce con il comprare obbligazioni dei Paesi Emergenti.

Queste ultime sono davvero in grado di offrire cedole e guadagni elevati, ma poiché molti di essi sono denominati in una valuta diversa dall’Euro, comportano l’assunzione del rischio di cambio.

Qualora le valute in cui i titoli sono espressi dovessero perdere nei confronti della divisa unica, il guadagno netto dell’operazione diventerebbe negativo.

Inoltre un titolo in valuta estera paga cedole costanti espresse nella divisa di denominazione, ma gli importi diventano variabili nel momento in cui li si converte in Euro sulla base del tasso di cambio corrente.

Poiché le divise dei paesi emergenti sono molto instabili, tale volatilità si somma con quella delle quotazioni dei bond sottostanti creando situazioni di sottoperformance evidente rispetto ad un investimento fatto in titoli domestici.

Il grafico confronta, negli ultimi 3 anni, l’andamento di un investimento in un paniere di BTP, i classici Buoni del Tesoro Poliennali a tasso fisso, con un portafoglio composto da obbligazioni dei paesi Emergenti, in valuta locale.

Si è preferito confrontare indici ampi per evitare l’ulteriore volatilità legata alle singole emissioni ed alle divise di denominazione. La linea blu rappresenta l’indice BTP di Bankitalia; la linea azzurra un fondo passivo (ETF) che investe in un paniere di bond emergenti in valuta locale.

E’ immediato constatare come, ad eccezione di un breve periodi di tempo nel 2017 ed evidenziato dal riquadro rosso, l’investimento in BTP abbia dato risultati complessivamente migliori di un portafoglio di bond ad alta cedola.

La situazione cambia se confrontiamo l’andamento di un paniere di BTP (linea azzurra) con un portafoglio di obbligazioni emergenti per le quali è stato annullato il rischio di cambio (linea blu).

Grazie ad apposite e sofisticate tecniche di copertura (hedging) è possibile bloccare il tasso di cambio trasformando un investimento in valuta estera in uno nella moneta domestica. Fortunatamente non deve essere l’investitore ad occuparsi di ciò: è sufficiente scegliere strumenti finanziari che coprano il rischio cambio così da evitare che l’andamento avverso delle valute possa diminuire la redditività dell’investimento.

Una Realtà Sconvolgente

La finanza comportamentale mette in evidenza come molte delle scelte di investimento che compiamo ogni giorno siano legati da false credenze (euristiche). Una di queste convinzioni risiede nel fatto che le azioni sono più rischiose delle obbligazioni e che per ottenere delle cedole elevate l’investimento in un paniere di titoli ad alto rendimento sia l’unica via percorribile.

Chi nutre questa convinzione farà bene, quanto meno, ad investire in portafogli diversificati di bond ad alto rendimento che coprano sistematicamente il rischio di cambio. E’ possibile usare fondi obbligazionari a basso costo, o un ETF come l’Ishares Jpmor $ Em Bond Eu Hed (IE00B9M6RS56).

Tuttavia dimostreremo come un portafoglio bilanciato di azioni/obbligazioni sia ugualmente idoneo a produrre frutti periodici, anche se di importo sconosciuto a priori e variabile nel tempo.

Il grafico che segue confronta l’andamento di un investimento fatto in obbligazioni emergenti con quello di un portafoglio composto per la m età da azioni globali e per la metà da obbligazioni in euro. Alla fine dell’articolo darò le caratteristiche di tutti gli investimenti esaminati nel testo.

Negli ultimi 5 anni un portafoglio bilanciato 50-50 ha reso 10 volte di più di un portafoglio composto da soli bond emergenti in valuta locale e per lo più con una rischiosità minore.

Sebbene non sia possibile conoscere il futuro e non vi siano garanzie in merito al fatto che il portafoglio bilanciato sia in grado di performare sempre meglio di quello obbligazionario, è vivamente consigliato comporre un investimento bilanciato piuttosto che orientarsi verso le obbligazioni ad alta cedola.

La ragione per cui un portafoglio bilanciato è meno rischioso di un investimento in bond risiede nella presenza di scarsa correlazione tra azioni ed obbligazioni. Il fatto che questi due strumenti finanziari non si muovano nella stessa direzione ottimizza l’andamento del portafoglio complessivo.

Per citare Bernstein, autore del libro “I Quattro pilastri dell’Investitore”, una torta ha un sapore diverso dal lievito, farina, uova e zucchero che la compongono.

Allo stesso modo un portafoglio, se ben costruito ed ottimizzato, si comporterà in modo differente rispetto ai singoli componenti di cui è fatto.

Quando Vincono i Bond

Chi crede che un portafoglio bilanciato non sia in grado di generare un reddito spendibile sbaglia. E’ sufficiente valutare l’incremento del valore del patrimonio, anno dopo anno, e liquidare una parte degli investimenti corrispondenti a tale incremento per monetizzare i guadagni.

Se un certo anno non abbiamo bisogno di denaro potremmo semplicemente evitare di smobilizzare la quota del capitale corrispondente all’incremento di valore dello stesso. In tale modo i guadagni produrranno altri utili grazie al reinvestimento automatico dei proventi.

Ovviamente non tutti gli anni saranno positivi, né gli importi “prelevabili” saranno costanti nel tempo. Ad anni favorevoli seguiranno periodo negativi, durante i quali sarà necessario attendere. Il disinvestimento “a richiesta” presenta l’indubbio vantaggio di essere fiscalmente efficace.

Poiché le cedole delle obbligazioni sono tassate nel momento stesso in cui vengono accreditate sul conto, se disinvestiamo solo ciò che ci serve eviteremo di pagare delle imposte non dovute su un denaro che, dopo essere finito sul conto, sarà reinvestito nuovamente.

L’unico caso in cui ha senso sacrificare il rendimento in nome del reddito periodico si verifica quando l’investitore ha effettivamente bisogno di un incasso periodico che sa già di dover spendere. In questo caso, poiché la monetizzazione attraverso la vendita implica il pagamento di una commissione bancaria di cui l’incasso della cedola è esente, è opportuno costruire un portafoglio di bond ad alto rendimento.

Poiché la maggior parte dei “Cacciatori di Cedole” finiscono con il reinvestire i proventi, tanto vale fare in modo che ciò avvenga automaticamente, senza la necessità di incassare un provento tassato e reinvestire il netto. Il semplice differimento nel tempo della tassazione farà sì che il rendimento finale migliorerà sensibilmente, grazie al fatto che anno dopo anno si capitalizza il guadagno lordo.

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Giacomo Saver – Ceo di Segretibancari.com

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